La pagina bianca


Cosa succede quando la pagina è bianca?

Quando per quanto ci si sforzi, non la si riesce a riempire con nulla che sembri interessante, utile, divertente per te o per chi ti legge? E’ un bel problema, in effetti, e chiunque scriva da un po’ di tempo sa che a volte ci sono più storie dietro una pagina bianca che dietro una serie ordinata e compatta di righe piene di parole belle, perfette e sensate. Provate a pensare, ad esempio, a una serie di righe totalmente bianche, come queste qui sotto:

blank

Strano, vero? Sembra di stare fermi a fissare un buco nero, o il vuoto infinito dell’universo tentando di percepirne il valore, ma non riuscendoci mai del tutto. Questo succede, perché spesso sono i vuoti ad originare le righe e le pagine bianche, vuoti non fisici (o relativistici) ma interiori, personalissimi momenti no dello scrittore, assenze da sé che si traducono in assenze dalle lettere.

Qualche mese fa mi è capitato, ad esempio, di non sapere come iniziare un racconto su cui meditavo ormai da diversi giorni. Era lì nella mia mente, che si costruiva pian piano come un palazzo moderno, poi vado davanti al pc, appoggio le mani sulla tastiera… e niente. Non sapevo il motivo, o forse lo sapevo e ora non lo ricordo più. Allora mi sono detto che più che non fare nulla, meglio era salvare il file della pagina bianca. L’ho rinominato “Nuovo racconto” e l’ho tenuto lì per un po’, nella cartella, circondato da tanti suoi simili gonfi a dismisura di parole (più o meno belle, più o meno azzeccate). Ogni tanto lo notavo di nuovo, lo aprivo, contemplavo la pagina vuota, immacolata, e pensavo che eppure qualcosa avevo voluto pur scriverci, invece rimaneva così, nudo.

L’ennesima volta che l’ho aperto, non ho retto alla tentazione e ho mosso il cursore fino in fondo alla pagina, e lì ho scritto una parolina, FINE. Il racconto era finito, anche se non c’era scritto nulla, o forse non era mai iniziato e volevo solo provocare. Da quel giorno non mi è più ricapitato di avere il complesso del foglio bianco, forse perché tutte le volte che l’indecisione su cosa scrivere si affaccia alla mia mente, ripenso al file vuoto con la parola FINE scritta in fondo, e mi dico che quella pagina bianca è finita, appunto. Ed è stato solo un momento di respiro, prima di rituffarmi nel mare delle parole.

FINE

2 Comments

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  1. Giovanni

    Pensa, tra tutte le tue storie che ho letto, questa è quella più densa, che mi ha fatto pensare di più. 🙂
    Come se la storia ci fosse, nel foglio bianco, c’è ma non si vede, ma c’è perché viene autorizzata dal suo autore, e legittimata dalla parola “Fine” in un punto non precisato del foglio. C’è tutto, eppure è bianco. Questione di vuoto/pieno, di definizioni nostre, umane, estremamente limitate.

    • Fabio Pirola

      Grazie per quello che hai scritto… alla fine, forse il cosiddetto “complesso della pagina bianca” è in realtà una forma di contemplazione di tutte le possibilità che abbiamo, degli infiniti modi che possiamo scegliere per iniziare e continuare una storia… e la scelta di uno tra i tanti è il nostro personale atto di libertà.

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