Nimona – Tra allegorie transgender e tecnica sopraffina, storia di un film irresistibile


Cosa sono realmente i mostri? Questa è una delle tante domande che ci vengono poste da Nimona, ultimo progetto ideato dallo studio Blue Sky prima della sua intempestiva chiusura e “salvato” da Netflix e Annapurna.

Qual è stata la strada che ha portato alla sua effettiva realizzazione? E perchè così tante persone hanno lottato affinché questo film ci raggiungesse?

Scopriamolo assieme!

La forza indomabile di Nimona nonostante la fine di Blue Sky Studios

Il 30 giugno, su Netflix, è uscito Nimona, film d’animazione diretto da Troy Quane e Nick Bruno basato sull’omonimo fumetto realizzato da N.D. Stevenson. Nimona è stato originariamente proiettato all’Annecy International Animation Film Festival in Francia, dove ha suscitato fin da subito una reazione assolutamente positiva – riconfermata dalle recensioni favorevoli dei critici e del pubblico generale.

I diritti per un lungometraggio animato di Nimona erano stati acquisiti nel 2015 dalla 20th Century Fox Animation, lasciando la produzione alla Blue Sky Studios, lo studio responsabile per L’era glaciale e Rio.

Delle ipotesi delle varie forme prese da Nimona, tra cui un drago, un gorilla e una balena.

Concept art raffigurante le prime ipotesi di possibili forme di Nimona (Credits: Netflix)

Con una data di rilascio pianificata per il 2020, la produzione iniziò e Nimona prese vita, inizialmente sotto la regia di Patrick Osborne. Nel 2019 però il futuro di Nimona cambiò a causa dell’acquisizione della Fox da parte del colosso Disney. Da lì, continue posticipazioni del progetto e un cambio di regia, col passaggio delle redini a Nick Bruno e Troy Quane.

Il problema è nei contenuti Lgbtq+?

La produzione, sebbene a quanto pare avesse inizialmente riscontrato una forte opposizione ai contenuti Lgbtq+ da parte della Disney, riuscì a continuare, da remoto, durante la pandemia. Tutto però sembrò crollare il 9 febbraio 2021, con la chiusura dei Blue Sky Studios da parte di Disney.

Nimona, che sarebbe dovuto uscire quello stesso anno, si salverà solo grazie alla passione del team che l’aveva curato fino a quel momento, che per salvarlo dalla cancellazione chiedeva aiuto a chiunque li ascoltasse. E, finalmente, qualcuno disposto a credere nel loro progetto e a sostenerlo concretamente è arrivato.

Per salvare Nimona intervegono infatti Annapurna Pictures (in collaborazione con Dneg Animation) e un distributore, ovvero Netflix.

Ma di cosa parla Nimona?

Nimona ci introduce a un futuro medioevale, in un regno controllato da un’istituzione chiamata l’Ente. Lo scopo dell’Ente è formare cavalieri, scelti per la loro nobile discendenza, così da difendere il popolo dai mostri che infestano il mondo al di fuori delle loro mura. Il tutto, sotto lo sguardo attento della Direttrice.

La storia ci presenta quindi Ballister, un uomo una volta ammirato nel regno per essere la prima persona non di origini nobili ad aver ricevuto l’onore di potersi addestrare per diventare cavaliere. Ma Ballister è ora costretto a nascondersi, perché accusato di aver ucciso la Regina durante la sua cerimonia di investitura.

Fotogramma di Nimona, in cui Lombidoro e la direttrice si trovano faccia a faccia con Ballister e Nimona. Lombidoro sta puntando una spada verso i protagonisti.

Lombidoro, forzato a scegliere tra l’uomo che ama e il regno. (Credits: Netflix)

Sarà proprio per il suo status di “cattivo” che verrà approcciato da Nimona, una ragazzina mutaforma che si propone come suo braccio destro. La giovane – dalle tendenze e comportamento molto più caotici rispetto a Ballister, che invece ha ancora fiducia nel sistema – mette fin da subito sottosopra il mondo del cavaliere, fino a fargli mettere in dubbio persino le intenzioni dell’Ente.

Riuscirà Ballister a riconquistare il suo status? E con chi si schiererà Lombidoro, un tempo profondamente innamorato del cavaliere reietto?

La fluidità di Nimona

Nimona ricontestualizza un mondo a noi molto familiare, un richiamo mediovale e fiabesco con cui noi tutti siamo cresciuti. L’inizio del film si rifà apertamente a quest’immaginario, per poi interromperlo bruscamente con l’arrivo del suo personaggio principale, ovvero Nimona.

La mutaforma stona con il resto del mondo per tutto ciò che la caratterizza: dalla sua personalità estremamente animata e diretta ai suoi colori – accesi e intensi, troppo vivaci in un mondo dominato da toni neutri. Quello che il film ci dice dal primo momento in cui vediamo la protagonista di questa storia è che Nimona rappresenta, semplicemente, tutto ciò che questa società odia.

Concept art di Nimona - Ballister abbraccia con affetto Nimona in una strada affollata.

