Elena di Troia o Elena di Sparta? – L’inutilità della guerra dai greci ad oggi


Ricordiamo poche cose del mondo greco, ma sicuramente una rimane forte e chiara nella nostra mente: Elena è la causa della guerra di Troia.

Una guerra, fondamentalmente, inutile. Elena incarna l’inutilità della guerra. Questo è sicuramente il primo conflitto che ci viene in mente pensando ai tempi della scuola; uno degli ultimi è la guerra in Vietnam o quella in Afghanistan.

C’è forse una relazione tra i due fattacci? E cosa c’entra Elena veramente con (tutte) le guerre?

Elena: due versioni del mito

Per chi non lo sapesse esistono due versioni del mito di Elena: nella prima, la più famosa, Elena viene “rapita” (ma forse era consenziente, anzi lo era, dicono le malelingue) da Paride, ospite del legittimo marito Menelao a Sparta e portata a Troia.

Menelao non la prende bene e scatena una guerra per riprendersela.

Elena viene rapita da Teseo: raffigurazione su un'anfora a figure rosse

Elena viene rapita da Teseo, suo primo amante. Raffigurazione su un’anfora a figure rosse (Credits: pubblico dominio)

Questa guerra dura dieci anni e fa molti morti tra i giovani più valorosi di quella generazione. Elena tentenna, Paride viene ucciso. Elena si sposa con Deifobo, suo cognato. Troia cade, molti innocenti perdono la vita. Elena torna (per libera scelta o obbligata?) a Sparta con Menelao.

Di lei non abbiamo notizie, se non un breve cenno nell’Odissea che ci conferma il suo rientro a Sparta.

Elena libera, la seconda versione del mito

Esiste una seconda versione del mito, dove Elena è più rispettata come donna. Questa è una versione incredibilmente moderna e progressista, soprattutto per l’epoca. Molti autori la citano, uno su tutti Euripide, che la rende una delle sue tragedie più conosciute. Elena non viene portata fisicamente a Troia da Paride, ma viene sostituita dagli dei da un fantasma.

Elena bacia Paride in una scena del film Troy

Elena, che rappresenta l’inutilità della guerra, bacia Paride in una scena del film Troy (Credits: Warner Bros)

La vera Elena si trova invece relegata in Egitto, alla corte del re Proteo. Dopo la guerra di Troia, durante il suo nòstos (ovvero viaggio di ritorno), Menelao fa naufragio in Egitto, riconosce Elena, riesce a sottrarla al suo nuovo pretendente Teoclimeno, figlio di Proteo, e la riporta a Sparta finalmente ricongiunta con il suo unico vero amore.

Elena simbolo dell’inutilità della guerra

Si sa, Euripide è il più moderno dei tragici (per questo piaceva poco agli antichi) e talvolta si dimostra progressista e quasi femminista ante litteram. Cosa vuole dirci tramite la “nuova” storia di Elena? Che la guerra è inutile. Che Greci e Troiani hanno combattuto dieci anni per nulla, per un fantasma messo lì dagli dèi come specchietto per le allodole.

Trovo che questo espediente sia assolutamente geniale al fine di dimostrare l’inutilità di ogni guerra.

E se pensate che si sia fermato al solo Euripide, sbagliate.

Giorgos Seferis e la sua Elena

Una fotografia di Giorgos Seferis

Giorgos Seferis, autore di un poemetto intitolato ad Elena che esalta l’inutilità della guerra (Credits: pubblico dominio)

Anche il premio Nobel per la Letteratura Giorgos Seferis rilesse la storia di Elena nella seconda versione del mito. L’autore greco lo fece con un breve poemetto dedicato a lei, a Elena.

Nel suo testo, Seferis scrive: “E a Troia? Nulla, nulla a Troia – un fantasma. Volontà degli dei. E Paride giacque con un’ombra quasi che fosse cosa salda; e noi ci sgozzammo per Elena, dieci anni.”

Il poemetto venne prodotto negli anni Cinquanta del Novecento, poco dopo la fine della più sanguinosa delle guerre europee e in un clima di cambiamento che pervadeva l’intera Grecia. Elena torna ad essere ciò che per antonomasia non esiste eppure divide.

Ciò per cui gli uomini combattono guerre senza senso.

Vietnam, Afghanistan e Stati Uniti: chi è la nuova Elena?

Sicuramente tutti ci ricorderemo, in modo più o meno sbiadito, della guerra che ha devastato il Vietnam tra il 1955 e il 1975. Una guerra che si tramutò in guerriglia, con vietnamiti contro vietnamiti e statunitensi contro vietnamiti.

Il numero complessivo di morti, feriti o dispersi è tutt’oggi incalcolabile. Il conflitto terminò con la sconfitta degli Stati Uniti e il ritiro piuttosto rocambolesco e disordinato delle truppe in decollo dall’aeroporto dell’allora città di Saigon. I civili si ritrovarono soli, distrutti da due decenni di guerra, impoveriti, a contare i morti e fronteggiare una dittatura che stava nascendo.

Un quadro piuttosto simile a quello che sta accadendo ai giorni nostri in Afghanistan (a proposito, è il momento di rileggere Nel mare ci sono i coccodrilli): anche qui, l’Occidente si ritira lasciando i civili soli, distrutti da due decenni di guerra, impoveriti, a contare i morti e fronteggiare una dittatura che sta nascendo.

E tutto questo – non ce ne voglia Seferis – dopo che “noi ci sgozzammo per Elena, vent’anni”.

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