Dall’idea alla stampa, scopriamo come si fa un fumetto (e quanta gente potrebbe averci lavorato!)


La produzione di un fumetto è per molti un processo sconosciuto, quasi scontato nella sua presupposta semplicità. Ma come si fa un fumetto, nella pratica? È semplice e spontaneo come disegnare? O un’impresa titanica per pochi eletti?

È proprio questo che cercheremo di scoprire insieme oggi.

Come si fa un fumetto – Dietro ogni storia c’è una grande idea

Ogni fumetto nasce da un’idea. Che sia una storia d’amore o un’odissea spaziale, tutto parte da un intuizione che guida l’autore a definire il progetto e a svilupparne i temi, diventando il vero e proprio cuore dell’opera.

È proprio questo il fattore principale nello stabilire il futuro del proprio fumetto. E, d’altro canto, una storia può avere uno stile e tavole stupefacenti, ma se la storia che accompagna i disegni non è avvincente potrebbe non essere abbastanza per convincere i suoi lettori.

concept art di snotgirl, realizzata da Leslie Hung

Concept art per vari costumi dei personaggi di Snotgirl realizzata da Leslie Hung, co-creatrice e artista della serie (Credits: Edizioni BD)

Solo una volta che si ha un’idea di cui si è soddisfatti si può iniziare a sviluppare un’outline della storia del proprio fumetto.

L’outline prende forma

Solitamente lo sviluppo dell’outline comincia definendo il “viaggio” che si vuole far intraprendere ai propri personaggi – che sia letterale o metaforico. È sempre durante questa fase che si iniziano a ipotizzare i primi concept per possibili personaggi e ambienti, definendo uno stile grafico che possa accompagnare con armonia la storia – sia nel caso che l’autore e l’artista siano ruoli svolti da persone diverse, che in quello in cui siano riuniti in un’unica figura.

Una volta che si sono definiti questi elementi, la parte scritta e grafica vengono unite definitivamente tramite le fasi di sceneggiatura e layout.

Molti non sanno che la maggior parte dei fumetti hanno, infatti, una vera e propria sceneggiatura, in cui vengono sviluppati dialoghi e indicazioni per le tavole e un progetto per le azioni dei personaggi e la prospettiva da utlizzare. Questo potrebbe sembrare necessario solo per chi lavora in collaborazione, ma è in realtà un metodo utile per organizzare la divisione dei dialoghi e delle tavole del proprio fumetto anche per chi lavora in solitario.

Il lavoro sporco (d’inchiostro) – Come l’artista porta in vita una storia

Tutto questo è seguito dalla realizzazione del layout. Si tratta di uno studio grafico delle tavole, utile a posizionare i volumi e movimenti che si vogliono rappresentare nel proprio fumetto tramite ingombri non ancora definiti.

Questa fase si manifesta anche nella realizzazione delle thumbnail. Ricordiamo in particolare quelle realizzate da Alan Moore per Dave Gibbons in Watchmen, in cui si studia più la distribuzione delle vignette nelle diverse pagine.

Layout di Watchmen, serie di Alan Moore e Dave Gibbons. Il layout è una part essenziale quando si tratta di come si fa un fumetto e i lavori di Moore e Gibbons ne sono un buon esempio.

Layout di Watchmen, la nota serie di Alan Moore e Dave Gibbons, fondamentale per capire come si fa un fumetto (Credits: DC Comics)

Un layout potrebbe quindi essere paragonabile a quello che nella cinematografia è chiamato uno storyboard. Insomma, è una sorta di pre-visualizzazione del progetto finale, aperto però a eventuali cambiamenti. Quando si crea un fumetto in questa fase è normale collaborare con un editor per revisionare il lavoro prima di passare alla realizzazione della fase successiva.

I disegni definitivi sono una delle fasi meno prestabilite nella realizzazione di un fumetto. Secondo il metodo classico, è una parte che andrebbe divisa in matite, inchiostrazione e colorazione. Anche in questo caso, ognuno di questi compiti potrebbe essere svolto da un’artista diverso, come spesso avviene nella realizzazione di fumetti supereroistici.

Una nota a parte: i retini

Nella produzione giapponese si aggiunge un ulteriore elemento: i retini. Con questo termine nel fumetto si intende l’uso di sottili fogli a pallini di diverse dimensioni tramite i quali si può creare l’illusione di sfumature in un lavoro realizzato interamente in bianco e nero.

