Rivedere oggi Pocahontas della Disney (e non apprezzarlo quasi per niente)


Dire che non ti piace Pocahontas, classico Disney del 1995, può portare a conseguenze terribili su chi proferisce queste parole.

Si va da un blando togliere il saluto per qualche tempo alla rimozione dagli amici di Facebook, per poi passare alle maniere forti in casi via via più gravi: sputare per terra quando qualcuno ti nomina, ringhiarti in faccia di aver gettato disonore su te stesso, la tua famiglia e la tua mucca, e persino (come atto di crudeltà estrema) farti rivedere Pocahontas.

Intendiamoci: non è un film tremendo. Anzi. Tuttavia, in questo articolo, vedremo i principali motivi per cui – da bambino come oggi – Pocahontas non mi abbia decisamente fatto impazzire.

Cosa mi piace del Pocahontas Disney

Sbrighiamocela subito: tecnicamente è un film pazzesco. I colori, le inquadrature, i simbolismi, le musiche, il montaggio: non c’è un aspetto che non contribuisca a rendere questo classico Disney una pietra miliare dell’animazione di fine millennio.

Vogliamo parlare della scena della nave in tempesta e di come viene gestita sul piano della regia? Le ombre dei marinai che si agitano proiettate sulle vele, l’ellissi con cui si passa dalla navigazione tranquilla alla furia dell’oceano, il dutch angle da sotto gli alberi maestri… tutto è gestito nella maniera migliore per trasmettere inquietudine e farti empatizzare con i personaggi.

Insomma, per gli appassionati di tecnica cinematografica un’analisi della versione Disney di Pocahontas è quasi irrinunciabile. Ma c’è un ma. Anzi, due.

Pocahontas Disney

(Credits: Disney)

Non mi soffermerò né sull’accuratezza storica né sulla questione della rappresentazione dei nativi americani. Prima di tutto, perché non ho le competenze per capire sotto quali aspetti quello di Pocahontas sia un ritratto fedele e sotto quali invece sia stereotipato o superficiale. Non è questo l’argomento dell’articolo.

In secondo luogo, perché lo scopo del film era quello di dare al pubblico un esempio di quanto gli stereotipi e il razzismo non siano proprio una gran cosa. Se per riuscirci devi semplificare – magari invogliando il pubblico a interessarsi, approfondendo poi lo studio di culture diverse dalla propria – nel mio piccolo, ci sto.

I motivi principali per cui Pocahontas non mi piace sono il tono del film e i personaggi. I due protagonisti, per essere precisi.

A chi è rivolto davvero il film?

Non è che volessi un classico Disney diretto da Quentin Tarantino, e neppure qualcosa di così zuccherosamente family friendly da far esclamare al Movimento italiano genitori “Certo che almeno due tette e qualche parolaccia potevano mettercele”. Il punto è che Pocahontas è in un’anonima via di mezzo, un limbo tra l’adulto e l’infantile che fallisce nel rivolgersi a entrambi i tipi di pubblico.

È troppo serioso per piacere davvero a un bambino, tanto per cominciare. L’amore e la guerra sono rappresentati in maniera sufficientemente realistica da annoiare gli spettatori più giovani, e i (pochi) momenti di alleggerimento sono sempre gag slapstick affidate a personaggi di contorno. I protagonisti sono quasi sempre seri, serissimi, così come il tono generale del film.

Al tempo stesso, però, è tutto troppo semplificato per un adulto. Le dinamiche tra i personaggi sono spesso parecchio ingenue, e gli elementi magici sembrano sempre alieni a un’atmosfera che vorrebbe essere piuttosto vicina alla realtà.

La Pocahontas Disney

(Credits: Disney)

Gli spari sopra

La gestione delle armi da fuoco è un buon esempio di questo mancato equilibrio: almeno tre personaggi vengono uccisi o feriti da una fucilata, e i loro corpi ci vengono mostrati esplicitamente. Una scelta coraggiosa, in particolare quella di mostrare per intero il cadavere di uno di loro. Eppure, per rendere la cosa più digeribile per i bambini, non c’è mai una goccia di sangue.

