Maria Montessori – Un nome, una leggenda, una banconota


Il 31 agosto 1870 nasceva a Chiaravalle la donna che rivoluzionò il mondo dell’infanzia, Maria Montessori. A 150 anni dalla sua nascita possiamo dire di conoscerla bene, di sapere cosa fece realmente? Un tuffo nella sua vita e una considerazione sul Metodo Montessori in occasione della riapertura delle scuole al tempo del Covid-19.

Artwork con Maria Montessori che indossa una mascherina chirurgica

Maria Montessori con mascherina chirurgica (Credits: Carola Astuni)

Il primo incontro con Maria Montessori

Quando andavo alle elementari, le suore davano la possibilità di mangiare focaccia calda a merenda: bisognava prenotarsi la mattina, 500 lire metà focaccina, mille lire la succulenta, la Prelibata: la più ambita, intera.

(Cioè quella che mi faceva arrivare a pranzo senza che volessi sbranarmi il banco)

Sulle mille lire, per chi si ricorda bene, c’era stampata una cara vecchina dal dolce sorriso: io la adoravo, perché mi permetteva di saziare il mio – già di allora – imponente appetito.

All’epoca non potevo immaginare che quella adorabile nonnina sarebbe diventata, a periodi intermittenti, la mia nemesi e il mio grande amore: Maria Montessori.

Maria Montessori nei racconti di nonna Nini

Mia nonna Nini, quando ero piccola, mi ha sempre narrato le vite di personaggi storici e, un giorno, nell’elenco dei suoi racconti, ha fatto capolino anche lei. Io, sinceramente, nonostante la sua storia fosse senza dubbio interessante, ero rimasta focalizzata sulle mille lire e la Prelibata. Sì, Maria: grazie per aver inventato i banchi a misura di bambino, ma a me interessava magna’.

Nel frattempo, passano gli anni: Maria rimane chiusa in un angoletto della mia memoria, senza che me ne debba servire. Arrivano gli euro e quel sorriso della dolce nonnina finirà in qualche teca a prendere polvere: niente più merende per te, cara mia. A scuola si continuava a parlare dell’Odissea, delle Rivoluzioni francese e russa.

Ma di Maria Montessori, no. Nemmeno un cenno.

Arrivata all’Università, tuttavia, ho recuperato il tempo perso: soprattutto quando ho scelto di iscrivermi al corso di specializzazione didattica sul suo famoso Metodo.

Una donna, una leggenda… un incubo (in senso buono)!

Ed è lì che Maria Montessori è diventata il mio incubo pedagogico. Come ha potuto una sola donna fare quello che ha fatto lei, nell’epoca in cui è vissuta? I suoi studi risalgono a più di un secolo fa, ma sono sempre stati proiettati al futuro, troppo avanti con i tempi. E brava Maria.

[Nb: mi permetto di chiamare la dottoressa Montessori col nome di battesimo non perché non la consideri degna di titolo. Studiandola così tanto, ho imprecato contro di lei così tante volte che ora la vedo come parte della mia famiglia pedagogica, che veglia su di me e sul mio operato. Insomma, lei non lo sa ufficialmente, ma confido nella sua approvazione]

Approfondendo la sua vita, in particolare, non si può fare a meno di sentirsi piccoli e inutili. Il suo charme, il suo pensiero e la sua intelligenza sono arrivati a farsi conoscere in ogni angolo della Terra, senza che YouTube o Instagram le siano certo venuti incontro.

Ma, soprattutto, il suo metodo scientifico ha rivoluzionato la visione che il mondo aveva dell’infanzia.

Il metodo Montessori oggi

Perché, oggi, siamo tornati a parlare di lei? Una moda, un vezzo o una tendenza? Lettino Montessori, giochi educativi Montessori, disposizione Montessori, materiali Montessori e così avanti all’infinito.

Ma alla fine: sappiamo chi è veramente questa fantomatica, discussa, amata e criticata Montessori?

La prima cosa che ho imparato studiando i suoi lavori, è che Maria Montessori era tutto, tranne che una dolce nonnina (le mille lire traevano in inganno). Se fosse stata un angelo del focolare, una donna remissiva e obbediente, nella sua lunga vita non avrebbe combinato proprio un fico secco!

