Si può parlare agli adolescenti di argomenti scomodi?
Ho appena finito di guardare la seconda stagione di 13 su Netflix.
Per chi non la conoscesse, 13 (in inglese 13 Reasons Why) racconta la storia di Hannah Baker, una 17enne californiana che, prima di suicidarsi, registra su 7 audiocassette i 13 motivi del suo gesto. Se i primi episodi possono sembrare una romanticizzazione del suicidio, ben presto scoprirete che non è così. E’ una serie cruda, che non ha paura di mostrare la violenza, l’orrore di una morte scelta e voluta e l’inferno senza fine che lascia in coloro che sopravvivono.
Niente spoiler, tranquilli. Posso comunque dire che vengono affrontati tanti argomenti tabù per gli adolescenti, e in modo sicuramente poco edulcorato: stupro e colpevolizzazione della vittima, abuso di sostanze, suicidio e depressione, senso di colpa del sopravvissuto, bullismo e molto altro.
Al di là di qualsiasi giudizio tecnico sulla serie, una cosa è certa: 13 ha scatenato un bel putiferio.
Chi di voi ha visto la prima stagione saprà come, nelle ultime puntate, ci siano scene esplicite di abuso sessuale e suicidio. La protagonista viene violentata e la telecamera si sofferma sul suo viso, in pieno freezing*, per parecchi secondi. Successivamente, assistiamo al momento del suo suicidio, completo di ritrovamento da parte dei genitori nella vasca da bagno. Sono scene tremende, che io stessa ho faticato a guardare fino in fondo. Nella seconda stagione assistiamo a scene altrettanto orribili (di nuovo, no spoiler).
Tanti, soprattutto genitori e adulti in genere, si sono ribellati.
“Perché far vedere queste cose?”
Perché le droghe esistono. La depressione esiste. Gli stupri avvengono. Anche tra adolescenti. Nascondere e mascherare la realtà e i pericoli che essa cela avrà esattamente l’effetto opposto: volendo proteggerli, li si espone ancora di più al pericolo. Per capire meglio questo concetto, mi spiace, ma dovrete leggervi questo articolo e guardarvi questa puntata di Black Mirror. Ricetta del Dottore, mandatoria.
“Mettono strane idee in testa ai nostri figli“
Su questo ci sarebbe molto da discutere. Prendiamo il caso del suicidio: è stato accertato in letteratura un fenomeno chiamato “effetto Werther“, per cui la diffusione di una notizia di suicidio attraverso i mezzi di comunicazione provoca un aumento significativo di suicidi e tentativi di suicidio. Sembrerebbe, quindi, che venire a sapere di un suicidio effettivamente “metta in testa strane idee” e che quindi sarebbe meglio non parlarne proprio. Pensate al fenomeno della Blue Whale (di cui ho scelto coscientemente di non parlare ai tempi): quanti danni avranno fatto telegiornali e testate online solo per averne parlato?
Il problema sta proprio qui: non è il parlarne in sé che provoca un effetto imitativo (che ricordiamo non esserci solo nei casi di suicidio) ma l’essere esposti a questi episodi in modo crudo, così come sono, quasi in maniera non verbale e non parlarne insieme.
E’ la differenza tra “Sergio si è suicidato” e “Sergio si è suicidato. Parliamone insieme“.
“Meglio non sapere, meglio non vedere“
Fatemi qualche esempio di argomento tabù per cui il silenzio ha aiutato a risolvere il problema.
- No, non parlare di sesso agli adolescenti non diminuisce le gravidanze indesiderate e le malattie sessualmente trasmissibili. Interventi educativi, informativi e di promozione della contraccezione (la classica distribuzione dei preservativi) riducono statisticamente le gravidanze indesiderate**.
- Non parlare di droga e alcol non diminuisce l’uso e abuso in adolescenti e adulti. Ne verranno comunque in contatto. Saper riconoscere cosa si ha davanti può aiutare a fare scelte consapevoli. Ma se penso che quella polverina bianca sia farina?
- Non parlare di depressione e disturbi mentali non diminuisce la loro incidenza.
Anzi.
E’ stato provato e comprovato che informare, parlare, discutere, aprire dibattiti CON gli adolescenti, non solo tra adulti, ha degli effetti concreti. I migliori strumenti di prevenzione che possiamo dare ai ragazzi sono la capacità di ragionamento, la flessibilità di pensiero, la capacità di riconoscere ed esprimere emozioni, l’abilità di interpretare situazioni sociali complesse e di trovare soluzioni alternative ai problemi. E questo si può fare solo dialogando.
DISCLAIMER: davvero, guardate “13 Reasons Why”. MA guardatelo in compagnia di qualcuno con cui discuterne. Guardatelo coi genitori se siete adolescenti, con gli amici o col partner se siete adulti. NON GUARDATE 13 REASONS WHY SE STATE LOTTANDO CONTRO LA DEPRESSIONE, L’AUTOLESIONISMO O IDEE DI SUICIDIO. Cercate aiuto prima.
*Il corpo umano, in quanto animale, in situazioni di pericolo mostra 3 possibili reazioni: “fight, flight or freezing response”. La prima, fight, è la lotta. La seconda, flight, è la fuga. Se nessunadi queste due è possibile, il corpo si immobilizza, e la mente spesso si distacca dal corpo, dando vita ai fenomeni di depersonalizzazione e dissociazione. Se avete mai visto un animale selvatico in mezzo alla strada, immobile, anche di fronte ai fari accesi di una macchina in arrivo, sapete cosa intendo. (Piccolo appunto: di sicuro il gatto immobile non vuole davvero essere investito, giusto? A buon intenditor…)
**Fonte
Per ricevere aiuto:
Telefono Rosa – linea telefonica di emergenza e supporto per donne vittima di violenze, abusi, stupri,…
Samaritans Onlus – numero verde di prevenzione suicidi.
Altro numero verde per la prevenzione suicidi 800180950 attivo dal Lunedì al Venerdì dalle 8.00 alle 20.00 e il Sabato dalle 8.00 alle 13.00
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