Perchè c’è bisogno di femminismo (intersezionale)


È ormai abbastanza evidente che il femminismo sia tornato di moda: personaggi pubblici, grandi marchi e media diffondono quotidianamente una sua versione edulcorata incentrata sull’“essere se stessa”. L’accettazione di sé di certo non significa femminismo, ma può essere un ottimo punto di partenza per un percorso di consapevolezza personale e del problematico mondo in cui viviamo.

Se però da un lato finalmente si parla di problemi secolari mai del tutto risolti, dall’altro spesso c’è il rischio che non si affronti correttamente l’argomento, rafforzandone pregiudizi e opinioni sbagliate. Molte persone ancora oggi – ancora prima di sapere di cosa si stia parlando – prendono le distanze dal femminismo, riducendolo a una categoria di donne arrabbiate.

In realtà, fortunatamente, il femminismo contemporaneo ha un approccio intersezionale, ed è una bellissima esperienza collettiva di liberazione dalle oppressioni.

L’approccio intersezionale del femminismo

Il femminismo intersezionale si basa sul fatto che, in tantissimi casi, le discriminazioni sono molteplici e basate su più fattori che interagiscono tra loro: il sesso, il genere, l’orientamento sessuale, la disabilità, lo stato sociale o economico, il colore della pelle o un corpo non conforme agli standard di bellezza, la religione, l’età, il luogo di nascita e tanti altri…

Diagramma femminismo intersezionale

Intersectional feminism diagram (Credits: Maddalena Cerruti)

Il concetto di intersezionalità viene generalmente impiegato in ambito sociologico per descrivere il modo in cui queste oppressioni sistemiche sono interconnesse e non possono analizzarsi separatamente l’una dall’altra.

A titolo di esempio, è interessante osservare come l’omofobia affondi le proprie radici nel sessismo. Molte convinzioni stereotipate sull’omosessualità maschile si basano, infatti, sull’idea errata che gli uomini gay assumano il ruolo della donna. Tale congettura è il frutto di una visione culturale sessista che considera le donne inferiori e che di conseguenza vede gli uomini omosessuali come coloro che rinunciano alla propria superiorità per assomigliare a loro.

Una visione d’insieme capace di cogliere le diverse sfumature

L’approccio intersezionale tiene conto della complessità di ogni identità, e fornisce una visione d’insieme del contesto sociale e dei suoi problemi. In sostanza, questo metodo ci mette davanti alla necessità di contrastare le discriminazioni multiple per garantire una reale uguaglianza tra le persone.

Nonostante negli Stati Uniti il termine intersezionalità sia già largamente entrato nel linguaggio comune, in Europa purtroppo si è diffuso con più fatica, forse a causa di una visione limitata che spesso continua a considerare separatamente i singoli elementi di discriminazione.

Che cosa c’entra l’intersezionalità con il femminismo

Sicuramente tra di voi ci sarà chi si chiede cosa c’entra l’intersezionalità con il femminismo, o perchè non si possa parlare di intersezionalità senza coinvolgere un movimento spesso poco compreso e apprezzato. Forse ci conviene fare un passo indietro e fare chiarezza.

Il femminismo viene comunemente definito come un movimento di rivendicazione dei diritti civili, economici, e politici delle donne. Altre volte lo si considera una corrente filosofica che predica la parità tra uomo e donna. La realtà sta nel mezzo: i movimenti e le pratiche di protesta, infatti, sono sempre stati affiancati da una vasta elaborazione teorica, e non si può ridurre il femminismo a solo una di queste due cose.

Il concetto di intersezionalità nasce dall’idea che esista un punto in cui sessismo e razzismo confluiscono.

(Credits: Nappy, Pexels)

Si tratta di un insieme di teoria e prassi, e più correttamente lo si può definire un metodo o una filosofia politica. Non solo lotte di piazza e nemmeno un tema “a parte”, ma un approccio concreto ai problemi quotidiani utile a tutte e tutti.

Inoltre – diversamente da quello che tante persone credono – il femminismo non crede nella superiorità della donna, ma sostiene l’uguaglianza dei generi. Ancora più precisamente potremmo dire che il femminismo lotta per far sì che l’appartenenza a un genere (o la non appartenenza) non sia una caratteristica discriminante.

Infatti, ridurre la questione a un binarismo “donna vs. uomo” significa non aver compreso molte delle rivendicazioni femministe (o meglio, del femminismo intersezionale). Descrivere una realtà composta solo di maschile e femminile esclude a priori tutte le persone che non sentono di appartenere a nessuno di questi due generi.

Infine, è importante sottolineare che il concetto di intersezionalità nasce dall’idea che esista un punto in cui sessismo e razzismo confluiscono: non si può pertanto ignorare l’ambito femminista in cui questo termine ha preso forma.