Questa straordinaria donna è nata in un’epoca storica in cui all’universo femminile della classe medio-alta, della quale la sua famiglia faceva parte, era solamente consentito conversare in salotto di maglia e uncinetto, imparare il pianoforte e il francese, sposarsi e procreare a tempo debito. STOP.

Il massimo dell’ambizione per una donna era convolare a nozze con un buon partito e dargli degli eredi – possibilmente maschi – che portassero avanti gli affari di famiglia. Figli di cui, spesso, nemmeno ci si occupava direttamente: grazie, care balie.

Maria, da bambina, era stata più volte bocciata a scuola. Trovava poco produttivo studiare a memoria senza comprendere, così veniva vista come un’allieva svogliata e poco incline allo studio. La stessa che, a distanza di pochi anni, divenne fra le prime donne medico in Italia: ebbene sì, Maria Montessori, la bambina ribelle che non voleva piegarsi allo studio puramente mnemonico, si laureò in medicina.

Un dramma di coscienza

Il suo non fu un percorso semplice. Maria era spesso divisa fra l’ambizione di far carriera e l’educazione borghese con la quale era cresciuta: chiamiamolo un “dramma di coscienza”. Incastrata nella dicotomia della “giovane di buona famiglia-progressista”, Maria Montessori riuscì a diventare medico. Si specializzò in psichiatria e si avvicinò al mondo dell’infanzia quando ebbe modo di entrare in un manicomio, dove si trovavano – letteralmente – rinchiusi bambini, anche piccolissimi. Figli di persone instabili, bimbi nati solo in estrema povertà, altri semplicemente con problemi di socialità: tutti sbattuti in una cella, senza distinzione alcuna, e cresciuti nel disagio delle malattie psichiche degli adulti.

E se fosse stato l’ambiente a creare quei disagi da loro manifestati?

Maria Montessori rappresentata come una femminista sulle mille lire

Maria Montessori in versione femminista sulle mille lire (Credits: Carola Astuni)

Maria Montessori fu, inoltre, col suo esempio di donna in carriera, una delle prime militanti femministe: venne invitata a parlare al Congresso di Berlino del 1896, organizzato dall’International Council of Women sui diritti femminili, in cui sostenne che le donne dovevano avere accesso allo stesso trattamento salariale degli uomini. Una visionaria, se consideriamo che (passato più di un secolo) siamo ancora qui a parlare delle stesse cose.

Si legò sentimentalmente al suo mentore, Giuseppe Montesano, dal quale ebbe un figlio in gran segreto, Mario. Non si sposò col padre del bambino e fece allevare Mario da una famiglia di fattori. Può sembrare una scelta senza cuore, ma bisogna sempre considerare il momento storico in cui visse: se avesse scelto di tenere il bambino con sé, un figlio bastardo, non avrebbe potuto proseguire con le sue lotte nel mondo scientifico. Nessuno glielo avrebbe mai perdonato. Nessuno si sarebbe mai fatto visitare da una donna del genere. Nessuno avrebbe mai preso seriamente le sue scoperte e considerazioni.

Il distacco dal figlio, tuttavia, fu per Maria Montessori un motivo di profondo dolore che l’accompagnò negli anni successivi, fino a quando non riuscì a riprenderlo con sé.

La nascita del Metodo Montessori

Il suo è stato un lavoro mastodontico, geniale. Le ci sono voluti anni di osservazione. Le sue considerazioni sono state raccolte, incasellate e ridistribuite in semplici esercizi che, se ripetuti, creano ordine nella mente del bambino, gli danno sicurezza e lo aiutano ad accrescere la propria autostima. Utilizzando materiali ideati inizialmente dallo studioso francese Seguin, poi perfezionati e ampliati da lei, il bambino può sperimentare in autonomia concetti matematici, scientifici o grammaticali senza il bisogno dell’adulto che continui a correggerlo.

