Turismo sostenibile – Un cambio di rotta post Covid-19?


Cosa c’entra il turismo, peraltro sostenibile, con la pandemia di Covid-19 che ha investito il pianeta?

Che fare i conti con un’epidemia abbia cambiato il nostro modo di vivere è lampante agli occhi di chiunque. Abbiamo cambiato ritmo di vita, forse abbiamo iniziato a dare importanza a cose che prima davamo per scontate (o forse no) ma certamente non siamo più gli stessi di due anni fa.

Si vendono più libri – o almeno così spero – si fanno meno viaggi. Ora però il mondo sta riaprendo le sue frontiere, anche grazie ai vaccini: siamo però sicuri di voler tornare alla “normalità” di prima? Non potrebbe valere la pena fare un passo verso un turismo maggiormente sostenibile?

Turismo sostenibile: cos’è?

Ovviamente vi starete chiedendo cosa sia un turismo sostenibile. Al mondo esistono tante e varie definizioni di questo: da quella proposta dalle Nazioni Unite, a quella che piace di più a me: “Il turismo sostenibile è viaggiare a passo d’uomo”.

Cosa significa, vi chiederete? Niente a che fare con l’andare a piedi. O meglio, non solo. Di per sé significa lasciare una traccia non troppo impattante sulla vita di qualcun altro.

Viaggiare lentamente

Chiaramente è sempre preferibile viaggiare il più lentamente possibile, rispettando le realtà che si incontrano lungo il proprio percorso.

L’esperienza del Covid-19 ci ha anche insegnato che un turismo più lento e di conseguenza più sostenibile è possibile: se prima un viaggiatore non si sentiva tale se non aveva visitato i luoghi più remoti dell’Asia, oggi sa (si spera!) che anche dietro casa può trovare affascinanti realtà umane e naturalistiche.

Mucche in alpeggio mentre si riposano

Una mandria di mucche si riposa in alpeggio: un esempio di turismo sostenibile post Covid-19 (Credits: Francesca Raffaghello)

Chiaramente prendere aerei intercontinentali ha un impatto maggiore sul pianeta di quanto non abbia prendere un treno o un traghetto per la Sicilia, per cui sarebbe preferibile evitare di farlo.

Ma quali sono le realtà locali da rispettare ed esaltare a casa nostra?

Viaggio (sostenibile) in Nord Italia…

Ovviamente tutta la nostra penisola è piena di realtà ed eccellenze legate al territorio. Da Nord a Sud possiamo fare fattivamente qualcosa per esaltare le comunità locali.

Se, ad esempio, ci trovassimo in Piemonte e volessimo portare a casa una selezione di formaggi, potrebbe valere la pena fare qualche passo in più, magari in mezzo alle montagne, per raggiungere gli ultimi alpeggi rimasti: lì si lavora al passo con le stagioni e nel pieno rispetto del clima e degli animali.

Sostenere queste realtà è sicuramente preferibile, piuttosto che comprare qualsiasi tipo di formaggio ci venga in mente – magari neppure prodotto sul territorio! – in un qualsiasi supermercato.

…e in Sud Italia

E al Sud? Lo scorso anno ho viaggiato in direzione delle Eolie, un arcipelago dove ho lasciato un pezzetto di cuore. Ovviamente, data la bellezza territoriale, queste isole sono spesso invase dai turisti.

Per i vicoli di Lipari è pieno di “agenzie” o presunte tali che promettono escursioni in giornata per vedere le eruzioni di Stromboli o per fare il “giro delle isole”.

Le isole eolie viste dal Cratere centrale di Vulcano

Le isole Eolie viste dal cratere centrale di Vulcano (Credits: Francesca Raffaghello)

Com’è ovvio partono quotidianamente barche enormi con centinaia di turisti che, incuranti delle realtà locali, corrono alla ricerca del posto più “instagrammabile”. E altrettanto ovviamente vedere Stromboli eruttare è un’esperienza meravigliosa e vale la pena farla.

Ma esiste una alternativa sostenibile? Sì: è sufficiente rivolgersi ai pescatori locali, che d’estate mettono a disposizione le loro barche per non più di una decina di persone e accompagnano i viaggiatori raccontando loro le storie delle isole e dei fondali. Offrendo qualche bicchiere di malvasia, perdipiù.

Esistono viaggi intercontinentali sostenibili?

Quindi è vietato fare viaggi intercontinentali se si vuole bene al nostro pianeta? Chiaramente no, anzi. Dobbiamo, però, ricordarci che il turismo occidentale è portato alla spettacolarizzazione di determinate culture ritenute sufficientemente “esotiche” (e quanti “veri viaggiatori” lo fanno, purtroppo!).

Una donna di etnia Padaung tesse nella sua capanna

Una donna di etnia Padaung tesse nella sua capanna con i tipici anelli al collo (Credits: Francesca Raffaghello)

Vi faccio un esempio: durante un viaggio in Thailandia sono entrata in contatto con le donne Padaung, un’etnia fuggita dal regime birmano anni fa che ha trovato asilo politico nel Nord della Thailandia. Ho conosciuto la loro storia mentre leggevo Farfalle sul Mekong, in treno tra Bangkok e Chiang Mai. Queste donne hanno sempre portato numerosi anelli di ottone su collo, polsi e caviglie e questo le ha rese “particolari” o “interessanti” agli occhi di un turista.

Il governo thailandese questo lo ha capito benissimo. E infatti le obbliga a rimanere in quel villaggio, costringendole a non abbandonare questa tradizione in cambio dello stato di asilo. Ovviamente è una sorta di ricatto, ma il turista che si reca lì per fare due foto non se ne rende minimamente conto.

Essere consapevoli di quanto accade e provare a conoscere realmente queste realtà tribali e, magari, diffondere la loro storia, è il primo passo per raggiungere una sostenibilità anche umana, oltre che ambientale.

Riusciremo mai a essere completamente sostenibili?

Se vi state facendo questa domanda, la risposta è no.

L’unica persona cento per cento sostenibile che conosca è mia zia Teresa, novantasettenne nata e cresciuta a Borghetto di Vara. I suoi viaggi consistono in Borghetto-Genova, Genova-Borghetto – in autostrada da quando l’hanno costruita, prima in treno o a piedi. Mangia solo verdura da lei stessa coltivata, beve vino della sua vite e usa le uova delle sue galline. I suoi vestiti sono autoprodotti, cuciti a mano.

Ma mia zia Teresa è una donna del Novecento. E il Novecento è ormai molto lontano.

+ There are no comments

Aggiungi