Recensioni – Ritorno alla Vita


recensione ritorno alla vita - locandinaRecensione di Ritorno alla Vita 

di Wim Wenders, con James Franco, Charlotte Gainsbourg, Rachel McAdams, Robert Naylor, Marie-Josèe Croze, Patrick Bachau. 

Tomas (James Franco) è uno scrittore in cerca (disperata) di ispirazione, la cui crisi creativa ha reso difficile anche il rapporto con la fidanzata Sara(Rachel McAdams,). Una sera di inverno, Tomas è alla guida in mezzo alla neve, quando lo slittino di due bambini gli si para davanti. Tomas frena ma è troppo tardi (..)

Lo scorso anno il maestro Wim Wenders ci aveva regalato il bellissimo documentario Il Sale della Terra,  un gioiellino in cui il regista tedesco era riuscito a racchiudere la poetica dell’intera carriera del fotografo Sebastião Salgado, lasciandoci incantati e sconvolti attraverso incredibili fotografie e terribili verità sulla vita e la guerra. 

Con Ritorno alla vita Wenders  riprende invece la strada del  cinema narrativo,  a sette anni da Palermo Shooting, ma anche quella delle tre dimensioni. In Pina 3D (2011), il regista tedesco si era posto in netto distacco lo spettacolo hollywodiano: le tre dimensioni di Wenders esistono non per rendere l’azione memorabile ma per far emergere dallo schermo l’interiorità. In Ritorno alla vita quest’attitudine al 3D non viene meno e anzi forse viene portata all’estremo: l’azione è praticamente assente, mentre vediamo James Franco venire lentamente divorato dall’angoscia per ciò che ha commesso.

La parola chiave però è proprio” lentamente”: il ritmo del film è dilatato al limite della noia, mentre l’emozione che dovrebbe emergerne fatica a passare. Ritorno alla Vita assomiglia più ad uno studio formalmente accurato sulle potenzialità della cinepresa che ad una dolorosa poetica del rimorso.  Non mancano certo gli spunti interessanti: non ultimo, l’effetto ristoratore che il trauma può avere sulla creatività, tanto spesso ignorato nella contemporanea retorica della felicità.

Non si può nemmeno dire che la freddezza non sia ricercata volontariamente da Wenders: ne è significativo il personaggio di Tomas la cui chiusura in sè stesso si legge prima di tutto sul volto , per una volta rigido e poco espressivo, di James Franco.  La sceneggiatura di Bjorn Olaf Johannessen è raffinata, forse troppo: il linguaggio dei personaggi ha un che di classico, lontano dalla vita reale. Anche le ambientazioni, complice l’inverno iniziale, sembrano sospese, prive di una collocazione nel tempo e nello spazio, come fossero paesaggi interiori. Tutta questa freddezza ricercata, però alla fine costa cara:  i personaggi secondari risultano piatti ( su tutti Ann/Marie Josè Croze), lo scorrere del tempo non trova una vera e propria logica e la risoluzione del dolore di Tomas non convince fino in fondo.

Alla fine di Ritorno alla Vita, dopo un buon caffè, ci si chiede cosa sia mancato: forse il giusto ritmo, forse il gusto per la sperimentazione formale. E tuttavia non ci si può esimere: il maestro Wim Wenders va sempre visto.

 

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