4 divertenti inc-cool-8 degli studenti di comunicazione


Questa classifica delle 4 divertenti inc-cool-8 degli studenti di comunicazione è frutto di altrettante segnalazioni o notizie pervenuteci da aspiranti professionisti del settore.
“Solo 4?”, direte voi. Per ora sì. (Un ringraziamento speciale va a Crozza per aver coniato un così perfetto, insospettabile e amabile neologismo).

Gli studenti di comunicazione hanno dovuto affrontare negli anni tante difficoltà: ignorare chi diceva che un professionista della comunicazione fa cose “che la mia copisteria sotto casa per 5€ le fa meglio”; capire la semiotica; cercare di analizzare il senso profondo di raffinate e imperscrutabili pubblicità di VERI comunicatori. Tipo questa.

E quando questi vituperati studenti di comunicazione si affacciano al mondo del lavoro, che succede? Arrivano le inc-cool-8 ovviamente. Che nel loro caso potrebbero essere ribattezzate inc-cool-hate. Vediamo…

– In quarta posizione troviamo “Gli studenti di comunicazione e il super consiglio”.

E’ una storia vera: durante un viaggio da Milano a Bologna tramite BlaBlaCar, lo studente racconta della sua carriera universitaria, dei colloqui infruttuosi, della sua passione e idee, dei sacrifici dei suoi genitori per farlo studiare e di come speri di poter ricompensarli un giorno. Allora l’autista, un commerciale quarantenne, mosso da senso paternalistico gli avrebbe consigliato di bussare a varie porte aziendali, preparandosi bene, producendo magari una presentazione in Power Point da mostrare alle imprese, offrendosi come risorsa… a titolo gratuito, così da far colpo e puntare ad essere assunto a tempo indeterminato, mostrando umiltà e voglia di fare. La vecchia tattica del “Proponi ed impietosisci”.

– Medaglia di bronzo per “La Triste Mietitrice Burocrazia”.

E’ accaduto che un giovane studente fosse selezionato come tirocinante per una onorata azienda per gestire un progetto che sarebbe da lì a poco partito.
I patti furono subito chiari: tirocinio che parte subito, durata 6 mesi, pagato, giorni di lavoro compatibili con le lezioni e gli esami da seguire.
“Beh è fatta”, penserete voi: sì, manca solo… aspettare un mese (e mezzo) per far registrare l’azienda e farla entrare nel circuito delle imprese convenzionate con l’Università e attendere l’approvazione della Consiglio Accademico e poi stampare e compilare l’apposito modulo (che non è pronto e sarà disponibile dopo un mese) e andare al ricevimento del coordinatore del corso di laurea e far firmare il modulo e consegnare il modulo all’Ufficio Tirocini e comunicare tramite mail al tutor universitario che si sta per avviare un tirocinio e poi iniziare. Dopotutto chi si fa aspettare si fa desiderare!

Meme sugli studenti di comunicazione

Un evergreen delle battute sugli studenti di comunicazione

– Al secondo posto arriva “Vi paghiamo in gratitudine e sogni”.

Sembra sia pratica consolidata, in alcune università, quella di accogliere importanti aziende a dialogare con gli studenti e assegnare loro progetti di campagne prodotto e di promozione da sviluppare. Sono lavori complessi, con precise richieste e da concludere in determinate tempistiche.
“Favoloso!”, direte voi, “non potrebbe esistere esercizio più utile e stimolante!”.
Ecco allora il vecchio trucco dell’ “arraffa e scappa”: le aziende sono autorizzate, dall’università ospitante, ad utilizzare liberamente uno o più progetti prodotti dagli studenti, e questo senza rendere loro il minimo riconoscimento economico o lavorativo.
In compenso i giovani comunicatori si saranno arricchiti di una inestimabile esperienza, avranno maturato un incredibile know-how e delle skills davvero preziose. The End.

– Sul podio delle inc-cool-8 degli studenti di comunicazione troviamo “La proposta indecente”.

E’ il caso dell’ offerta di lavoro/scandalo del Servizio Civile Internazionale che ha scosso il mondo degli studenti di comunicazione: a fronte di numerosi ed importanti requisiti, offriva 575€ mensili e 20h settimanali (Nel link l’articolo dettagliato di Giovanna Cosenza).
Non c’è molto da aggiungere, l’offerta parla da sé. Chi dovrebbe far sentire la propria voce sono gli studenti di comunicazione, in grado di rispondere (seppure con l’amarezza nel cuore) a chi pubblica offerte di questo genere, a chi offre tirocini impegnativi senza un rimborso spese: queste aziende ed enti hanno ben chiara l’importanza della comunicazione nell’attività imprenditoriale e sociale a tutti i livelli, ma comunque rimestano nella disperazione da disoccupazione.

Siete studenti di altri corsi di laurea con esperienza di inc-cool-hate?? Inviatecele e ne faremo un ironico (e sostanzialmente inutile) articolo!

