Recensione – The Hurt Locker


the hurt locker posterThe Hurt Locker. Un film di Kathryn Bigelow con Jeremy Renner , Anthony Mackie, Ralph Finnies, Guy Pearce.

Che Kathryn Bigelow non ami essere banale o scontata lo si sapeva già dall’epoca di Strange Days (1994) in cui raccontava, in collaborazione con l’allora marito James Cameron e con un utilizzo totalmente particolare delle immagini e delle inquadrature, la storia di un “venditore di sogni” e suscitava in noi domande scomode sul significato dell’invidia e del desiderio.

Nel 2010 il matrimonio con Cameron è finito e anche la loro collaborazione, ma i due si ritroveranno, questa volta rivali, sul tappeto rosso degli Oscar: l’Avatar di Cameron, il favorito, contro The Hurt Locker della Bigelow. Ed è proprio il secondo a conquistare la statuetta come miglior film e a far diventare la Bigelow la prima regista donna ad aver vinto un Oscar per la regia.

La trama è semplicissima. Siamo in Iraq, ma potremmo essere in qualunque altro luogo dell’universo, in qualunque altra guerra attuale. Una squadra speciale di artificieri e sminatori si ritrova, a poco più di un mese dal rientro a casa, senza il loro artificiere capo (Guy Pearce) finito nella “cassetta del dolore”, una “hurt locker” appunto (viene chiamata così la scatola in cui vengono chiusi i corpi dei soldati caduti per essere riportati in patria), e viene raggiunta dal sergente William James (Jeremy Renner), un giovane soldato così esperto nel suo lavoro da aver disinnescato più di 800 ordigni. Will ha un carattere irruento e con un’apparente assenza di paura della morte perciò si scontra immediatamente con i suoi due colleghi che trovano i suoi atteggiamenti folli e sconsiderati.

Il film non aggiunge altro alla trama e si ripete, giorno dopo giorno, mostrandoci missioni sempre simili e diverse tra loro, in cui i tre soldati devono disinnescare ordigni o verificare se i danni possano o meno essere stati causati da attentati kamikaze.

Questo perché, più che un film vero e proprio, The Hurt Locker è un ibrido tra un film ed un documentario segnato, pertanto, da inquadrature alternate tra primissimi piani e riprese panoramiche, un ritmo lento ed una visione totalmente oggettiva degli eventi. Scena emblematica di tutto ciò è l’appostamento tra le dune del deserto dove la squadra di James ed un altro gruppo di soldati vengono attaccati. La Bigelow ci mostra i soldati, completamente immobili per ore sotto il sole, in attesa di essere certi che il nemico sia davvero stato sconfitto.

La caratteristica principale di The Hurt Locker è proprio il suo essere al contempo un film, un documentario, un articolo di giornale, un diario di guerra tutto senza mai prendere una posizione sulla legittimità o meno della presenza statunitense in Iraq o sulla guerra in sé. Non a caso la sceneggiatura è stata scritta dal Giornalista Mark Boal che aveva vissuto alcune settimane accanto ad una squadra speciale di artificieri e, prima di trasformarla in film, ne aveva tratto un articolo intitolato The Man in the Bomb Suit. 

Ciò che il film vuole rappresentare non è la guerra ma, piuttosto, le ripercussioni psicologiche che, la guerra, porta in determinate tipologie di soldati. Da un lato vediamo il collega di James, lo specialista Owen Eldridge, entrare in depressione e pensare continuamente che potrebbe morire in ogni istante, dall’altro, invece, la reazione del sergente James è quella di continuare a lanciarsi in situazioni sempre più pericolose e viverle come se non avesse nulla da perdere. Perché, come dice la premessa stessa del film riprendendo una frase di Chris Edhar, “La furia della battaglia provoca dipendenza totale, perché la guerra è una droga”.

hqdefaultNon c’è nulla di più vero.

E Will lo realizza appieno quando, tornato finalmente a casa, si ritrova in un supermercato, davanti ad una parete intera di cereali e capisce che c’è solo una cosa al mondo che ormai ama: l’adrenalina.

The Hurt Locker è un film particolare, che, come dicevamo, non dà opinioni o punti di vista. Non ci sono buoni o cattivi, tutti possono essere il nemico, anche le ombre, e al tempo stesso i personaggi che ruotano intorno alla storia ed alla squadra speciale di Will sono piatti, sono ombre, osservatori, pubblico a seconda di come noi li vediamo.

The Hurt Locker non dà risposte, ognuno le ha già da sé, ma pone moltissime domande la più importante delle quali è, forse: “Qual e il nostro limite?”

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