L’arte di essere


Nel corso della storia si è constatato che la mente dell’uomo è capace di due tipi di conoscenza; la prima modalità è quella razionale, tenuta in grande considerazione dall’occidente; la seconda è quella intuitiva, che in genere è esattamente l’opposto, ed è confacente all’atteggiamento orientale. La conoscenza razionale appartiene al campo della scienza e dell’intelletto, la cui funzione è quella di analizzare, dividere, confrontare, misurare e ordinare in categorie.

Il pensiero orientale, fornisce alle teorie della scienza contemporanea un importante e coerente riferimento filosofico: una concezione del mondo nella quale i due temi fondamentali sono l’unità e l’interdipendenza di tutti i fenomeni, in cui l’uomo è considerato parte integrante del sistema. Ciò che interessa ai mistici orientali è la ricerca di un’esperienza diretta della realtà, che trascenda non solo il pensiero intellettuale, ma anche la percezione sensoriale. La conoscenza che deriva da un’esperienza di questo tipo viene chiamata dai buddhisti “conoscenza assoluta”, perché non si basa su discriminazioni, astrazioni e classificazioni dell’intelletto, le quali sono sempre relative e approssimate. Essa è come dicono i Buddhisti, l’esperienza diretta dell’essenza assoluta.

La conoscenza assoluta è, quindi, un’esperienza della realtà non intellettuale, un’esperienza che nasce da uno stato di coscienza non ordinario, che può essere chiamato uno stato meditativo, o mistico. È la realtà della vita del Sé, che vive solo così com’è, la nuda esperienza della vita (quel soltanto essere vivo ora). Il Sé non è superficiale: è la pienezza della gioia. Essere consapevoli del Sé significa essere gioiosi.

«Cosa fa un Buddha sotto l’albero del Bodhi? Non fa nulla. Si limita ad essere». Egli è colmo di un’insondabile gioia, perché ora non rimane nulla da raggiungere. Nel proprio essere si scopre che qualsiasi cosa degna di essere raggiunta esiste già. Il semplice accadere della vita, l’espirare e l’inspirare, il semplice pulsare della vita, è beatitudine. Non ha nulla a cui pensare, non pensa alla famiglia, né pensa al futuro, è semplicemente immerso nella beatitudine – il giusto modo di essere – non vi è passato, né futuro.

La corrente zen– che ebbe origine dal Buddhismo, ma fortemente influenzato dal Taoismo – non ha spiegazioni razionali o comunque derivanti dall’intelletto. Esso si concentra quasi interamente sull’illuminazione, ed essa non consiste nel fare qualcosa, o nell’ottenere qualcosa; ma, semplicemente, nel riconoscere quello che è sempre esistito di fatto, e praticamente si disinteressa di interpretare questa esperienza.

A causa dell’educazione e del condizionamento dato dalla cultura occidentale, il funzionamento delle menti occidentali è legato a un sistema particolare, formato da concetti, e ogni cosa viene considerata attraverso un sistema di opposti: buono cattivo, bianco o nero, giusto o errato. A causa di questo modo di giudicare non possiamo raggiungere le unità attraverso la molteplicità. Lo scopo dello Zen e della filosofia orientale in generale è quello di andare al di là dei legami della dualità, rinunciare a tutti i concetti creati dall’intelletto e vedere le cose come realmente sono, per mezzo della introspezione intuitiva.

In tutto il misticismo orientale, l’intelletto è visto come un mezzo per aprire la strada all’esperienza mistica diretta, che i Buddhisti chiamano “illuminazione”. Attraverso la meditazione si può fare l’esperienza di sentire la nostra natura originaria. Il programma basico dello Zen è quello di calmare la mente e il corpo, in un primo tempo, mediante la pratica della meditazione, con lo scopo di arrivare ad una visione interiore. Zazen, seduti con le gambe incrociate, la schiena dritta, la respirazione calma, il corpo e lo spirito unificati, senza spirito avido. Scoprire il proprio inconscio non è un atto intellettuale, ma un’esperienza affettiva che non può essere spiegata a parole.

Quando siamo presenti, osserviamo con la visione meditativa, con un’attenzione profonda e penetrante, caratterizzata dall’assenza di superficialità, e sappiamo incontrare direttamente ciò che accade nel nostro mondo (la nuda realtà), con apertura, sensibilità, lucidità. Quando accendiamo la luce dell’attenzione saggia, possiamo vedere con chiarezza, comprendiamo che non dobbiamo fare neppure un passo in nessuna direzione per ritrovare il nostro posto dove possiamo essere a nostro agio; è proprio qui, dove ci troviamo ora. Di solito, manchiamo d’intuizione e di una chiara visione, perché siamo prigionieri dei nostri condizionamenti. La realtà è già presente in noi; ma, per la nostra cecità, essa ci sfugge completamente. In un certo senso sperimentiamo qualcosa di continuo, ma siamo scarsamente in contatto con le nostre esperienze, solo a metà svegli di fronte alla realtà.

Questa è la vera dimensione spirituale, quel punto in cui non si è più dominati dall’io, ma da una coscienza non dualista; non c’è più nessuno che pensa: «tu giungi senza alcun concetto di giungere e vedi senza alcun concetto di vedere». Finché non avremo superato il dualismo, non conosceremo la libertà definitiva (l’ultima realtà). Realizzare questa profonda comprensione di sé stessi è la fonte della vera saggezza; l’autentica saggezza risiede nell’osservazione e nella conoscenza di se stessi.

Le azioni che affermano la vita, piuttosto che negarla; che rivelano, piuttosto che nascondere, che esprimono piuttosto che reprimere, sono in un certo senso non azioni.

L’azione, infatti, contrariamente alla manipolazione (di se stessi, o degli altri), viene sperimentata come fluente dall’interno, invece che compiuta per andare incontro a modelli estrinseci. Stare semplicemente nell’istante; fare una cosa alla volta e consegnarci totalmente a essa è il modo più efficiente di vivere; è essere semplicemente qui, vivere la nostra vita. “Niente di speciale”. La vita è così com’è, il lavoro è così com’è, il mondo è così com’è, e forse, se sappiamo accettarlo così com’è, ci accorgeremo che tutto è sempre stato perfetto. Così, non nuoceremo agli altri. La meta è sviluppare gradualmente la consapevolezza, e attivare quella compassione e gentilezza amorevole che già sono in noi.

Questo è alla portata di tutti.

2 Commenti

Aggiungi

+ Lascia un commento