Revival d’estate – Alta fedeltà di Nick Hornby


È letteralmente arrivata l’estate.

A pochi giorni dal Solstizio è giunto il momento di cominciare a ragionare concretamente su quella pila di libri che occhieggia dal comodino (o dalla wishlist di Amazon) e la questione è la stessa ogni anno: che libri portare in vacanza?

Con la bella stagione, il caldo e le infradito di gomma le librerie si riempiono di nuovi titoli, ma la mia proposta vi arriverà come un moto in controtendenza: perché non andare a spulciare nella libreria di casa?

Riscopriamo i libri amati e odiati fra l’adolescenza e i vent’anni, riaprendo copertine e soffiando via la polvere da coste magari un po’ ingiallite: chissà che il vostro punto di vista cambi, dopo qualche estate in più.

A voi piacciono le classifiche? A me tutto sommato si; infatti, nella mia personale dei dieci libri preferiti, un posto è riservato ad Alta fedeltà di Nick Hornby (Guanda Edizioni).

E proprio con una classifica inizia il libro e il personale racconto del protagonista Rob Fleming – un insieme compatto di medietà dichiarato – che coinvolge il lettore, interpellandolo in una specie di diario, monologo o atipico flusso di coscienza: la classifica delle cinque più memorabili fregature di tutti i tempi, ovvero, delle sue fidanzate storiche.

L’essere stato piantato dalla sua ragazza, Laura, dà lo spunto a Rob per iniziare a raccontarci il suo punto di vista – del tutto parziale – sulla storia della sua vita Comincia così il lungo processo di elaborazione degli errori commessi e analisi personale che lo porteranno a rincontrare tutte le sue ex ragazze dopo anni di silenzio, riportandolo sempre a quella Laura che tenterà di riconquistare per tutto il libro. Nel mentre ci parla del suo lavoro come proprietario dello scalcagnato negozio di dischi Championship Vinyl, dove passa le giornate con i dipendenti Dick e Barry, elencando Top Five musicali – la musica accompagna tutta la vita di Rob e la narrazione, quasi un metro di giudizio del mondo esterno -. e snobbando i clienti fissati quasi quanto loro.

Rob è il re degli immaturi e l’autore, attraverso la sua storia, dipinge un quadro netto, amaro, ironico e pungente dei trentenni degli anni novanta, della voglia di vivere ma al contempo della paura di crescere e del disincanto di una generazione in contrasto con se stessa, con ciò che desidera e ciò che pensa di poter ottenere.

Credo che chiunque, almeno una volta nella vita, si sia chiesto come Rob, perché tutte le proprie storie d’amore andavano male oppure il perché della sensazione di una vita a rotoli. Ecco perché questo libro mi è piaciuto: in qualche modo la vicenda del protagonista ci consiglia fra le righe di non arenarsi nella comodità del proprio angolino sicuro, ma di mettersi in dubbio, farsi mille domande per cambiare e crescere, e alla fine, comprendere quello che si vuole veramente.

L’appuntamento è al prossimo mese, con un nuovo libro dalla libreria.

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