Concept art realizzata per Nimona (Credits: Netflix)

La dinamica tra Ballister e Nimona è quindi, fin da subito, messa alla prova da pregiudizi presenti nella cultura con cui lo stesso Ballister è cresciuto, basata sulla necessità di distruggere qualsiasi cosa difforme che si possa etichettare come mostro. La giovane si dimostra, però, l’unica persona a dimostrare empatia per la situazione del cavaliere. Lui, di contro, anche non da subito, tollera la sua presenza e i suoi metodi a volte immorali.

Un’amicizia basata sull’ascolto

La relazione inizia realmente ad approfondirsi nel momento in cui i due discutono le abilità della giovane, mostrandoci dei momenti di sincerità e delle prime tracce di affetto tra loro – oltre a rivelarci la natura estremanete fluida dell’espressione di Nimona.

In queste scene di dialogo fra i due protagonisti si intravedono un paio di elementi spesso trascurati quando si discute di questi temi: l’importanza di ascoltare le esperienze altrui e di imparare dai propri errori.

Nimona non ha paura di mostrarci l’approccio fin troppo invadente dimostrato da Ballister. E grazie alla schiettezza della mutaforma, anche noi comprendiamo quanto sia indelicato. Ballister si dimostrerà meno diffidente solo qualche scena dopo, quando Nimona spiegherà la sua necessità di trasformarsi al fine di potersi sentire autenticamente se stessa, senza dover temere di deludere le aspettative di nessuno.

La mostruosità del diverso: come Nimona rispecchia una realtà a noi familiare

Non è difficile intuire la chiara allegoria transgender ritrovata in Nimona. Il film di Netflix riesce infatti ad affrontare con empatia questo tema, in passato molto meno ben accolto (quando lo si trattava) nel mondo del cinema mainstream.

Questo argomento era già presente nel fumetto scritto da N.D. Stevenson. Stevenson, allora diciannovenne e alle prese con la propria identità di genere, esprimeva tramite il personaggio di Nimona diverse frustrazioni da lui provate. Dalla pubblicazione del fumetto al film, e con la maturazione personale e artistica di Stevenson, c’è stato un cambiamento nel rapporto dell’autore con questi temi d’identità personale. Questo è percepibile nel film di Nimona, più concentrato sui temi che vuole comunicare piuttosto che sulla rabbia provata dalla sua protagonista.

Per quanto quella rabbia sia ancora presente, è stata in parte sostituita da momenti in cui Nimona esplicita una necessità di connessione con qualcuno che possa capirla, portando a molta più apertura emotiva da parte dei personaggi.

Concept art raffigurante Nimona in tutte le sue forme

Non viene esplicitata l’esistenza di una forma “base”, qualsiasi sua forma é 100% Nimona (Credits: Netflix)

Secondo il mondo in cui Nimona si ritrova a vivere, non sono le sue azioni a renderla un mostro, ma la sua esistenza in sé.

È importante evidenziare che questa è una mentalità che si ritrova molto nelle discussioni che riguardano le varie identità transgender, soprattutto in America. Oltreoceano, negli ultimi anni, si è riscontrato un aumento allarmante di leggi apertamente transfobiche.

Nimona rappresenta sullo schermo il problema di voler controllare l’esistenza di qualcun altro: questi attacchi non risolvono un vero e proprio problema; e peggio ancora, ostracizzano le loro vittime fino a disumanizzarle – non solo nella società, ma anche ai loro stessi occhi.

Con questi cambiamenti viene anche alterato il finale del fumetto (un vero e proprio combattimento finale) decidendo invece di rendere manifesti i sentimenti di Nimona in una scena che lascerà ogni spettatore col fiato sospeso – e probabilmente farà versare qualche lacrima.

Un film impossibile da dimenticare!

Nimona è uno di quei film che non può fare a meno di lasciare un segno sul suo pubblico.

Negli ultimi anni è sempre più difficile trovare progetti in cui si può realmente percepire l’amore che sta al centro di un prodotto finale – soprattutto dopo il loro passaggio attraverso i filtri delle mega-corporazioni che li producono. Questo non è il caso di Nimona, un film che, nello spirito della sua protagonista, non ha paura di dire quello che vuole e di farlo nella maniera più esagerata possibile.

Fotogramma di Nimona in cui vediamo i due protagonisti mentre si stringono la mano - lo sfondo dietro di loro è illuminato da una luce rosa.

Il colore è una parte essenziale del linguaggio ritrovato all’interno di Nimona (Credits: Netflix)

A livello visivo si può intuire l’attenzione ai dettagli impiegata nella produzione di questo lungometraggio. Il linguaggio del fumetto è tradotto con l’utilizzo di pose dinamiche e di personaggi estremamente espressivi. Elementi come la luce e il colore vengono sfruttati al meglio per poter rappresentare l’umore dei protagonisti e il loro rapporto con il mondo che li circonda.

Anche solo dettagli come la stilizzazione dei personaggi o le forme dei riflessi negli occhi dei protagonisti (e come mutano durante il corso del film) dimostrano come Nimona abbia sviluppato un linguaggio visivo tutto suo. E non potrà che lasciare un segno nel futuro del cinema d’animazione.

Secondo la mia opinione, Nimona non dimostra solo un profondo amore per il materiale di partenza e le comunità da cui trae spunto, ma anche un amore per l’arte dell’animazione in sé. Un’espressione artistica sfruttata al suo massimo, creando un prodotto pieno di passione.

E che non ha paura di nascondere il suo cuore.

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