Snowpiercer e le rivolte di Minneapolis – L’eterno scontro tra le classi


Il 2020 è stato per molti di noi un anno complicato, ma non certo per Bong Joon-ho: dopo gli Oscar ricevuti per il film Parasite e il ritorno nelle sale di Memorie di un assassino, il 25  maggio  è sbarcata su Netflix la serie Snowpiercer. La serie, di cui Bong Joon-ho è produttore, racconta gli eventi precedenti alla rivolta descritta nell’omonimo film del 2013. L’intero universo distopico raccontato è tratto da graphic novel Le Transperceneige (del cui prequel, uscito ieri, i nostri prodi di Fumetti ci parleranno presto!). Il film è disponibile su Amazon Prime.

Snowpiercer: quando anche la glaciazione ti sembra più gentile dell’essere umano

La locandina del film di Snowpiercer

(Credits: Moho Film)

Snowpiercer ha segnato il debutto internazionale del regista coreano, con un cast eccezionale: Chris Evans, Tilda Swinton, Octavia Spencer, Ed Harris e il mai dimenticato John Hurt sono alcuni dei passeggeri del treno/arca che accoglie ciò che resta della popolazione mondiale.

Siamo nel 2031. La Terra sta attraversando una nuova e devastante era glaciale, causata dai tentativi tardi e fallimentari di contrastare il riscaldamento globale. Ciò che resta dell’umanità, viaggia senza sosta su un treno autosufficiente (Snowpiercer, appunto, il bucaneve) in grado di ospitare la vita. Ma il treno non è una salvezza per tutti: nei 18 anni passati a girare intorno a un pianeta congelato, la società all’interno dei vagoni si è ridisposta formando delle classi sociali (una versione cruda del Titanic) a seconda della loro ricchezza. La loro posizione sociale corrisponde alla loro posizione nei vagoni.

Il protagonista, Curtis (Chris Evans), si trova a capo di una rivolta che il Fondo organizza da tanto tempo: l’idea è di risalire il treno fino alla testa e prendere il posto di Wilford (Ed Harris) per migliorare le condizioni di vita della classe inferiore.

La trama non può esaurirsi qui, ma non posso svelarvi oltre senza rovinarvi la tensione, i colpi di scena, gli effetti della violenza di alcune scene sul vostro respiro. Snowpiercer è un film intenso, tecnicamente impeccabile, ma – vi avviso – crudo e non prevedibile. La regia, la sceneggiatura, la fotografia e le interpretazioni degli attori principali sono straordinarie, così come è straordinario il vostro bisogno di camomilla a fine film.

La colonna sonora, inoltre, è stata realizzata da Marco Beltrami. Vero veterano di colonne sonore per film ansiogeni (e di una stagione di Lucifer!), Beltrami ha aiutato a trasformarci tutti in azionisti di maggioranza nella produzione di xanax.

La poetica di Bong Joon-ho: cambiamenti climatici e disparità sociali

snowpiercer

(Credits: Giphy)

Il filo rosso sotteso all’intera poetica del regista coreano è la lotta di classe. Il regista, quando ha scoperto Le Transperceneige è stato subito “affascinato dal carattere straordinariamente cinematografico evocato dal treno”. L’idea di questa Arca iniqua e suddivisa in classi si sposa perfettamente con il messaggio che Bong incide nella mente degli spettatori.

Se in Parasite la divisione era espressa staticamente attraverso espedienti di taglio dell’inquadratura, in Snowpiercer la divisione è data dalla distanza e dalla profondità. I passeggeri non sono tutti uguali e così non sono uguali nemmeno i vagoni che li ospitano. Il treno viene paragonato a un “ecosistema“: i più poveri stanno in fondo a mangiare una gelatina di dubbia provenienza, stipati in un vagone senza il minimo senso di dignità personale, mentre con l’avvicinarsi al vagone di testa cresce lo sfarzo e il comfort dei passeggeri, con sushi e coltivazioni bio a km 0, discoteche, saune e centri benessere. Questo, per salvaguardare l’autosufficienza e l’equilibrio della vita nel treno. Sentite anche voi odore di Orwell?

Sullo sfondo, nominato appena ma chiaro in ogni intensa inquadratura, l’effetto del cambiamento climatico e del danno dell’uomo sull’ambiente. Ma anche questo danno, come le rivolte, non fa che alimentare un cerchio, un eterno ritorno nietzschiano da cui l’uomo non può fuggire ma in cui la natura trova il modo di rinascere. (Se vado oltre è spoiler!)

Il treno come metafora: l’eterno ritorno della società della diseguaglianza

(Credits: Giphy)

Il treno diventa, quindi, una metafora della piramide sociale, salda su una falsa credenza: quella di funzionare per la salvezza di tutti. L’equilibrio utopico in cui tutti devono sottostare perché parte di un ecosistema più grande è la catena che cerca di tenere i meno fortunati nella loro condizione e di non poter aspirare a una vita migliore.

Ha senso, in questa visione, che la rivolta si svolga proprio attraverso la corsa dal fondo alla testa del treno. Se non fosse che il treno viaggia in cerchio, rendendo il viaggio dei protagonisti una metafora della condizione sociale delle classi più sfortunate.

Il regista ha rivelato in un’intervista di aver dovuto studiare uno storyboard accurato per ogni ripresa per via dello spazio limitato all’interno del treno. La cosa su cui ha puntato l’attenzione, però, è stato il movimento della telecamera: sempre nella direzione del treno, sempre nella direzione dei protagonisti. Lo spettatore, quindi, viaggia con i personaggi e con il treno.

Nelle inquadrature, [..] abbiamo girato tenendo la coda del treno a sinistra e il motore del vagone di testa a destra. In questo modo hai sempre la sensazione di andare da sinistra a destra. Puoi notarlo ogni volta che vedi Curtis (Chris Evans) andare verso la testa del treno.  Ho cercato di mantenere questa energia e dare al pubblico la sensazione che ovunque si spostasse la ripresa, lì erano diretti i personaggi “

Le rivolte a Minneapolis, il razzismo sistemico e la coda del treno

Proprio in questi giorni, Minneapolis brucia per le proteste e le rivolte contro la violenza della polizia negli Stati Uniti. L’evento scatenante degli scontri è stata l’uccisione di George Floyd, un afroamericano soffocato dal ginocchio dell’agente che lo ha fermato. Sono anni che il movimento #blacklivesmatter combatte contro il razzismo sistemico e i maltrattamenti che la comunità afroamericana subisce da parte della società. Proprio in un anno così delicato come questo, che vede una pandemia mondiale andare a sommarsi con le elezioni presidenziali americane, la situazione sociale in America sta arrivando ad un tracollo.

Ma ricapitoliamo: il cambiamento climatico, l’umanità rinchiusa e rivolte violente contro l’ingiustizia di una separazione di classe.
Distopico, dite?

 

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