Indiana Jones e il quadrante del destino – Ancora un’ultima avventura


Quando quindici anni fa uscì Indiana Jones e il tempio del teschio di cristallo, ebbi l’impressione che il caro vecchio avventuriero – novello sposo di Marion e con un figlio ventenne appena riconosciuto – si sarebbe concesso la meritata pensione.

È strano realizzare che, a distanza di tanto tempo, il nostro eroe ormai quasi ottuagenario sia ancora a caccia di antichi tesori. Ma andiamo con ordine.

Il prologo classicheggiante di Indiana Jones e il quadrante del destino

La quinta avventura cinematografica di Indy inizia con un antefatto che potremmo definire “classico”: verso la fine della Seconda guerra mondiale, il professor Jones è in Germania per sottrarre ai nazisti nientemeno che la lancia di Longino – quella che, secondo la leggenda, avrebbe trafitto il costato di Cristo)

Un Mads Mikkelsen ringiovanito digitalmente fa cose da nazi in una scena di Indiana Jones e il quadrante del destino

Mads Mikkelsen (nei panni del nazista Jurgen Voller) nel prologo de Il quadrante del destino (Credits: Disney)

Ma in una rocambolesca fuga da un castello bombardato (e in un inseguimento su di un treno blindato pieno di tesori diretto a Berlino) si imbatte in un altro oggetto mitico. Sconfiggendo decine di soldati e il crudele scienziato Voller, Indy e il suo socio Shaw recuperano metà dell’Antikythera, il congegno meccanico per il calcolo dei movimenti planetari che si fa risalire nientemeno che ad Archimede.

La vecchiaia dell’eroe

Saltiamo al 1969. Mentre l’uomo arriva sulla Luna, Henry Jones Jr. si prepara al suo ultimo giorno di lavoro come professore universitario.

Ma il ritiro, ancora una volta, può attendere: nella sua vita piomba la sua figlioccia Helena Shaw, figlia del collega defunto, che lo trascina alla ricerca del pezzo mancante della macchina di Archimede. Pare infatti che l’ex-nazi Voller, sopravvissuto e passato al programma spaziale statunitense (come il camerata Von Braun), voglia mettere le mani sul congegno, perché convinto che abbia il potere di localizzare varchi nel tessuto spazio-temporale.

In una corsa contro il tempo, e contro i propri nemici storici, Indy si ritrova suo malgrado a condurre un’ultima, epica caccia al tesoro in giro per il mondo, in compagnia di alleati vecchi e nuovi.

Indiana Jones e la consapevolezza del tempo che passa

Diciamolo subito: Il quadrante del destino è un gran bel film – a mio avviso superiore al Teschio di cristallo in quasi tutti gli aspetti – ma non accostabile all’aura gloriosa della trilogia originale di Indiana Jones. E non potrebbe essere altrimenti.

Ma partendo da questa consapevolezza di fondo, possiamo gioire nell’affermare che questo film è ben riuscito e omaggia l’avventuriero che tutti amiamo con un’uscita di scena affettuosa e agrodolce.

Il poster di Indiana Jones e il quadrante del destino, nella versione disegnata che richiama le locandine classiche dei vecchi film di Indy

Il poster di Indiana Jones e il quadrante del destino, nella versione disegnata che richiama le locandine classiche (Credits: Disney)

Indiana Jones e il quadrante del destino è un blockbuster estivo non scontato e spesso sorprendente, in un’epoca in cui le pellicole d’azione sembrano ormai realizzate in catena di montaggio. Mentre in Il tempio del teschio di cristallo Spielberg perdeva inspiegabilmente di vista l’importanza della ricerca del tesoro, Il quadrante del destino sa sempre dove andare, a muso duro e nel segno dell’archeologia. Pur se non esente da buchi di trama.

Questa pellicola, grazie al lavoro di ben quattro sceneggiatori, centra tutti i temi ricorrenti dei film di Indiana Jones: i viaggi in luoghi esotici e pericolosi, tombe di personaggi leggendari, alleati e nemici scaltri dalla battuta sempre pronta, ragazzini in gamba e spesso risolutivi, il manufatto che passa continuamente di mano tra eroi e cattivi, la scena disgustosa con creature ripugnanti e infine l’elemento soprannaturale.

Che qui – senza rovinare la sorpresa – viene integrato nel terzo atto della trama con astuta sottigliezza, a differenza degli alieni mesoamericani del quarto film.