3 Comments

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  1. Fabio Pirola

    Quando ho letto che hai definito “offerta/scandalo” quella di cui all’ultimo punto, mi è venuto da ridere.
    Se fate gli schizzinosi per un tirocinio pagato quasi 600 euro al mese, significa che non vi interessa trovare lavoro. 20 ore a settimana per quella cifra è più di quanto generalmente viene offerto a dei tirocinanti, anche con altre lauree più spendibili a livello aziendale. Il vero scandalo è che ci sia gente che invece di accettare queste offerte pensi a lamentarsi… ragazzi sveglia, la vostra utopia del lavoro perfetto pagato bene e stimolante non esiste, e non vi verrà a cercare nessuno per darvela. Vi siete scelti una facoltà che non da lavoro, prendetene atto e non lamentatevi. Non vi ha obbligato nessuno. Sveglia!!!

    • Giovanni Sommavilla

      Mi dispiace che un articolo con una finalità di autoironia sulla “categoria”, di condivisione di scenari grotteschi più o meno comuni a studenti di discipline divere), sia stato interpretato come una levata di scudi di studenti di una disciplina che non ha futuro o mercato (falso), una lamentela di studenti-professionisti pigri (falso).
      Nel punto che, mi pare di capire, sia risultato particolarmente indigesto, bisogna notare che in nessun punto si parla di TIROCINIO, bensì di OFFERTA DI LAVORO, di bando ufficiale del Servizio Civile Internazionale; era quindi lecito aspettarsi un’offerta compatibile con un corpus di competenze ed esperienza richiesti davvero importanti.

  2. Luca Rasponi

    Rispetto ai due scenari che presentate, credo che la verità stia nel mezzo. È vero, Fabio, che che i tirocini sono mediamente pagati quella cifra oraria, ma è anche vero che in questo caso si richiedono requisiti piuttosto specifici, ed è altrettanto vero che – lo dico per esperienza personale – un commesso al Game Stop percepisce lo stesso stipendio per lo stesso monte ore, e non mi sembrano due mansioni paragonabili… qualcosa vorrà pur dire.

    Detto questo, il tuo articolo Giovanni è interessante perché mette giustamente in luce abitudini e pratiche ormai consolidate ma non per questo meno scandalose (il proporsi gratuitamente, l’arraffa-e-scappa…). Cose che derivano in parte dalla situazione economica attuale, ma anche dal fatto che la comunicazione in Italia non è ancora considerata una competenza: se uno sa fare una cosa pensa di saperla anche comunicare, tutti si improvvisano comunicatori con risultati spesso imbarazzanti e riducendo gli spazi, che pure ci sarebbero eccome, per i laureati in Scienze della Comunicazione.

    In questo senso, Fabio, credo sia sbagliato fermarsi al fatto che Comunicazione non dà lavoro: bisogna chiedersi perché, in una società basata sulla comunicazione, chi si occupa di questa materia non trova un’occupazione. Probabilmente perché il nostro mercato del lavoro non è ricettivo e tende a squalificare queste competenze, non perché i giovani comunicatori siano schizzinosi.

    Dico tutto questo sulla base dell’esperienza personale, che mi fa aggiungere: è inutile (forse addirittura controproducente) gridare allo scandalo, in un senso e nell’altro. Che la burocrazia universitaria sia lentissima è arcinoto, bisogna certo continuare a denunciarlo ma non ci si può nemmeno sorprendere se per attivare una convenzione serve del tempo, è da ingenui pensare che in mezza giornata si possa far partire un tirocinio con un’azienda che prima non aveva mai avuto relazioni con l’ateneo.

    Ed è altettanto semplicistico scandalizzarsi e chiuderla lì di fronte a certe offerte di lavoro: può farlo la Cosenza che è una docente affermata, noi probabilmente non ce lo possiamo permettere. Il che non significa “prendere su tutto che è meglio di niente”, significa semplicemente valutare le offerte caso per caso, rifiutando quelle realmente indecenti e accettando quelle che magari non riteniamo completamente eque ma potrebbero aiutarci a fare esperienza, guadagnare qualche soldo o aprirci prospettive per il futuro. E sono valutazioni, al di là delle facili riflessioni sulla “gavetta obbligata in ogni mestiere”, in cui quasi sempre subentrano considerazioni personali, spesso decisive per la decisione (distanza dal luogo di lavoro, situazione affettiva e familiare, compatibilità con il proprio stile di vita, ecc… per la serie: una proposta che per me è accettabile, magari per una altro non lo è).

    Per concludere, io credo sia sbagliato rinchiudersi in un atteggiamento aprioristico e fare considerazioni per partito preso, in un senso e nell’altro. Credo invece si debba accettare con realismo la situazione attuale, rimboccarsi le maniche e darsi da fare ma senza per questo MAI rinunciare alla propria dignità di persona e lavoratore. Se poi vogliamo cambiare le regole del gioco è giusto e io ci sono, ma questo si fa dimostrando prima di tutto buona volontà per smentire chi ci definisce schizzinosi, e poi mettendoci tutti insieme per far valere i nostri diritti con un’azione di sistema, perché purtroppo limitarsi a denunciare non basta.

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