Il tempo della scuola – È necessario un cambio di rotta?


Se la scuola fosse un tempo verbale, sarebbe l’imperfetto. Non futuro, né presente. E nessun altro tempo passato. Solo imperfetto.

Perché l’imperfetto è il tempo del ‘non-perfetto’, del non compiuto. È il tempo della durata, il tempo dell’indefinito, del vago. Il tempo preferito dell’infanzia e dei viaggi. Quel tempo che è trascorso quasi in sordina ma che tutti si ricordano. Spesso in modo diverso. Che riaffiora improvvisamente da un odore, un’immagine, un volto.

Il tempo della scuola è l’imperfetto o altro?

La scuola è il tempo imperfetto e non potrebbe essere nessun altro tempo passato.

Sì, perché a pensarci il perfetto (peggio ancora il piuccheperfetto) non è adeguato alla scuola. Il perfetto indica ciò che è compiuto e concluso, e che ha delle ricadute sul presente. Ho visto, quindi so.

scuola tempo bussola

Foto di schaeffler da Pixabay

Se la scuola fosse perfetta, vorrebbe dire che ciascuno studente sarebbe perfettamente consapevole del valore che ha la scuola, in quel luogo, in quel tempo. Saprebbe distinguere i valori dalle opinioni. Saprebbe chiudere un occhio sulle imperfezioni dei singoli per guardare all’insieme. Nel complesso, a tutti è servita la scuola. Ma nessuno lo ammette mentre la frequenta.

No, la scuola non è perfetto.

 

Il tempo della scuola è il futuro?

No, non è neanche futuro. Perché nessuno può sapere cosa serberà nel suo cuore dopo tutti quegli anni passati sui libri. Dopo quegli anni all’apparenza buttati. Cosa formerà la sua persona? Quali frasi saranno parte del suo bagaglio? Chi degli amici di oggi resterà davvero al suo fianco?

Pochi riescono a capire oggi ciò che sarà loro utile un domani. Sono pochi coloro che studiano per amore verso lo studio, come auspicava Antonio Gramsci, pur non comprendendo ancora il senso di alcune cose. Certo, ci sono alcuni che hanno già un’idea chiara di cosa vorrebbero fare in futuro.

Ma pochi si interrogano su ciò che vorrebbero essere. O chi.

L’unico futuro che si conosce veramente a scuola è quello prossimo: la fine di quest’ora, della mattinata. La prossima verifica. L’arrivo del Natale. L’estate. La maturità.

La scuola quindi non è futuro? No. È improntata al futuro, semina oggi ciò che verrà raccolto domani. Ma non è futuro in senso stretto.

Perché il tempo della scuola non è il futuro?

Se la scuola fosse futuro sarebbe una realtà fluida, informe, come fluido e informe è il futuro. Sarebbe acqua. Ma la scuola è ghiaccio che si scioglie. È imperfetta.

La scuola si rimodella continuamente sulla base della mandria di studenti che entra e esce ogni anno. E dico “mandria” perché gli studenti sono così: casinari, caotici, stancano il corpo e l’anima, urlano, rovinano, sporcano per poi, quasi all’improvviso, andare altrove.

Così, anno dopo anno. E la cosa assurda è che nessuna classe è mai uguale a un’altra. Nessun docente si comporta allo stesso modo con tutti gli studenti. Nessuna lezione può essere ripetuta.

Il tempo presente

La scuola ha molto in comune con il teatro. Il teatro però vive nel presente. La scuola no.

Uno spettacolo di teatro è un momento totalizzante ma costruito. È un patto tra gli attori e il pubblico. L’attore mente e il pubblico si lascia coinvolgere consapevole della finzione. Se il pubblico non accettasse questo, il teatro non esisterebbe.

La scuola non è finzione. È tremendamente reale. Certo, c’è sempre una regia imposta, ruoli assegnati, per certi versi copioni già predisposti. Ma la scuola non vive nel presente.

Innanzitutto perché non coincide con la vita dei ragazzi ma solo con una parte di essa – spesso secondaria. Quindi non influisce (apparentemente, certo) sul loro presente.