Un protagonista che vale il prezzo del biglietto

Non c’è effetto speciale che possa rivaleggiare col carisma di Harrison Ford. Lui è Indiana Jones anche fuori dal set, anche a ottant’anni suonati. Ford non recita, ma incarna talmente bene il personaggio che il pubblico lo ama spontaneamente, senza un attimo di esitazione.

L’eroe è tale anche perché non si vergogna di essere anziano, si lamenta dei dolori e ci scherza su. Non salta da una roccia all’altra con l’agilità di un tempo e non usa più la frusta come fosse una liana, ma non per questo rinuncia all’azione per arrivare al tesoro.

Nessuno può fermare Indiana Jones, a qualunque età!

Indy sotto tiro di molte pistole, in un’inquadratura che richiama in modo scherzoso la famosa scena di lotta de I predatori dell’arca perduta (Credits: Disney)

Nell’ultimo decennio abbiamo letto tante teorie, secondo cui avrebbero voluto fare un film in cui Indiana Jones sarebbe stato sia anziano, (interpretato da Harrison Ford) che giovane, e quindi oggetto di recast. Magari con il troppo inflazionato Chris Pratt.

Che sciocchezza! Lo hanno capito anche alla Disney: nessuno può togliere cappello e frusta al suo interprete originale. Guardate che fine ha fatto Shia LaBeouf, che per un attimo ha pensato di esserne il legittimo erede!

Per il sottoscritto, il personaggio di Indiana Jones inizia e finisce con Harrison Ford, e Il quadrante del destino ce lo dimostra con grande chiarezza.

De-aging: un trucco riuscito a metà

Il quinto film di Indiana Jones contiene tantissimi effetti speciali in Cgi, e nonostante la cura messa nella produzione, la maggior parte di questi si percepisce. La loro armonizzazione con la scena non è totale, e ciò ci porta a parlare del volto ringiovanito di Harrison Ford.

La scena d’apertura con un Indiana Jones poco più che quarantenne, ottenuta grazie alla tecnica di de-aging digitale, è eccezionale. Una sequenza che ha il gusto dell’azione classica che tutti ricordiamo in I predatori dell’arca perduta e L’ultima crociata. Ma in sottofondo proviamo fastidio per quell’effetto speciale non del tutto riuscito, che ci distrae.

De-aging, grazie a un effetto speciale ci sembra di vedere Indy in azione in uno dei vecchi film!

Harrison Ford ringiovanito digitalmente, nella scena iniziale de Il quadrante del destino (Credits: Disney)

Come già visto in alcuni cinecomics Marvel, grazie a sensori posizionati sul volto degli attori – e a nutritissimi archivi foto e video del loro volto – oggi è possibile realizzare scene flashback senza cambiare interprete, ma ringiovanendo digitalmente i divi un po’ attempati. Su questo principio Martin Scorsese ha puntato l’intera produzione del suo The Irishman.

Solo che con Indy, passata la meraviglia iniziale di vederlo muoversi e parlare come se avesse girato la scena nel 1990, i nostri occhi di spettatori scovano il trucco. L’illuminazione della faccia è irreale, la bocca si muove poco fluida e tanto basta al nostro cervello per non permetterci di cascarci completamente. In questo film quindi il de-aging del protagonista funziona soltanto a metà: sa ancora di finto, e ci fa capire che questa tecnica ha ancora bisogno di essere perfezionata.

Il cast dell’ultimo Indiana Jones

Il quadrante del destino vanta un cast e una produzione di prima classe.

Phoebe Waller-Bridge è un’attrice bravissima – lo sa bene chi ha seguito la serie Fleabag. La sua Helena è una tipa tosta, sempre con la battuta pronta, come una vera co-star dei film di Indy, al pari di Karen Allen e Kate Capshaw. La figlioccia del professor Jones non vuole mai prendere il suo posto, ma ha bisogno del vecchio amico del padre per trovare il manufatto che cerca. Le sue intenzioni non sono del tutto chiare o lecite, ma la zona d’ombra fa parte del fascino del personaggio.

Gli altri comprimari, dal vecchio Sallah di John Rhys-Davies al piccolo ruolo concesso ad Antonio Banderas, funzionano al solito scopo di aiutare i nostri eroi a trovare il tassello successivo.