Comprensibile, ma esagerato: sarebbe bastato non inquadrare il punto in cui il proiettile ha colpito, concentrandosi sui primi piani, usando una prospettiva differente o affidandosi alle ombre – come avviene nel Tarzan disneyano per una scena particolarmente forte sul finale.

Pocahontas invece sceglie una via di mezzo poco convincente, che in un certo senso ricorda molto quella del Pompei con Kit Harington: si muore dissanguati, ma senza sangue. Una soluzione che contribuisce a creare confusione su quale sia la strada scelta dal film per rivolgersi allo spettatore: quella adulta o quella favolistica?

Certo, la Disney non è la Dreamworks, che qualche anno dopo con Il principe d’Egitto avrebbe dimostrato di avere il coraggio che è mancato a Pocahontas. Il film resta comunque un bell’esperimento – per quanto non riuscitissimo – nella trattazione di temi più maturi del solito per la Casa di Topolino.

Il difetto principale, dunque, è un altro.

Pocahontas e John Smith spiegati con il concetto di Mary Sue

Cominciamo dalla nostra protagonista. Orfana di madre, è la figlia del leader della sua gente. Dotata di uno spirito avventuroso, sente di essere destinata a qualcosa di più rispetto a ciò che la circonda. Si innamora a prima vista di un uomo che non appartiene al suo mondo, e inizia a seguirlo ogni volta che può per osservarlo. Vi ricorda qualcuno?

Ariel la sirenetta Disney

Ariel, protagonista de La sirenetta (Credits: Disney)

Su Pocahontas c’è poco da dire: funziona quasi solo perché si basa sugli stessi concetti su cui è stata costruita Ariel de La sirenetta. Ma è fatta peggio: non è scritta in modo particolarmente originale, non ha alcuna evoluzione all’interno del film, non sbaglia quasi mai e non ha neppure dei veri difetti. Ricorda molto il concetto di Mary Sue, ovvero un personaggio stereotipato, idealizzato e praticamente perfetto.

Pensate alla maggior parte dei protagonisti dei film Disney che abbiamo amato e con cui ci siamo identificati: Simba ne Il re leone è di buon cuore ma ha paura di affrontare le proprie responsabilità; Mulan all’inizio non sa fare quasi nulla ma impara grazia alla propria forza di volontà; Merida di Brave è indipendente ma incapace di empatizzare con la madre; Robin Hood è formidabile ma rischia di mandare tutto all’aria perché troppo spaccone… Li abbiamo amati perché commettevano errori, perché avevano pregi e difetti e perché imparavano qualcosa nel corso del film. Pocahontas invece è perfetta fin da subito.

E siccome Walt li fa e poi li accoppia, come poteva essere il suo John Smith? John è alto, biondo, bello, intelligente, infaticabile, abilissimo guerriero, capace cacciatore, bravissimo con gli animali, sa nuotare nel mare in tempesta, prepara una carbonara da panico, ha finito Dark Souls senza prendersela mai con qualche entità celeste, e a fine giornata le sue ascelle profumano di pain au chocolat appena sfornato.

Pocahontas e John Smith Disney

(Credits: Disney)

Chi potrebbe mai identificarsi con questi due, a parte Zlatan Ibrahimovic?

Pocahontas Disney, in breve

Il Pocahontas Disney è un titolo dignitoso, in sintesi, ma nettamente inferiore a quasi qualunque film sia venuto prima e a quelli che lo hanno seguito. L’ambizione di trattare una storia adulta si è scontrata con la necessità di confezionare un prodotto che potesse piacere anche ai più piccoli, e la cura maniacale per i dettagli tecnici non è stata accompagnata da una scrittura dei personaggi davvero soddisfacente.

Pocahontas e John Smith potevano essere i precursori delle figure forti e paritarie che pian piano hanno cominciato a emergere in seguito. Potevano, insomma, essere i genitori morali di Judy e Nick di Zootropolis, per dirne qualcuno.

E invece hanno finito per essere gli antesignani dell’Adrian di Adriano Celentano.

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