Il pessimismo latente di Souvenir dall’impero dell’atomo


Copertina di Souvenir dell'impero dell'atomo

È il 2013 e all’Utopiales di Nantes viene meritatamente premiato come miglior fumetto fantascientifico un graphic novel estremamente particolare: si tratta di Souvenir dell’impero dell’atomo di Thierry Smolderen e Alexandre Clérisse.

La Trama

Il protagonista è Paul Linebarger, omonimo dello scrittore di fantascienza americano degli anni ‘50 e scrittore di fantascienza a sua volta, che apparentemente è un tranquillo impiegato del Pentagono.
In realtà è da quando ha dodici anni che l’uomo ora combatte, ora asseconda, quella che pare essere una fastidiosa ossessione: è convinto, infatti (e forse ha pure ragione) di essere in contatto telepatico con Zarth Arn, grande condottiero dell’Impero delle Stelle che vive nientemeno che 121000 anni nel futuro, e che ha chiesto il suo aiuto per ricostruire la “storia della saga umana nella galassia”, in gran parte dimenticata dai suoi contemporanei.
Naturalmente nessuno prende Paul sul serio, anche se il nuovo consulente del Pentagono Gibbon Zelbub vede in questi voli pindarici una opportunità per concretizzare i suoi loschi piani…

Un memory narrativo

La storia è un continuo avanzare e retrocedere, sospesi tra il sogno e la ragione, nei meandri della mente umana. La narrazione volutamente disordinata rappresenta i sedimenti di ricordi che si accumulano nella nostra testa, prontamente paragonati al gioco del memory, dove ogni carta deve essere coperta e scoperta più volte prima di riuscire ad essere incastrata in un sensato sistema di coppie.

Lo spirito della Atomic AgeUna tavola del fumetto Souvenir dell'impero dell'atomo

Il volume è un grande tributo alla Atomic Age, a partire dall’estetica.
Il benessere e la positività degli anni 50’-60’ hanno proiettato le persone verso un futuro sfavillante e apparentemente vicinissimo, e l’omologazione della società di massa ha fatto sì che il design che oggi chiamiamo retro-futurista contaminasse ogni campo artistico-tecnico: dalla moda, all’arredamento, all’architettura.
Si diffonde la pop-art, si leggono i fumetti di Flash Gordon, si guardano alla TV i cartoni animati della UPA e gli episodi di Ai confini della realtà.
Nelle sue raffinate tavole di rara bellezza formale Clérisse non si fa sfuggire nulla di tutto questo, creando continue sorprese visive che trasudano lo spirito dell’epoca.

Un lieto fine?

Anche questa età alla quale tutti guardano con simpatia e nostalgia, però, dietro ai suoi colori saturi nasconde dei lati oscuri. Il clima paranoico della guerra fredda, per esempio, che si traduce nell’idea che la chiave per il progresso sia il controllo della mente delle persone. Ma anche il tema dell’ossessione, che dagli anni ‘50 ad oggi si è insinuata nella società come un cancro incurabile, al quale si affianca quello del fallimento della psicanalisi: lo psichiatra di Paul, dopo avere tentato di razionalizzare la nevrosi del protagonista collegandola ad un vecchio trauma sessuale, si convince invece della realtà della sua esperienza telepatica. Nel grande memory che è la vita, sembra dirci Smolderen, non ha senso cercare una logica.
E infine, presentato in modo sottile ma percepibile, c’è il consumismo, il culto dell’oggetto che porta al decadimento dei valori morali, alla spersonalizzazione dell’individuo, alla perdita dell’empatia.
L’impero dell’atomo fallisce prima ancora di esistere davvero, lo sappiamo fin dalla prima frase del libro, e quindi Zelbub non può essere il capro espiatorio per questo lento scivolare della società in un nuovo medioevo ellenico, del quale Zarth Arn e Paul cercano le tracce nei vecchi archivi.

Il fumetto sembrerebbe avere un lieto fine, ma è davvero così?

Una vignetta del fumetto souvenir dell'impero dell'atomo

Il fumetto è disponibile presso lo store Bao Publishing a questo link.

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