Per questo motivo, il suo è considerato un metodo innovativo: i materiali, basati sul principio dell’autocorrezione, consentono al bambino di lavorare da solo, mentre l’insegnante viene considerato un semplice facilitatore, non più unico detentore del sapere universale.

Scatole da riempire? No: contenitori di idee

Il bambino statico, che non fa esperienza del mondo intorno a sé, non può davvero imparare. Può ripetere meccanicamente, ma non potrà mai essere parte attiva del processo di apprendimento.

E fu proprio qui che avvenne la magia. Il bambino diventava, per la prima volta nella storia, un Essere degno di partecipare alla costruzione di sé: non era più una scatola vuota da riempire ma, al contrario, un contenitore pieno di idee da riordinare insieme. Un bambino che, fin da piccolo, riesce a svolgere “compiti da grande” in autonomia, sarà un adulto capace di arrangiarsi. Ma ha bisogno di essere guidato dal genitore, dall’insegnante.

Ed io – piccola ultima arrivata, insignificante tassello del mondo della pedagogia – come accidenti posso sperare di essere quella maestra che tu diligentemente descrivi nei tuoi studi? L’ambiente ordinato, i bambini in silenzio, la voce sempre pacata.

Facile a dirsi…

Io, Maria, ti giuro, ci provo. Ma l’urlo di Munch di quando in quando esplode. E mi sento il tuo sguardo di disapprovazione addosso.

Ok, non lo farò più Maria. Sarò una brava e silente maestra

Soprattutto, il bravo maestro, secondo Maria Montessori, è colui che sta in disparte e non interviene in alcun modo nel processo di apprendimento del bambino.

Facile a dirsi, un po’ meno a farsi… parola di maestra (ora anche mamma…)!

Partendo proprio dal mondo della disabilità, Maria capì che tutti i bambini avevano bisogno di questo vero cambiamento. Tuttavia, il suo carattere impetuoso e accentratore le creò non pochi problemi nel farsi strada. Lo racconta magistralmente Cristina De Stefano, giornalista che ha dedicato cinque anni a fare ricerche sulla vita di Maria Montessori, regalandoci una biografia inedita e approfondita.

Fu questa, a grandi linee, Maria Montessori. Una donna forte, combattiva, cacciata dal proprio Paese perché non si piegò al volere di Mussolini che la voleva pedagogista del regime. Una studiosa che vide chiudere le sue scuole per ripicca. Una donna che, di risposta, riuscì a farne aprire a migliaia: oggi, si contano circa 65mila scuole montessoriane sparse in tutto il mondo. In Italia, un numero esiguo, solo 137.

Il Metodo Montessori e il Coronavirus: una convivenza possibile?

Ci sarebbe tanto da dire sul suo metodo, la sua applicazione, i benefici che questo ha sui bambini.

Ma cosa direbbe Maria del rientro a scuola, quest’anno? Sinceramente? Non lo so. Pensare ai bambini fermi, non liberi di muoversi nell’ambiente in cui apprendono, credo che l’avrebbe fatta inorridire. Ma, sapendo che cosa significa una scuola chiusa, avrebbe fatto di tutto perchè questa venisse riaperta. Mettendo da parte polemiche, banchi con rotelle, pannelli in plexiglass e maestre uscite dall’astronave madre.

Il Metodo Montessori è stato ideato con l’idea che il bambino collabori coi compagni. I materiali Montessori sono usati in condivisione, proprio per stimolare il lavoro di gruppo e l’apprendimento: le misure anticovid non prevedono, ovviamente, vicinanza. I bambini non potranno nemmeno toccare la penna del compagno, figuriamoci il materiale di matematica che comprende centinaia di microscopiche perline, impossibili da sanificare.

Maria, ripeto, inorridirebbe all’idea di fare scuola nella staticità obbligata, nell’impossibilità di muoversi fra i banchi e vedere da vicino i progressi dei bambini. Ma, come Maria, ogni vero insegnante quest’anno dovrà trovare il modo di farcela. Nonostante i rischi, le ovvie difficoltà didattiche e la paura di non essere all’altezza,

Ma le scuole vanno riaperte. E ogni insegnante lo sa.

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