Poi, lo dicono tutti: bisogna far entrare l’attualità a scuola! È necessario modernizzarsi! Bisogna utilizzare le nuove tecnologie, dette anche le Tic – che poi, questa fissa delle sigle è solo per far finta di essere “in” quando in realtà sei “out”! Un po’ come usare ancora “in” e “out”, insomma.

A che serve la matematica, la letteratura? Mica diventeranno scrittori! Perché fare religione? Io toglierei educazione motoria: tanto fanno quasi tutti sport! Perché perché perché?

Serve un cambio di rotta! Basta passato. Vogliamo il presente! Ridateci il futuro!

Il vero cambio di rotta: o no?

Poi, fu la pandemia. Una disgrazia, certo, ma per la scuola una manna dal cielo. Finalmente la scuola si aggiorna! Si usa Google Suite! Si fanno riunioni su Teams o su Zoom! Usiamo Geogebra, Seterra! Viva la modernità! Finalmente una scuola al passo coi tempi, finalmente un vero cambio di rotta!

Quello che nessuno capisce è che la scuola è come il vocabolario. Quando esce un vocabolario, è già “vecchio” perché fotografa la situazione di una lingua di almeno qualche mese prima.

Foto di PDPics da Pixabay

Con la scuola è lo stesso. Non si può cambiare mentre il mondo cambia, è difficile. Certo, si può avere un collegio docenti meraviglioso che propone attività in linea con il territorio, con le esigenze dei ragazzi e delle famiglie, in armonia con le indicazioni nazionali del Miur, eccetera eccetera.

Ma è impossibile stare al passo coi tempi. Un po’ perché il mondo gira troppo velocemente. Un po’ perché non è quello lo scopo della scuola.

Lo scopo della scuola

La scuola deve essere un punto fermo nel marasma delle vite di ciascuno. Deve conservare e trasmettere valori e principi trasversali, che non si ossidano con l’ossigeno della modernità. Pur nella necessità di modernizzarsi – oggettivamente, non può esistere oggi la scuola di mio padre – deve mantenersi fedele a se stessa.

Dunque è sciocco pensare che la scuola “debba stare al passo coi tempi”. Non deve, ma anche volendo, non potrebbe: non ce la fa. Troppa burocrazia, troppi passaggi. Ma soprattutto non è il suo ruolo.

Mi ricordo quando, alla domanda circa quale italiano dovessi insegnare nelle scuole, una collega mi avesse risposto: “Attieniti alle regole grammaticali che hai imparato da bambina (vent’anni prima): i ragazzi sanno già usare l’italiano colloquiale, non devi concentrarti su quello. Concentrati invece su ciò che, in casa, non hanno. La scuola deve essere un modo di pensare inusuale”.

Ecco perché la scuola vive nell’imperfetto. Perché queste cose si capiscono dopo. Beati quelli che comprendono fino in fondo il valore della scuola mentre la frequentano! Sono mosche bianche. I più non capiscono, magari sono anche bravi e studiano, ma non capiscono perché debba essere così.

Nessun cambio di rotta per la scuola di oggi?

Nessun cambio di rotta, dunque? Va tutto bene così?

Ovviamente no. Forse l’unico vero cambio di rotta che desidero per la scuola è proprio questo: bisognerebbe dedicare del tempo al senso del fare scuola. Condividere il perché, i valori e i principi che la animano. E bisogna farlo con gli studenti, ma anche coi genitori e con gli stessi docenti.

Oggi la scuola è stata trasformata in una mera caccia al voto, in un accumulo di competenze, conoscenze, esperienze extra-scolastiche. Ma soprattutto, sta diventando sempre più un servizio alle famiglie che un’istituzione.

Ma un servizio è a disposizione dell’utenza, che ascolta e asseconda (e che in genere ha sempre ragione); un servizio viene migliorato sulla base delle richieste. La scuola non è un servizio, ma un’istituzione: letteralmente, è qualcosa che sta ferma, che resiste, nonostante le sue (necessarie) riforme.

Insomma, il vero cambio di rotta per la scuola non è il trionfo del presente: è la riscoperta del suo valore, sempre in divenire, mai compiuto.

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