Allo stesso modo, un nemico di Indiana Jones è efficace se percepiamo continuamente il suo fiato sul collo – un passo immediatamente dietro l’archeologo – pronto a rubargli il tesoro. Così avviene per il cinico scienziato nazista interpretato da Mads Mikkelsen, che non cerca di dare troppa profondità al personaggio: gli basta impostare il piglio megalomane di un cattivo dei cartoni animati.

Regia, produzione, alti e bassi di Il quadrante del destino

A livello tecnico, manca il tocco di genio di Steven Spielberg, che qui veglia dalla sua sedia pieghevole da produttore esecutivo insieme a George Lucas. Ma James Mangold è un regista di lungo corso, assolutamente all’altezza del compito che gli è stato affidato.

Sotto la sua direzione, l’azione è a rotta di collo: Indy è inseguito dagli scagnozzi di Voller, salta su un cavallo della polizia e attraversa le strade di New York in cui è in corso una parata, scende nella stazione della metro piena di gente per poi fuggire in un tunnel. La ricostruzione della sequenza che ho appena descritto, sebbene realizzata perlopiù con effetti digitali, è fenomenale: l’architettura, gli abiti, le auto, i colori e l’atmosfera della Grande mela degli anni Sessanta sono studiati nei minimi dettagli.

Le scene girate in Sicilia poi, al netto di qualche stereotipo di troppo, restituiscono l’immagine di una Magna Grecia incantevole.

Phoebe Waller-Bridge è la co-protagonista dell'ultimo Indiana Jones, ma non per questo vuole ereditare frusta e cappello!

Phoebe Waller-Bridge è la co-protagonista sveglia e dalla battuta sempre pronta di Indiana Jones e il quadrante del destino (Credits: Disney)

Ma è il tema musicale di Indiana Jones a elettrizzarci ancora una volta. E pensare che a condurlo ci sia sempre il grande compositore John Williams – oggi novantunenne – ci fa realizzare che talvolta il mondo è ancora un luogo decente in cui ritrovarsi a vivere.

Ciò che manca a questo Indiana Jones sono l’audacia e il senso di pericolo esilarante tipici delle scene d’azione dei film degli anni Ottanta. Ma quella sensazione – che definirei analogica – è andata perduta, come una reliquia che non è finita in un museo. Il brivido che poteva dare il vedere recitare gli attori su di un grande set, e vedere trucchi tangibili come il carrello della miniera di Il tempio maledetto, è stato barattato con la maggiore sicurezza della soluzione tecnologica. Il cui risultato però è molto meno autentico.

Il messaggio di fondo dell’ultimo film di Indiana Jones

Il titolo originale, The dial of destiny, porta con sé il doppio senso della chiamata del destino, che nella traduzione in italiano si perde.

La tematica del viaggio nel tempo – e le assurdità narrative che implica – è la costante minaccia che incombe sullo spettatore apprensivo. Ma, riflettendoci, è anche e soprattutto il retrogusto di questa pellicola: trascinando il suo eroe in una caccia al tesoro da un capo all’altro del mondo, nonostante questi abbia quasi ottant’anni, il film sta cercando di fermare il tempo che scorre inesorabile.

In qualche modo ci riesce, ma è davvero quasi una forzatura. Il fan service è una componente fondamentale di un’operazione come questa, ma fortunatamente non è tutto ciò che essa contiene.

Ed è per questo che in Indiana Jones e il quadrante del destino è presente, oltre alla sfruttatissima nostalgia, anche una sana e consapevole sensazione di malinconia.

In sella, signori: è tempo di un ultimo giro di pista!

2 Comments

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  1. Bianca Cassissa

    Grazie Alessio,
    Leggere il tuo articolo riguardante il mio eroe preferito da sempre, mi ha fatto venire una voglia matta di andare a vedere il film. Sono contenta che la pellicola sia riuscita meglio del Teschio di Cristallo…questo quarto film devo dire che è l’unico che non ho rivisto quelle 400.000 volte come i primi tre!
    Appena riuscirò a vederlo ti manderò i miei commenti.
    Grazie ancora e complimenti per la chiara e completa recensione.
    Bi

    • Alessio Ottonello

      Ciao Bianca, grazie mille per il tuo commento!! L’intento della maggior parte dei miei articoli è proprio quello di far venire voglia al lettore di andarsi a guardare o riguardare il film che recensisco! se allora poi vai al cinema, fammi sapere che ne pensi..

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