La rivincita dell’italiano


Devo ammettere che nei momenti morti di queste vacanze estive (che tra lavoro, corsi formativi e impegni vari non sono più degne di essere definite “vacanze”), una delle cose che mi diverte di più è tradurre canzoni famosissime italiane in dialetto romagnolo o, addirittura, comporre lirica sempre nella medesima lingua. Mi sono accorta della stupenda musicalità dell’idioma delle azdòre e sicuramente questo diventerà un punto cardine per la mia poetica.

Te t’am fe ziré te t’am fe ziré cum ca fos ‘na bumboza

(trad. “Tu mi fai girar, tu mi fai girar come fossi una bambola…”)

Poi, riflettendo, c’è una frase che ha continuato a risuonare nella mia testa con molta prepotenza:

“Sinceramente non ascolto musica italiana, non conosco quasi nulla, non mi piace”.

Ho perso il conto di tutte le volte che mi hanno pronunciato davanti al naso queste parole.

E allora, non contenta, e non condividendo tale idea, mi sono chiesta: ci sarà pure qualcosa in cui la lingua italiana sia più apprezzata (o apprezzabile) dell’inglese (lingua per eccellenza della musica moderna/contemporanea)?

E poi… l’illuminazione!

Digito quasi morbosamente nell’apposita casella del motore di ricerca Bring me the sunflower.

E subito compare il risultato al quale ero interessata:

Bring me the sunflower so I can transplant it
here in my own field burned by salt-spray,
so it can show all day to the blue reflection of the sky
the anxiety of its golden face.

Darker things yearn for a clarity,
bodies fade and exhaust themselves in a flood
of colors, as colors do in music. To vanish,
therefore, is the best of all good luck.

Bring me the plant that leads us
where blond transparencies rise up
and life evaporates like an essence;
bring me the sunflower sent mad with light.

L’avete riconosciuta? Non è altro che l’eccelsa poesia di Montale, di cui vi riporto subito la versione originale (quella precedente è una traduzione a cura di Charles Wright):

Portami il girasole ch’io lo trapianti
nel mio terreno bruciato dal salino,
e mostri tutto il giorno agli azzurri specchianti
del cielo l’ansietà del suo volto giallino.
Tendono alla chiarità le cose oscure,
si esauriscono i corpi in un fluire
di tinte: queste in musiche. Svanire
é dunque la ventura delle venture.

Portami tu la pianta che conduce
dove sorgono bionde trasparenze
e vapora la vita quale essenza;
portami il girasole impazzito di luce.

 

Perdonatemi in caso non siate d’accordo con me, ma a mio modesto parere non c’è davvero paragone!

Non vi ho convinti? Allora sfodererò il mio asso nella manica, quello che non lascerà scampo ad opinioni avverse:

And it is sweet to shipwreck in such a sea.

Il verso conclusivo de “L’infinito” di Leopardi, in tutta la sua sublimità:

E il naufragar m’è dolce in questo mare.

 

Mi piacerebbe davvero avere un vostro parere a questo proposito. Sono riuscita nella mia impresa?

2 Comments

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  1. Piccolo Principe

    Sono d’accordo pienamente con quanto ha scritto.

    L’italiano è una lingua straordinaria, capace di dare un unica musicalità alle parole e mettere in luce in un modo unico dei significati, delle sensazioni che l’autore ci vuole trasmettere.

    Tuttavia siamo di fronte a una continua “inglesizzazione” della nostra lingua, legata sicuramente a tutti i grandi cambiamenti in senso di globalizzazione che il nostro mondo sta avendo.

    È purtroppo un percorso obbligato, che non possiamo fermare in ogni modo ( pensi a quanto dell’inglese “tradizionale” o “oxfordiano” sia rimasto nell’uso comune..)

    L’unica cosa che possiamo fare per preservare il nostro italiano, la nostra lingua, la nostra ricchezza in ambito linguistico e fare proprio quello che ha fatto lei con questo suo articolo: farci scoprire, con queste piccole perle, quanto l’italiano ha ancora da regalarci.

  2. Sara Pasini

    Grazie innanzitutto per aver letto così attentamente questo intervento e, soprattutto, sono lieta di constatare che non sono l’unica a pensarla in questo modo!

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