Dettaglio preso dal primo volume di Kakegurui, serie di Homura Kawamoto e Toru Naomura, in cui si può notare l’uso dei retini (Credits: J-Pop)

È importante capire che matite, inchiostrazione e colorazione sono fasi che ovviamente possono cambiare e mischiarsi tra loro appena ci si allontana dalla tecnica a inchiostro. Ogni artista sviluppa infatti il proprio processo creativo in base alla tecnica scelta e alle proprie abitudini nella realizzazione delle tavole. C’è sempre spazio per la sperimentazione, quindi, quando si fa un fumetto.

Ormai, grazie all’introduzione di software d’arte digitale, da qualche anno la colorazione è sempre più spesso realizzata direttamente su schermo. E lo stesso (anche se meno comune) vale per l’inchiostrazione. Ridefinire certi colori o correggere alcuni tratti tramite un intervento in digitale può comunque aiutare e semplificare la rifinitura della propria opera.

Come si fa un fumetto? È questione di carattere! Nel senso del font

Come si trasforma, poi, questa sequenza di illustrazioni in un vero e proprio fumetto?

Una volta realizzati (e approvati) i disegni definitivi, si passa al processo di lettering, con il quale si indica l’aggiunta dei dialoghi e testi all’interno del fumetto. Questa fase può sembrare banale ma per convincervi della sua importanza mi basta chiedervi di immaginare come sarebbe leggere un volume di Akira se l’unico font utilizzato fosse il Comic Sans.

Esempio di thumbnail preliminarie realizzate per Scott Pilgrim in modo da visualizzare l'impatto visivo delle vignette.

Thumbnail preliminarie realizzate da Bryan Lee O’Malley per il suo fumetto Scott Pilgrim. (Credits: Bryan Lee O’Malley – @radiomaru su instagram)

Il font scelto comunica tono e personalità dell’opera, ed è quindi un passaggio importantissimo. Molti fumettisti scelgono addirittura di creare un font basato sulla propria calligrafia per dare un aspetto ancora più personale al proprio fumetto, come si può vedere ad esempio nei fumetti di Zerocalcare.

Il font nel fumetto è insomma un elemento da non sottovalutare. E, se possibile, da sfruttare a proprio vantaggio.

La parola all’editore

È arrivato infine il momento di mandare tutto al proprio editore – il quale non vi risparmierà diverse correzioni. Questo, ovviamente, a meno che abbiate scelto la strada alternativa, ma pur sempre valida, dell’autoproduzione.

A questo punto che vi renderete conto che vi manca ancora qualcosa: una copertina.

Sceneggiatura per una scena del fumetto il principe e la sarta di jen wang

Esempio di sceneggiatura con una prima bozza delle thumbnail realizzata per Il principe e la sarta, di Jen Wang (Credits: Bao Publishing)

Nella copertina l’artista si può sbizzarrire al fine di creare qualcosa che catturi lo sguardo di un futuro lettore e rappresenti il volume al suo meglio.

A volte la coperina non è realizzata dallo stesso autore che ha disegnato il fumetto. Talvolta è commissionata a un artista diverso, come potete notare spesso in brossurati della Marvel o della Dc – o, per restare in Italia, nelle copertine di Dylan Dog firmate Angelo Stano. Da non dimenticare poi il fenomeno delle variant, ovvero la possibilità di collezionare lo stesso fumetto con copertine diverse, di solito realizzate da vari illustratori.

Una volta approvato un layout e realizzata la propria copertina, non rimane che scegliere un font che renda onore al titolo scelto. E ovviamente far sì che l’impaginazione sia adatta alla stampa o alla piattaforma online a cui è destinato, com’è il caso per molti webcomic.

Non c’è una sola ricetta per realizzare un fumetto!

Non c’è una formula esatta che indica come si fa un fumetto. Ogni produzione può avere milioni di variabili, e sarebbe impossibile elencarle tutte.

Spero però che conoscere alcuni dei metodi più diffusi nella sua produzione possa spingere più di qualche qualche lettore ad apprezzare questi lavori sotto un nuovo punto di vista. Riconoscere il lavoro di figure non sempre note ai lettori – come inchiostratori o coloristi, parte integrante nella catena di produzione di molte delle nostre serie più amate – forse può addirittura farci apprezzare di più il volume che stringiamo tra le mani.

E cambiare la nostra visione sull’industria del fumetto, ricca di storia e tradizioni, tramandate tramite le sue tecniche.

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