Cambiare, sì, ma in che direzione? – Il mio 2021 e quello di tante e tanti di noi


Quest’anno ho cambiato lavoro.

Non sono stata l’unica, anzi. Secondo i dati del Ministero del Lavoro questo è stato l’anno del boom delle dimissioni: 485mila, un aumento all’incirca del +80% rispetto all’anno precedente. Certo, il confronto con il 2020 può portare a sovrastimare il fenomeno. Ma anche confrontando il dato con quello relativo al 2019 si registra un +10%.

Cambiare vita - La scena finale di The Truman show dove il protagonista esce dalla sua "vita"

La scena finale di The Truman show dove il protagonista esce dalla sua “vita” (Credits: Paramount Pictures)

Quando dico che ho cambiato lavoro non intendo solo che ho cambiato datore di lavoro: intendo dire che ho cambiato completamente lavoro e settore. Sono passata dal lavorare per un’azienda di consulenza – all’interno della quale mi occupavo della rendicontazione di progetti di ricerca – a lavorare per una cooperativa sociale, in cui faccio orientamento scolastico e professionale per la cittadinanza di piccoli comuni dell’entroterra genovese.

Non stavo male nella mia vecchia azienda. Eravamo in pochi ed era diventata – dopo sette anni – una famiglia. Anche il lavoro mi piaceva molto. Molto, sì, ma non abbastanza.

Il ruolo dello smartworking nella mia decisione

Dopo un anno di smartworking sentivo proprio l’esigenza di avere a che fare con più persone possibili. Di lasciar stare progetti incredibilmente affascinanti – ma dove io vedevo solo nomi e numeri – per buttarmi a capofitto in progetti sicuramente meno grandiosi in senso stretto, ma dall’impatto fondamentale sui miei territori e sui miei vicini di casa.

Ho avuto paura all’inizio. Non lo nego.

Il cambiamento può spaventare perché non è mai in una direzione sola: potremmo andare a stare meglio, ma anche a stare peggio.

Talvolta ci spaventiamo talmente tanto all’idea di cambiare che restiamo paralizzati. Ci fermiamo nella nostra comfort zone: in relazioni non eccezionali, in lavori non ottimali, in vite che non ci calzano a pennello. E invece di cambiare le cose ci fermiamo e lasciamo tutto così com’è.

Cerchi nell'acqua causati dal lancio di una pietra per cambiare la propria realtà

Talvolta serve scuotere la propria realtà per cambiare le cose (Credits: Pixabay)

Eventi imprevisti e straordinari (come ciò che è accaduto nel 2020) ci mettono spalle al muro. E, in alcuni casi, ci impongono di guardare le cose per quello che sono: molto, ma non abbastanza. Ci portano a riflettere che se non proviamo in questo momento a lasciare il noto per inseguire un sogno, quando lo facciamo?

Cambiare può significare fare passi avanti, ma anche passi indietro

Ho fatto questa premessa per sottolineare come, a volte, questi cambiamenti sono legati solo alla nostra felicità e al nostro percorso personale. Ma ce ne sono altri, quelli davvero importanti, che sono legati all’evoluzione di tutti noi.

Siamo sinceri: il Ddl Zan non era perfetto. Per temi così importanti quali l’omobitransfobia, i diritti della comunità Lgbtq+, le discriminazioni fondate sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità avrebbero meritato una legge davvero perfetta.

Ma era una legge – come abbiamo ribadito più volte anche durante questo Speciale Magazine 2021 – di cui abbiamo un infinito bisogno.

Perché ancora troppe volte si ha la sensazione che esistano vite di serie A e vite di serie B e troppe persone vengono discriminate per chi sono senza che nessuno le difenda.

Quella legge era il cambiamento necessario per tutelare tutti. Un cambiamento che ha l’urgenza dell’acqua per l’assetato; ma che – come ben sappiamo – ci ha lasciati con la gola secca e l’amaro in bocca.

L'omaggio di Guzio a Porco rosso di Hayao Miyazaki in chiave DDL Zan per cambiare le cose

L’omaggio di Guzio a Porco rosso di Hayao Miyazaki in chiave DDL Zan (Credits: Guzio)

Se cambiare può voler dire fare un passo avanti, in alcuni casi non cambiare non significa stare fermi, quanto piuttosto fare mille passi indietro.

Mille passi indietro; uno per ogni applauso, sorriso ed esultanza in Senato per non aver nemmeno fatto passare all’esame gli articoli contenuti nel Ddl Zan. Mille passi indietro; che hanno mostrato a tutto il mondo un’Italia non solo retrograda, ma anche ignorante.

Perché più forte della paura, ahimè, c’è solo l’ignoranza.

Non quella letterale, determinata dalla mancanza di istruzione. Quanto piuttosto quella colpevole e piena di superbia di chi si erge a giudice delle vite altrui senza cognizione di causa. Di chi si crede migliore degli altri solo perché non vuole accettare che ci siano altre strade oltre alla propria.

Cambiare le cose è possibile? Noi crediamo di sì.

Qualche giorno fa, durante una live su Twitch con Marco Frongia e Sofia Smiderle, ci siamo confrontati sulle battaglie che i Millennial e la generazione Z stanno portando avanti assieme.

Tra il tema dell’ecologia e quello della battaglia per i diritti di tutti, Sofia ha detto una frase che ci ha ridato speranza e che rappresenta un po’ tutto quello per cui stiamo lottando da tanti anni.

Ci ha raccontato che oggi – almeno tra i suoi coetanei della generazione Z – c’è molta più consapevolezza di cosa è giusto e di cosa non lo sia. Non solo quando si tratta di discriminazioni evidenti e dolose ma anche (cosa più importante) quando qualcuno pronuncia frasi infelici o battute stereotipate con leggerezza. E quando questo accade non cade solo il silenzio ma, anzi, le persone prendono attivamente la parola: “Fermati, stai oltrepassando il limite“.

Far passare una legge che tuteli attivamente e formalmente tutti, e che punisca chi si permette di discriminare gli altri è fondamentale. Non si tratta di libertà di pensiero: si tratta di malafede.

Ma ancor più importante di una legge è il cambiamento di mentalità ciò che serve.

E quello – seppur a piccoli passi ma pieni di speranza – sta già avvenendo.

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