Le origini del femminismo intersezionale

La prima a parlare di intersezionalità è stata la giurista e attivista afroamericana Kimberlé Crenshaw che, analizzando casi giurisprudenziali di donne nere discriminate sul lavoro o vittime di violenza, si accorse che l’approccio alla tutela basato su un singolo fattore discriminatorio non bastava a rendere loro giustizia.

Crenshaw immagina le donne nere al centro di un incrocio stradale: ogni strada che lì converge corrisponde a un diverso asse di oppressione. A causa di questa convergenza di discriminazioni, le donne nere si trovano ad affrontare una lotta che è molto più faticosa.

Lo spiega molto bene la scrittrice e attivista bell hooks (le minuscole non sono un refuso: servono per differenziare nome e idee dall’omonima bisnonna), secondo la quale “Razzismo e sessismo sono sistemi interconnessi di dominio che si rafforzano e si sostengono a vicenda”.

Kimberlé Crenshaw, la prima a parlare di femminismo intersezionale, in uno scatto del 2018

Kimberlé Crenshaw in uno scatto del 2018 (Credits: Mohamed Badarne, Creative Commons)

Fino a quel momento, infatti, i movimenti femministi avevano dato voce principalmente alle istanze delle donne bianche (istruite, eterosessuali, di classe media…), e dall’altro lato a rappresentare i movimenti per i diritti delle persone nere c’erano per lo più uomini neri.

Le discriminazioni di genere venivano viste dalle femministe bianche eterosessuali come l’unico problema da affrontare: di fatto il loro essere di sesso femminile costituiva l’unica fonte dei loro problemi. La loro visione della realtà era influenzata dalla loro personale esperienza, e così escludeva le problematiche legate all’orientamento sessuale, al colore della pelle, alle disabilità di una donna.

Dalla sociologia all’attivismo

Il termine intersezionalità ben presto si è spostato dal mondo accademico a quello dell’attivismo, acquisendo sempre più popolarità, fino al suo inserimento nell’Oxford English Dictionary nel 2015. “Se non è intersezionale non è femminismo” – “Se non lotti per tutte le donne non lotti per nessuna”, titolavano i manifesti della Marcia delle Donne a Washington nel 2017.

La velocità di condivisione degli hashtag ha permesso, negli ultimi anni, il rapido diffondersi di campagne e movimenti intersezionali quali: #BlackTransLivesMatter, per dare visibilità alle donne trans (all’interno del più famoso movimento #BlackLivesMatter) e #DisabilityTooWhite, che affronta il problema della poca rappresentazione delle persone nere con disabilità.

Le donne nere con disabilità affrontano discriminazioni legate al loro essere donna, al colore della loro pelle e al fatto di avere una disabilità.

Le donne nere con disabilità affrontano discriminazioni legate al loro essere donna, al colore della loro pelle e al fatto di avere una disabilità. (Credits: Elevate, pexels)

Il femminismo intersezionale contribuisce a dare giustizia alle donne nere uccise dalla polizia negli Stati Uniti, aspira all’approvazione di misure protettive nei confronti delle donne transessuali e delle sex worker, dà voce alle donne con disabilità, si batte perchè le donne omosessuali abbiano gli stessi diritti delle donne eterosessuali, lotta perchè vengano dati aiuti concreti alle donne migranti… e molto di più.

Il femminismo intersezionale come antidoto contro ogni discriminazione

Si dimostra necessario un femminismo intersezionale, che porti avanti le istanze di tutte le categorie di persone discriminate, senza però rinnegare le lotte del passato, senza le quali non saremmo arrivate fino a qui. Le forme di potere oppressive sono tante e diverse, e l’intersezionalità rappresenta il giusto strumento interpretativo del sistema.

Secondo una recente stima della rivista scientifica Lancet, la popolazione mondiale potrebbe raggiungere poco più di 9 miliardi nel 2064. Abbiamo già visto come l’innovazione tecnologica, il cambiamento climatico, l’urbanizzazione selvaggia e le migrazioni, che dovrebbero solamente incoraggiarci a creare un mondo più equo e sostenibile, spesso alimentino invece le disparità e le divisioni.

Prendere consapevolezza di quello che ci circonda è il primo passo verso una società più equa. Guardare il mondo con lenti intersezionali è entrare nella complessità delle nostre esistenze e rifiutare una visione unica del mondo.

3 Comments

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  1. Maddalena Cerruti

    Grazie mille Elena e Anna! Sono contenta che vi sia stato utile: anche per me scoprire questo tipo di approccio e riconoscere i miei privilegi è stato (ed è tuttora!) a dir poco epifanico.

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