Coordinate Comoventi


[Oggi niente poesia, ma un racconto.]

Erano passati anni da quando la distanza era stata la stessa. Nessuno dei due se lo ricordava più, o forse sì, ma era in un luogo talmente remoto del cervello di entrambi che non sarebbe bastata un’intera vita a tirarlo fuori. Ormai di tempo non ce n’era più, c’era quell’aria, un po’ strana, che avvolgeva tutto quanto – che assomigliava al tempo, dava un’idea di come doveva essere stato allora – , ma non ci credeva più nessuno. In fondo ormai erano passati anni e cosa può resistere davanti al tempo? Nulla.

G. era lì seduto o forse sdraiato a metà fra il sonno e la veglia, sospeso nella sua espressione di “oddioquantosonomaledettamenteannoiatoetriste”.

L. stava facendo l’amore con Unità 15, che, come affermava sempre, era meglio degli altri, un po’ meno fredda, un po’ più umida.

Lo sentirono entrambi, qualcosa era andato in collisione tra il chip di riconoscimento vocale e il frullatore. G. sobbalzò all’urlo di YellowBanana che stava per essere frullata e chiedeva pietà. <<Zitta, stai zitta un po’! Una volta le banane come te mica parlavano>> strascicò, spegnendo il frullatore e mettendo a tacere quello stupido brusio dentro alla testa, quello dei problemi. <<Ora invece abbiamo un rappresentante in parlamento maledetto ubriacone razzista! La mia gente è libera!!!>>.
Banane parlanti, pensò. Tanti problemi e ora abbiamo pure una maledetta banana parlante che scalda il fondo della buccia in parlamento. Il distretto Tintoria 14 era caduto proprio in basso. Ritornò a sedere al suo posto sublimando il mal di testa (ma che era quel maledetto brusio?!) con il rumore del lavaggi a pagamento.

Unità 15 si spense mentre lei stava per raggiungere l’orgasmo. << Maledetta tecnologia! Manco si può fare affidamento più su niente!>> L. si accese una sigaretta stretta tra le dita ossute mentre il cercapersone sibilava all’incirca 82 messaggi a cui rispondere. Ma era il cercapersone a sibilare o la sua testa? A 54 anni gliene fregava il giusto. Prese qualche pillola e andò canticchiando verso la doccia. Sapeva che presto le pillole avrebbero fatto effetto e lei sarebbe potuta tornare alla sua vita.
Si osservò pensosa nello specchio del bagno consapevolmente annoiata dalla sua pelle perfetta, i seni rigogliosi e il sedere scolpito. La chirurgia estetica non la divertiva più, per quello che valevano gli uomini ormai, la bellezza di una donna serviva solo come dichiarazione dei redditi.

Lavatrici, lavatrici e ancora lavatrici. Finito il turno G. se ne andò verso casa con il suo scooter. Casa, sarebbe stato bello chiamarla così se solo ne avesse avuto le sembianze … casa era, comunque, visto che era l’unica disponibile e fornita di tutti i comfort, come asseriva il governo di Tintoria. G. era convinto di essere stato destinato a qualcosa di meglio nella vita e forse per questo era sempre stato,a detta di sua madre, un piagnone lamentoso. G. amava la storia avrebbe voluto essere un principe, un barone, un re. <<sono un Lavandaro invece e me la devo far andar bene>>.
Le rughe si inarcarono e spezzarono quel sorriso malato e divorato dall’apatia e dagli agenti chimici che venivano inalati ogni giorno sul posto di lavoro da qualunque abitante di Tintoria.

<<Senora, senora!!>> Maidforbusiness, la micro cameriera robot con l’accento portoghese le corse dietro afferrandole l’abito <<senora, anno telefonado par lo trabaho ès tuto chiuso oggi senora, niende trabaho>> L. inarcò le sopracciglia. Ci mancava solo questa! Prima quello stupido robot inutile pure per una scopata, poi quei maledetti dipendenti sempre in sciopero! E ora? La sua mente vagò tra le cose possibili da fare.. Shopping, no… film, no… sesso, no… la lista era breve e L. scoprì le nuove noie del cenare sola davanti alla TV. La mente di L. non viaggiò come sempre quella sera; era vuota, vuota dagli impegni lavorativi, vuota dal sesso, vuota dalla voglia di uscire. Ci fu solo quel leggero sibilo che non se ne voleva andare a farle compagnia.
Quando le scese una lacrima, non se ne rese nemmeno conto.

G. e L. nei loro letti a fissare il soffitto. G. e L. insieme nello stesso letto.
Non c’è trucco non c’è magia, una notte sola per dare a due anime una possibilità.
L. stretta tra le braccia di G. che le bacia ogni parte del corpo per riscaldarla per farle sentire ogni nervo , ogni organo vitale. G. che sussurra parole senza senso mentre L. gli accarezza la testa cullandolo dividendo con lui senza parlare ogni sentimento, ogni paura , ogni tensione. Non sono più soli, non sono più inutili.

Domani si ricordarono. Si ricordarono che c’era qualcuno, da qualche parte, su una stessa coordinata comovente ad aspettare il ritorno di un’anima a metà.

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