Recensione – Southpaw


  • southpaw_poster_itaUn film di Antoine Fuqua, con Jake Gyllenhaal, Forest Whitaker, Rachel McAdams, Oona Laurence, 50 Cent.

“Believe in Hope”

I film di boxe sono praticamente un genere a sé, il pensiero corre subito ai vari “Rocky” o a “Toro Scatenato” di Martin Scorsese con un immenso De Niro, ma anche a un film poco conosciuto ma non meno appassionante come “Hurricane” con Denzel Washington o alla perfetta scena iniziale di “Omicidio in Diretta” di Brian De Palma: quelli che ho citato si distinguono per la trama classica, la strada verso il titolo scandita dal succedersi degli incontri, e le scelte stilistiche dei registi nel modo di mostrare i combattimenti.

Il nuovo film di Antoine Fuqua non si discosta da questi due elementi caratterizzanti, ma costituisce una valida aggiunta al filone, nonostante la storia del campione che per troppa superbia passa dalle stelle alle stalle, finisce in tragedia ma poi riparte da zero per riscattarsi nella vita agonistica e privata sia ampiamente prevedibile nelle sue fasi.

Billy “The Great” Hope, il pugile mancino campione dei pesi mediomassimi, è ai vertici della propria carriera con una lunga serie di vittorie e nessuna sconfitta, ha una moglie e una figlia amorevoli, una villa da sogno e uno stuolo di manager e sostenitori adoranti, nonostante ciò ha anche maturato l’arroganza del proprio status e non capisce quando è il momento di fermarsi ad apprezzare ciò che la vita gli ha dato; dovrà perdere tutto e ripartire dal basso per riguadagnarsi il rispetto di chi ha intorno.

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Ciò che rende “Southpaw” un film emozionante, oltre alla superba interpretazione del suo protagonista, è la mancanza di retorica sportiva, che avrebbe potuto facilmente rendere stucchevole la rinascita agonistica del campione, e le sequenze di combattimento che per inquadrature, montaggio e coerenza tecnica possono zittire anche il ragazzino più molesto presente in sala, incollandolo all’azione sullo schermo.

Il problema con molte pellicole che andiamo a vedere al cinema è l’eccessiva quantità di informazioni sulla trama che abbiamo già prima di entrare, i principali colpevoli sono i trailer che crudelmente ci mostrano le immagini più salienti e gli snodi narrativi fondamentali, così che spesso ci sembra di aver già capito tutto di un film dopo un solo minuto e mezzo di trailer.

Purtroppo non si salva da questo meccanismo nemmeno “Southpaw”, la cui pubblicità rivelava il colpo di scena che cambia la vita al pugile già molte settimane prima dell’uscita in sala.

Jake Gyllenhaal, che ricordiamo per la propria bravura fin dai tempi di “Donnie Darko” e “Brokeback Mountain”, sa reinventarsi ad ogni ruolo regalando interpretazioni sempre intense, arrivando anche a cambiare radicalmente il proprio aspetto per risultare più convincente, come nel recente “Nightcrawler”; accettando la parte del pugile professionista ha posto davanti a sé una grande sfida, principalmente a livello fisico, dovendosi sottoporre a sei ore di allenamenti al giorno e imparando a boxare senza controfigura, correndo il rischio di non risultare credibile una volta sul ring.

southpaw-ringPoi c’è l’interpretazione vera e propria del personaggio, che inizialmente doveva essere interpretato da Eminem in una specie di sequel di “8 Mile”, particolare che dimentichiamo velocemente vedendo quanto spessore mette Gyllenhaal nel mostrarci un uomo che, al contrario di tanti cliché pugilistici, deve mettere da parte l’istinto e la cattiveria per costruire dentro di sé la disciplina per rialzarsi e cambiare, stupendo tutti.

La drammaticità di alcune scene è forse eccessiva, ma le reazioni di smarrimento e introversione di Gyllenhaal sono così intense che in certi momenti non sembra di star guardando un tizio recitare e perdoniamo anche le sequenze un po’ meno riuscite, che riguardano soprattutto i personaggi secondari.

Ho letto alcuni articoli che, esagerando, mettono l’interpretazione del buon Jake tra le favorite per la corsa agli Oscar, ma credo che la facilità con cui i giornali fanno questo tipo di dichiarazioni sia solo controproducente per gli attori.

A fare da mentore a Billy Hope nel suo percorso di rinascita è Forest Whitaker, nei panni di un allenatore di pugilato in una palestra dei bassifondi, che saprà mostrare all’ex-campione il valore delle persone autentiche che non voltano le spalle alle prime difficoltà.

southpaw-movie-wallpapers-6All’ombra del protagonista, motore della vicenda presente in ogni scena, si stagliano comunque la presenza della moglie Rachel McAdams, del rapper 50 Cent nel ruolo del manager opportunista e soprattutto l’autenticità dell’esordiente Oona Laurence, che interpreta la giovanissima figlia del pugile mostrando già segni di un talento sorprendente.

Il resto dello spettacolo è garantito dal livello tecnico delle riprese, che si avvalgono dei camera-men e della partecipazione dei veri commentatori della boxe del canale HBO, facendo sentire lo spettatore come se in alcuni momenti fosse davanti ad un vero incontro televisivo, per poi portarlo al centro del ring a sfiorare i pugni dei contendenti grazie all’uso delle videocamere a mano.

 

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