Allucinogeni e salute mentale – Curare la mente con la psicoterapia psichedelica


So che il titolo può sembrare un clickbait e magari un po’ lo è, lo ammetto. Però la psicoterapia psichedelica esiste davvero. Perlomeno a partire dagli anni Novanta.

Quindi di cosa parliamo? La psicoterapia psichedelica è una terapia innovativa, che utilizza sostanze allucinogene in un contesto protetto per alleviare o curare alcuni disturbi mentali. Come potrete immaginare, questa modalità di cura porta con sé un’enorme quota di dubbi, sia dal punto di vista etico che legale.

Cerchiamo quindi di capire di cosa si tratta.

Breve storia degli stupefacenti

L’utilizzo di sostanze psicoattive per alleviare dolori e malesseri è vecchia quanto l’essere umano. Sembra banale dirlo, ma l’uomo ha da sempre utilizzato sostanze provenienti da piante e animali che alterano la coscienza, sia per entrare in contatto con il mondo spirituale sia per fini medici.

Si pensi all’utilizzo delle foglie di coca nella popolazione Inca – utilizzate per rituali sociali o per omaggio ai morti – oppure l’oppio, impiegato come calmante tra gli antichi egizi. Senza andare troppo lontano, la medicina occidentale ha da sempre largamente utilizzato cocaina ed eroina. Molti di voi sapranno, infatti, che la cocaina era un ingrediente fondamentale della Coca-Cola prima dell’arrivo della più innocua caffeina.

Altro esempio è l’eroina, che veniva utilizzata come calmante per soldati e veterani di guerra.

Cerimonie e riti per avvicinarsi allo spirituale hanno sempre fatto parte della storia umana

Cerimonie e riti per avvicinarsi allo spirituale hanno sempre fatto parte della storia umana (Credits: Joshua Newton su Unsplash)

Potremmo dire che la concezione negativa di droga come la intendiamo oggi sia nata solo nel Novecento, quando gli studi scientifici su queste sostanze cominciavano a sottolineare gli effetti negativi, sia medici sia socioeconomici. Si conferma la dipendenza da sostanze e i suoi effetti psicofisici, nonché la sua conseguenza nella società, come il ricorso alla criminalità, povertà, disoccupazione e suicidio.

Si comincia quindi una vera e propria guerra alla droga, il cui simbolo è la legislatura di Ronald Reagan negli Stati Uniti, nel pieno degli anni Ottanta. In Italia, invece, la legislazione che regolamenta gli stupefacenti è arrivata nel 1990, con il testo unico 309/90. Ma di questo parleremo più avanti.

Quello che ci interessa sapere è che a partire dalla metà del Novecento l’uso delle sostanze stupefacenti prende due strade diverse: una è quella del proibizionismo e della stretta regolamentazione, l’altra è quella della ricerca scientifica a fini terapeutici.

Strade che, come immaginerete, spesso entreranno in conflitto.

La psicoterapia psichedelica: le origini

Nei primi anni Quaranta vengono scoperte le proprietà dell’Lsd, che viene subito studiato con i malati terminali, nella cura dell’alcolismo e anche per scopi chemioterapici.

Queste prime ricerche sono promettenti, ma non troppo attendibili. Inoltre, negli anni Sessanta diventa evidente l’effetto negativo non solo delle droghe stimolanti e sedative ma anche di quelle allucinogene, proprio a causa del loro uso poco regolato da parte della controcultura hippy.

A causa di ciò, i governi – soprattutto quello statunitense dove gran parte della ricerca aveva preso piede – cominciano a vietare le sostanze allucinogene, impedendone quindi l’uso nella ricerca scientifica.

La mescalina, una delle sostanze allucinogene indagate dalla psicoterapia psichedelica

La mescalina, una delle sostanze allucinogene indagate dalla psicoterapia psichedelica (Credits: Pretty Drugthings su Unsplash)

La ricerca sul campo diminuisce e diventa sempre più difficoltosa. I ricercatori ricorrono a stratagemmi, quali la scelta di soggetti già utilizzatori di droghe, che però porta diversi problemi metodologici. Insomma, un bel dilemma.

A partire dagli anni Duemila, invece, sembra che la ricerca sulla psicoterapia psichedelica abbia preso di nuovo piede, soprattutto nello studio di Lsd, Mdma, psilocibina, mescalina e ayahuasca – tra tanti – nella cura del disturbo post-traumatico da stress cronico, nella depressione resistente ai farmaci, nell’alcolismo e nelle complicanze ansioso-depressive dei malati terminali. Si è anche creata la Maps (Multidisciplinary Association for Psychedelic Studies) che si occupa proprio del monitoraggio e dell’azione della ricerca in campo psichedelico.

Aspetti etici…

L’utilizzo di queste sostanze chiaramente pone diverse domande di tipo etico. È giusto dare droghe a persone già sofferenti, mettendole a rischio di effetti ancora più negativi e dipendenze?

