Riscoprire Pier Paolo Pasolini nel centenario della nascita


“Pier Paolo Pasolini: che ne pensi?”

Mattina. Con la faccia mezza addormentata, sto sorseggiando un caffè. Il mio accompagnatore (l’amico libraio, sempre lui) invece è sveglio, sveglissimo.

“Che ne penso? Perché dovrei pensarne qualcosa?”

“Sveglia! Quest’anno è il centenario della nascita. Avrò un settore interamente dedicato a lui in libreria. Vieni a vederlo!”

Com’è finita? Come sempre. Continuando a mugugnare, sono andata a vedere il settore dedicato. Chissà perché tutti fanno di me quello che vogliono.

Pier Paolo Pasolini: un artista politropo

Per evitare brutte figure con l’amico libraio, prima di andare in libreria mi sono informata sull’autore. Su Wikipedia, ovviamente. Sapevo già qualcosina, di quello che si può studiare sui libri. No, non è vero: di quello che si può leggere distrattamente sui libri, perché a scuola, Pasolini, mica si fa. Non per cattiveria: non ci si arriva proprio.

Ritratto di Pier Paolo Pasolini

Pier Paolo Pasolini (Pubblico dominio)

Ecco le mie conoscenze pregresse. Regista (vero, avevo visto la sua Medea qualche anno fa). Poeta, anche dialettale. Scrittore. Omosessuale. Processato per molestie su minori. Morto assassinato. Ah, comunista.

Un po’ superficiale, vero?

In realtà, Pier Paolo Pasolini è un personaggio così controverso che non può essere liquidato in poche parole. Né può essere definito. Come Ulisse, è politropo.

Chi è stato Pasolini? Un romanziere? Un narratore? O un regista? In realtà ha scritto anche delle canzoni e magari le ha pure cantate. Ma è stato anche un giornalista, un giornalista scomodo talvolta. Comunista, ma fervente oppositore degli eventi di Valle Giulia. Attento agli ultimi ma processato per corruzione di minori. Idealista ma accusato di atti osceni in luogo pubblico. Morto accoltellato ma con funerali presenziati, tra gli altri, dal Pci.

Per certi aspetti fedele a se stesso, anche se esserlo ha significato, talvolta, perdere la propria credibilità.

Eppure, intorno a lui ruotano figure di spicco. Figure legate da amicizia profonda, rispetto sincero, al di là delle idee di ciascuno. Nomi come quelli dei coniugi Alberto Moravia e Elsa Morante, di Maria Callas, di Aldo Moro. Di Giuseppe Ungaretti, del quale riporto una breve intervista, ma significativa nel contenuto.

Come presentarvi quindi Pier Paolo Pasolini? Vorrei sottolineare lo sguardo che rivolge agli ultimi tramite uno dei suoi romanzi: Ragazzi di vita.

Ragazzi di vita: gli ultimi delle borgate romane

Gli ultimi di Pier Paolo Pasolini sono dei ragazzi, tendenzialmente minorenni. Abitano a Roma, in periferia, in case piccole e maleodoranti. Le loro famiglie sono disgraziate, termine che uso senza giudizio. Sono famiglie devastate dalla guerra, trasferitesi in città dalla campagna per motivi lavorativi, che vivono in una sorta di Rivoluzione industriale alla Charles Dickens.

L’Italia vive il boom economico e i ragazzi ne sono letteralmente travolti: in quanto ingranaggi della macchina del consumismo ma anche in quanto principali destinatari.

Vivono molte forme di violenza: la violenza reale, a cui assistono in casa e fuori casa, unico linguaggio con il quale si relazionano con gli altri. La violenza economica, che porta a un disperato bisogno di denaro ma soprattutto di beni di consumo che si traduce in furti, violenze, talvolta omicidi. Violenza morale: i ragazzi nascono come tutti i ragazzi ma la società li plasma e fa violenza sulla loro moralità.

Veduta della borgata romana di Tiburtino III (circa 1940)

Veduta della borgata romana di Tiburtino III intorno al 1940 (Pubblico dominio)

Nelle borgate o vinci o sei vinto: non ci sono vie di mezzo. E non vince quasi mai il migliore ma il più forte.

Ecco perché è importante conoscere il pensiero di Pasolini: perché denuncia una società ben precisa, quella del boom economico, che illude con le sue luci gli ultimi ma che abbandona e giudica alla prima occasione.

I nomi dei protagonisti: non nomi ma soprannomi

Prima di approfondire alcuni aspetti del libro, vorrei porre la vostra attenzione sui nomi dei personaggi. I personaggi (tranne rare eccezioni) non hanno un nome proprio ma per tutto il romanzo si chiamano e vengono chiamati con il loro soprannome.

Mi spiego meglio: il soprannome è un titolo che gli altri ci danno. Sulla base di una nostra caratteristica, noi riceviamo un nomignolo (un epiteto) che ci identifica. Oggi, in alcune regioni d’Italia questa caratteristica sta venendo meno ma ci sono molte altre zone in cui sopravvive. Il soprannome identifica qualcosa di noi.

Il soprannome, quindi, rappresenta ciò che la società vede di noi, come ci etichetta. Quasi tutti i ragazzi del romanzo hanno un soprannome perché per loro è fondamentale il riconoscimento del gruppo con il quale intessono la maggior parte delle relazioni. Non esistono individualismi: il mio essere è in funzione di un gruppo che mi riconosce. Questo è fondamentale: siamo in una società moderna ma arcaica, in cui vige la legge del più forte.

Due personaggi di Pier Paolo Pasolini: Riccetto e Piattoletta

Emblematiche sono due vicende. La prima riguarda Riccetto, il protagonista del libro. Da bambino, si tuffa nel Tevere, in un punto particolarmente vorticoso, senza pensarci troppo: vuole salvare un uccellino, rischiando però la propria vita.

Una foto di Pier Paolo Pasolini

Una foto di Pier Paolo Pasolini (Credits: smallorange su Flickr, Creative commons, immagine ritagliata)

Questa generosità innata con gli anni viene meno. Un giorno – Riccetto è ormai cresciuto – un ragazzo muore annegato nel fiume Aniene mentre stava facendo il bagno: in quel punto, la corrente era particolarmente forte e il ragazzo, affaticato, viene trascinato sott’acqua. Riccetto è presente: ottimo nuotatore, non muove un muscolo per aiutarlo. Guarda la scena e poi, con totale indifferenza, si allontana. Questo evento, secondo Pasolini, fa comprendere che il protagonista è diventato individualista, plagiato dalla società e dal consumismo dilagante.

La seconda vicenda riguarda Piattoletta. Il ragazzo, non particolarmente simpatico al gruppo, come si può evincere dal nome, diventa oggetto di un feroce bullismo che un giorno sfiora la tragedia: il gruppo lo lega a un palo al quale appicca il fuoco.

Come leggere Pasolini oggi?

Ciò che Pasolini descrive, quindi, è una fotografia di ragazzi violenti negli atteggiamenti, parole, fatti. Ma non ci si deve fermare qui perché la riflessione va oltre: la loro violenza deriva dalla società che influenza negativamente il loro modo di relazionarsi con il mondo esterno. Pasolini fa quindi denuncia a favore degli ultimi: non offre soluzioni – almeno non qui – ma espone un problema reale, taciuto dai più.

Ecco quindi cosa vorrei lasciare in questo primo ritratto di Pasolini: l’immagine di un uomo che, pur nelle sue infinite contraddizioni, è stato attento agli ultimi, ai quali ha dedicato tutta la sua attività.

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