Dante e Beatrice – L’amor perfetto (perché non esiste)


Anni fa un mio amico mi disse: “Vorrei che io fossi Dante e tu la mia Beatrice”. Questa affermazione mi sconvolse. Essere la Beatrice di qualcuno presuppone una relazione malata e inesistente.

Se avete sempre pensato che l’amore di Dante e Beatrice fosse perfetto, scoprirete che non è così. Si tratta, anzi, di un amore poco sano.

Dante declama la Divina Commedia sullo sfondo dei tre regni: INferno, Purgatorio e Paradiso

Dante declama la Divina Commedia sullo sfondo dei tre Regni: Inferno, Purgatorio e Paradiso (Credits: Domenico di Michelino, Dante ed i tre regni, 1465, Firenze, Santa Maria del Fiore, dominio pubblico)

Siete curiosi di conoscere la storia di Dante e Beatrice? Allora proseguite la lettura!

Dante e Beatrice: incontro con equivoco

Immaginate un bambino di nove anni che si innamora di una sua coetanea. Siamo nel 1200, per cui l’incontro tra i due avviene in chiesa. Il bambino, vergognandosi del suo sentimento, gioca sull’equivoco: “Ma no! Non mi piace lei, dicevo l’altra, quella laggiù!”

Dante e Beatrice si conobbero così, in chiesa, con un equivoco. Dante usò una ragazzina interposta fra il suo banco e quello di Beatrice come innamorata fittizia a cui rivolgere le sue attenzioni. Parlare a qualcuno per arrivare a qualcun altro. Fino a questo punto il loro amore poteva sembrare quasi normale.

Solamente da adolescente Dante ha iniziato a gestire molto male questo sentimento nato con innocenza.

Dante e Beatrice: una storia di stalking

Passato un po’ di tempo da questi fatti, Beatrice incontrò Dante e, sentendosi probabilmente osservata, decise di salutarlo. Questo suo gesto scatenò in Dante la convinzione di avere qualche possibilità con la ragazza e iniziò a scrivere di lei continuamente.

Fece riferimento a numerosi autori quali Guido Guinizzelli, padre dello stilnovismo, che aveva scritto Lo bel saluto e ‘l gentil sguardo, sonetto in cui il saluto della donna amata diventa arma che potentemente trafigge il cuore dell’amante e lo rende statua impotente davanti all’oggetto del suo desiderio.

Una visione piuttosto incubotica dell’amore, se posso permettermi.

“Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io…”

Dante però aveva una vita piena e soddisfacente, ricca di amici quali Guido Cavalcanti e Lapo Gianni.

Proprio a loro due dedicò un sonetto in cui sogna di poter essere trasportato magicamente su un vascello per solcare i mari e assaporare la libertà, in compagnia delle donne di loro e “con quella ch’è sul numer de le Trenta” ovvero con quella che fa parte del catalogo delle Trenta donne più belle di Firenze. Sta chiaramente parlando di Beatrice.

Dante vede Beatrice in compagnia di amiche per le strade di Firenze

Dante e Beatrice si incontrano per le strade di Firenze (Credits: Henry Holiday, L’incontro immaginario fra Dante e Beatrice, 1883, dominio pubblico)

Esiste un catalogo dove Dante e i suoi amici hanno inserito le donne più belle di Firenze. Tipo mostra felina, insomma.

La negazione del saluto a Dante e il gabbo di Beatrice

Beatrice, probabilmente esasperata dalle attenzioni di Dante, a un certo punto decide di togliergli il saluto. Trovandolo ancora una volta, però, a fissarla durante una serata ufficiale, Beatrice si mette a schernirlo  con le amiche.

Dante finalmente si sente umiliato e decide di non parlare più di Beatrice fino a che non potrà farlo in modo più degno e consono.

Sapete qual è il modo prescelto? Aspettare che muoia e farne la sua “accompagnatrice” attraverso il Paradiso nella Divina Commedia. D’altronde come compagna ufficiale e  da viva non ha avuto grande fortuna…meglio cambiare ruolo e status biologico.

Dante è il pellegrino e Beatrice è la Grazia Operante

Dante diventa l’autore di una delle maggiori opere della letteratura italiana: La Divina Commedia. Sentendosi di vivere nel peccato, intraprende un viaggio catartico attraverso i tre Regni dell’Aldilà: Inferno, Purgatorio e Paradiso. Il suo scopo è quello di vedere Dio, ovvero raggiungere la pace (interiore?).

In questo lungo e tortuoso percorso attraverso Inferno e Purgatorio viene accompagnato dal poeta latino Virgilio, che rappresenta la Ragione e dunque non può entrare in Paradiso. Alla sommità della montagna del Purgatorio incontra Beatrice, che lo accompagnerà nel suo viaggio attraverso i Beati.