Domanda legittima, ma se ci pensate sul mercato abbiamo tantissimi farmaci pericolosi che possono creare dipendenza, come gli ansiolitici, gli antidepressivi e gli stimolanti per la cura dell’Adhd e della narcolessia. Abbiamo anche diversi farmaci che portano con sé moltissimi effetti collaterali, come gli anticoncezionali femminili o alcuni medicinali per patologie cardiache. Eppure sono tutti in commercio. Regolamentati e controllati, ovviamente, ma si possono vendere e assumere.

Guerre e traumi terribili sono spesso alla base dei disturbi post-traumatici più gravi e difficilmente curabili

Guerre e traumi terribili sono spesso alla base dei disturbi post-traumatici più gravi e difficilmente curabili (Credits: Duncan Kidd su Unsplash)

L’utilizzo degli allucinogeni, poi, è studiato per persone che resistono a tutti i tipi di trattamento esistenti. Pensate a persone che soffrono di disturbo post-traumatico grave e cronico, oppure di depressione resistente al trattamento. Entrambi i gruppi rischiano seriamente il suicidio. Se l’alternativa è lasciarli al loro destino, spesso infausto, è davvero così terribile la psichedelia?

Altro esempio lo possiamo trovare nelle malattie terminali e degenerative. Già da tempo la cannabis è utilizzata per alleviare il dolore cronico nei malati terminali, nella sclerosi multipla, nelle chemio e radioterapie. Vi sorprenderà sapere che in Italia la cannabis terapeutica è legale e prescrivibile, ovviamente sotto stretta sorveglianza e solo da determinati reparti ospedalieri.

…e inghippi legali della psicoterapia psichedelica

A livello legislativo, ovviamente, l’uso di sostanze psicoattive in medicina è un bel problema. Se la sostanza è vietata, prima di tutto la ricerca non può essere svolta. E senza ricerca, non ci sono prove di efficacia. Ovviamente, la legge può essere cambiata e possono essere fatte delle eccezioni, proprio come la cannabis terapeutica.

Il testo unico sulle sostanze stupefacenti in Italia citato prima, per esempio, gestisce le sostanze illegali in modo particolare. Nella legge, infatti, si specifica che una sostanza è illegale solo se inserita in un elenco periodicamente aggiornato dal Ministero della Salute. Le sostanze inserite nell’elenco, però, non sono tali a causa dei loro effetti negativi. Se essere sostanza tossica equivalesse ad essere illegale, capirete che alcool e tabacco sarebbero le prime della lista.

Rappresentazione grafica del danno fisico e del potenziale di dipendenza di alcune sostanze, legali e illecite

Rappresentazione grafica del danno fisico e del potenziale di dipendenza di alcune sostanze, legali e illecite (Credits: dominio pubblico)

Questa differenza è fondamentale, perché la definizione di droga come sostanza illecita non dipende dal suo effetto negativo come spesso pensiamo. Dipende invece da come viene percepita dalla società di riferimento. E le percezioni, come ben sappiamo, possono cambiare nel tempo.

Alcool e sigarette, per esempio, sono largamente conosciute per i loro effetti negativi sulla salute, sia nel medio sia nel lungo termine. Eppure sono legali. La cannabis, invece, è una sostanza perlopiù illecita, i cui effetti negativi sulla salute sono molto minori di alcool, tabacco e addirittura benzodiazepine.

A che punto siamo?

Vi sorprenderà sapere che l’Fda – l’Agenzia del farmaco americana – potrebbe approvare l’uso dell’Mdma per la cura del disturbo post traumatico da stress entro il 2023. Pare infatti che diversi studi, tra i quali questo è uno dei più recenti, trovino una significativa diminuzione dei sintomi del Ptsd, soprattutto quello complesso e resistente al trattamento.

Queste ricerche hanno non solo misurato l’intensità dei sintomi, ma anche la sicurezza della sostanza e i suoi effetti comparati a quelli di un placebo. Se la sostanza viene utilizzata in modo controllato e a fini terapeutici, sembrerebbe che non ci sia il rischio di sviluppare una dipendenza. Questo sembrerebbe valere anche per pazienti con sintomi più gravi e già dipendenti da alcol o altre sostanze.

Ovviamente siamo ancora agli inizi e c’è tanto da capire. La psicoterapia psichedelica, però, è un esempio interessante di conflitto etica vs scienza. Quanto è lecito utilizzare sostanze psicoattive se questo vuol dire curare persone che resistono a qualsiasi trattamento?

Ai posteri l’ardua sentenza.

Leggi anche:

Si può parlare agli adolescenti di argomenti scomodi?
La percezione dello psicologo, tra bisogni del cittadino e politica – L’indagine dell’Enpap
La relazione tra linguaggio e regolazione emotiva – Il club degli emotivamente confusi

+ Non ci sono commenti

Aggiungi