Principio di autorità, Galileo e metodo scientifico


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Galileo Galilei, il padre del metodo scientifico

Vi è mai capitato di dire o di sentir dire: “L’hanno detto al telegiornale” oppure “C’è scritto sul libro” o ancora “Se lo dice lui allora è sicuramente vero”? Bene, se vi è successo almeno una volta, allora avete esercitato o subìto il principio di autorità, o ipse dixit.
Per capirne di più, è opportuno in prima battuta comprendere il significato di autorità. Max Weber, sociologo, economista e filosofo del diciannovesimo secolo, distinse tre tipi di autorità: legale, tradizionale, carismatica. Tipologie accomunate da due tratti: la verticalità e la legittimazione.
«Il rapporto non è tra ‘uguali’ e chi è sottoposto all’autorità non la subisce passivamente, ma investe chi la esercita del diritto di farlo in base a qualche principio e convinzione». Questo si legge riguardo la verticalità sull’enciclopedia Treccani, alla voce “principio di autorità”; per quanto riguarda la legittimazione, prosegue con «L’accento posto sulla dimensione della legittimazione consente di distinguere l’autorità da altre forme di potere, prive appunto di tale proprietà».
Quindi  «L’autorità è quella forma di potere che viene esercitato legittimamente, non solo dal punto di vista di chi lo esercita e della società in generale, ma anche di chi lo subisce»[1].

Scorriamo ora un po’ di storia.
Il principio di autorità fu usato inizialmente dai pitagorici per riferirsi a Pitagora, loro massima autorità. Affidandosi completamente a lui, mettevano da parte l’esperienza, la capacità di ragionare e di considerare l’opinione altrui.
Nel Medioevo i due cardini diventarono Aristotele, l’autorità culturale, e la Bibbia, autorità religiosa. Per la Bibbia non ci può essere contraddizione tra scienza e fede, poichè l’oggetto della scienza e la base della fede hanno entrambe origine in Dio. Aristotele è il padre della Logica – ricordiamo il Sillogismo scientifico – e dell’Etica – vedi l’Etica Nicomachea – e proprio nel Medioevo importanti filosofi, come Tommaso d’Aquino e Alberto Magno, approfondirono e svilupparono il suo pensiero, che rimase intoccabilmente alla base.
L’ipse dixit, così inteso, sopravvisse fino al Diciassettesimo secolo, quando venne messo in discussione da Galileo Galilei durante la rivoluzione scientifica. La grandezza di Galileo sta più nell’averci dato un metodo di pensare, che nell’aver formalizzato alcune leggi fisiche. Utilizzando il metodo sperimentale, l’esperienza diretta di ognuno può portare alla spiegazione dei fenomeno fisici, attraverso varie fasi. In questo modo si può dominare il fenomeno in esame: non solo replicarlo ma anche prevederlo; non c’è più bisogno di un’autorità che stabilisca per tutti cosa è giusto e cosa sbagliato: ogni individuo ora può provare o smentire l’idea che gli viene presentata sulla base della sperimentazione, che diventa così la nuova “autorità”. [2]

La scienza è stata la prima delle attività umane a non poter più accettare il principio d’autorità. Più specificatamente, è nata proprio dal rifiuto di questo. «Ogni divergenza di opinione va risolta non in base alla fama dei contendenti, ma in base ai risultati di verifiche sperimentali. In altre parole è la natura l’unico arbitro adatto a rispondere alle questioni scientifiche» [3].

Anche Blaise Pascal denunciò il principio di autorità nelle scienze. Nel Trattato sul vuoto, del 1647, distinse tra due tipi di scienze:

  • alcune, come la storia, la geografia, la giurisprudenza, le lingue e la teologia, in cui «si cerca di sapere soltanto ciò che gli autori hanno scritto»: in queste quindi solo «l’autorità può illuminarci»;
  • altre, come la geometria, l’aritmetica, la musica, la medicina, l’architettura, la fisica, i cui argomenti d’indagine possono passare al vaglio del ragionamento logico e dell’esperienza e nelle quali dunque «l’autorità è inutile»; la conoscenza di questi argomenti migliora nel tempo grazie a continui e sempre nuovi apporti intellettuali e tecnici. Questo vale in particolare per la fisica: anche se le leggi che regolano la natura sono quelle, le conoscenze degli antichi erano limitate, legate alle esperienze che avevano potuto fare e agli strumenti tecnici che possedevano, quindi molto probabilmente migliorabili. [4]

Che cosa ci insegna il rapporto tra principio di autorità e scienza? Principalmente due cose.
Nella scienza si è assistito alla rinuncia del principio di autorità, per passare al principio di responsabilità. Siamo responsabili in prima persona di ciò che facciamo e affermiamo: da un lato la natura con le sua evidenza, dall’altro chiunque voglia e ne abbia le capacità, possono smentire le nostre idee se non riproducibili o dimostrabili. L’errore presente nel principio di autorità non è l’appoggiarsi su qualcosa detto qualcun altro, ma rifiutare qualsiasi alternativa, limitandosi a pensare esclusivamente come l’autorità di riferimento. Non è importante solo il risultato ma anche il modo in cui lo si raggiunge: il principio di responsabilità insegna a pensare.
Inoltre, il metodo con cui si procede richiede creatività nelle ipotesi – il guizzo di genio – ma anche un rigido controllo pubblico. La scienza è pubblica grazie al metodo, e  non può essere altrimenti. Riferendosi a quantità misurabili, razionalmente dimostrabili, deducibili, la scienza permette di controllare pubblicamente le sue affermazioni: anzi, lo richiede affinché vengano validate. Gli esperimenti devono essere ripetibili da tutti, le dimostrazioni realizzabili. Il sapere scientifico non è più elitario, privato, ma di tutti.

Allo stesso tempo, il rifiuto del principio di autorità non deve far entrare in un grottesco circolo vizioso alla San Tommaso. Non è contemplabile che si metta in discussione ogni cosa, sistematicamente come fece Cartesio ne Il discorso sul metodo: siamo pur sempre nani sulle spalle di giganti. Perché passare la vita a verificare ciò che altri già hanno provato, in un eccesso di zelo anti-autoritario? Se tutti avessero ragionato in questo modo staremmo ancora ri-dimostrando i teoremi di Pitagora ed Euclide, e che la Terra è tonda e gira attorno al Sole.
In questo caso paradossale, varrebbe la pena accettare il principio di autorità: faremmo molta, molta meno fatica.

Fonti consultate e citazioni:
[1] Enciclopedia Treccani – Autorità (i virgolettati precedenti si riferiscono tutti a questo documento)
[2] Linkuaggio –  “Ipse dixit”, il principio d’autorità e il suo abbandono: Galileo contro gli aristotelici
[3] torinoscienza.it – Nella scienza non vale il principio d’autorità
[4] online.scuola.zanichelli.it – Nell’indagine fisica non vale l’autorità

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