Beatrice viene definita Grazia Operante perché è solo grazie a lei e alla sua esistenza che Dante arriva a “toccare il fondo” e risalire lungo la tortuosa china che lo porterà a una maggiore consapevolezza di sé e del mondo.

Dante uno di noi

A questo punto è d’obbligo porci una domanda: perché, nonostante il presunto stalking, la brutalità del Catalogo delle Trenta e l’ossessione, sentiamo di parteggiare per Dante? Perché ci rimane così poco di Beatrice? Perché per Dante sentiamo di far valere lo slogan, bocciato per chiunque altro, di not all men?

Probabilmente per lo stesso motivo per il quale l’Inferno ci ha conquistati più del Purgatorio e del Paradiso: perché è umano. Il comportamento di Dante, visto da noi, a settecento anni di distanza, può risultare goffo e misogino, ma per l’epoca doveva essere piuttosto rispettoso. Anzi, mi sento di azzardare di più: quasi finto.

Beatrice è qualcuno che è servito a Dante per gestire una mastodontica opera poetica e tirarne le fila, per inserirsi nello stilnovismo quale fonte di ispirazione ma non era realmente amata da Dante.

Si ama qualcuno davvero quando si manifesta una certa passionalità, una certa lotta interiore, un desiderio profondo e inappagabile. Ma se l’amore non è Beatrice, dove sta l’amore in Dante?

Francesca Da Rimini

L’amore in Dante sta nelle altre donne della Divina Commedia. Sbucano all’apertura di ogni cantica: la prima ad apparire è Francesca, dannata nel girone dei lussuriosi. La sua colpa è quella di essersi innamorata del cognato Paolo e, con lui, aver tradito il marito che li ha, in seguito, uccisi entrambi.

Paolo e Francesca vengono trasportati dal vento nel girone dei lussuriosi

Paolo e Francesca, come Dante e Beatrice, sono una coppia protagonista della Divina Commedia (Credits: Mosè Bianchi, Paolo e Francesca, 1877, dominio pubblico)

La sua pena consiste nell’essere trasportata da un vento incessante, paragonato alla troppa passione dalla quale si è fatta trasportare in vita. Per Paolo, Francesca rinuncia alla vita e al Paradiso, o forse, finalmente, ritrova la vita e il suo Paradiso “mi prese del costui piacer sì forte che come vedi ancor non m’abbandona”.

Dante, dopo aver ascoltato la sua storia, per la compassione piange e perde i sensi.

Pia de’ Tolomei e Matelda

Ad aprire la Cantica del Purgatorio, nel V Canto, troviamo sette versi dedicati a un’altra donna fatta uccidere dal marito: Pia de’ Tolomei.

Sappiamo pochissimo di lei. Probabilmente l’omicidio avvenne per gelosia ma Pia, in punto di morte, si pentì e questo le valse il Purgatorio. “Ricorditi di me che son la Pia” sussurra a Dante questa dolce donna e, forse, le sue lievi parole ci tornano alla mente ogni volta che leggiamo di qualche storia di violenza.

Una donna particolare è, poi, Matelda: nessuno sa chi sia, “vive” nel Paradiso terrestre cantando, cogliendo fiori e godendo della bellezza che la circonda. Pare la più compiuta in se stessa, felice senza Dio e senza Amore, se non quello che trova nel mondo intorno a sé.

Piccarda Donati

Nel III canto del Paradiso appare Piccarda. Condivide il cognome con la moglie legittima di Dante, Gemma Donati – della quale sappiamo pochissimo, a parte che fu madre dei tre (o forse quattro) figli di Dante.

Piccarda, protagonista del Canto, è figlia di un’altra storia di violenza: preda di una vocazione sincera, si era chiusa nel convento delle Clarisse. Il fratello di lei, Corso Donati, la fece però rapire e la obbligò a sposare un nobile guelfo nero: Rossellino della Tosa.

La leggenda dice che Piccarda morì di lebbra poco dopo le nozze, senza averle consumate, rimanendo così fedele al voto fatto a Cristo.

Dante e le donne, in breve

Troppe cose si dicono su Dante e sulle sue donne, poche sono veritiere. Una sola è il leit motiv che congiunge tutti i personaggi e tutte le figure femminili della Divina Commedia: in ognuno di loro si nasconde un pezzettino di Dante.

Forse anche Beatrice non è altro che quello che Dante ha visto in lei. Ma, grazie al suo geniale spasimante, è arrivata fino a noi nelle vesti della protagonista di una bellissima storia.

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