Forever


foreverChi non vorrebbe vivere per sempre? Fin dall’antichità uno dei desideri più ambiti è sempre stato quello di diventare immortali. Lo sappiamo bene tutti, gli Eroi in Grecia avevano la possibilità, se il padre era uno degli Dèi e se dimostravano il loro valore, di salire sull’Olimpo e di sedere accanto agli Immortali. Nel Medioevo l’alchimia era utilizzata soprattutto per la ricerca della pietra filosofale (che poi, come ben sappiamo, è stata distrutta da Albus Silente per impedire a Voldemort di salire al potere, ma questa è un’altra storia). Eppure, tuttavia, proprio chi è immortale capisce la bellezza della vecchiaia e della morte da un lato perché si sente estremamente solo (può esistere un solo Immortale ricordate?) e vede tutte le persone a lui care morire ad una ad una, dall’altro perché solo chi sente l’orologio scorrere può davvero dare valore al proprio tempo (persino Justin Timberlake è arrivato a questa conclusione, improvvisandosi Robin Hood e distribuendo il tempo tra tutti in In time, ma se non l’avete visto non preoccupatevi, non vi siete persi nulla. Se invece non avete mai visto Highlander potete sempre rimediare).
Mentre al cinema esce Adaline, la storia di una donna che, per qualche misteriosa ragione, si trova dall’oggi al domani a smettere di invecchiare dopo un misterioso incidente, e riprende a vivere davvero solo quando, molti anni dopo, si innamora nuovamente (la stessa idea, in chiave fantascientifica, era stata trattata in un certo senso ne L’uomo bicentenario dove Robin Williams faceva di tutto per diventare un vero essere umano per poter invecchiare accanto alla donna amata), sul piccolo schermo, in Forever, la nuova serie targata  ABC, un altro tragico e misterioso incidente rende il Dr. Henry Morgan (un sempre fascinoso Ioan Gruffudd) incapace di morire realmente. Sì perché non è che Henry non muoia mai ma, ogni volta che accade, lui si ritrova nuovamente in mare come la prima volta che, cercando di salvare un gruppo di schiavi, era stato ucciso e buttato giù dalla sua stessa nave.
Così Henry, dopo aver inizialmente cercato di convincere la moglie di quella “magia” ed essere comprensibilmente stato mandato al manicomio (dove, nell’800, non si utilizzavano certamente metodi poco invasivi) inizia a studiare la morte per cercare di capire come riprendere a vivere fino ad arrivare, ai giorni nostri, a fare il medico legale, uno Sherlock Holmes (sarà l’accento british a ricordarcelo?) che basa le sue teorie non su ciò che ha studiato ma sulle sue esperienze empiriche. Le sue conoscenze non derivano dai libri, o dal suo interesse, ma dalle esperienze che ha realmente vissuto, da ciò che ha davvero visto nella sua lunga vita e da ciò che ha appreso nel suo viaggio alla ricerca della morte. Finché, un giorno, non scopre di non essere l’unico………
HitlerHalfShelf-featureForever è l’incrocio tra Sherlock e Castle, è un procedurale dove il caso della settimana aggiunge un tassello alla trama orizzontale che, talvolta di più, talvolta di meno, si evolve, incuriosisce, accarezza come un cacciatore che vuole giocare con la sua preda ma che, comunque, mantiene quel livello di “delitto romanzato” più simile a Castle che a Bones o CSI (tanto per restare nella medicina legale). Henry è uno Sherlock in uno certo senso invecchiato, combattuto, che tiene gli altri a distanza non perché sia un “sociopatico ad alta funzionalità” ma perché ha già perso in passato molti di coloro a cui si è affezionato e col tempo ha indurito il proprio cuore.

Al tempo stesso, tuttavia, non riesce a non farsi coinvolgere dalle vite degli altri forse perché, a differenza di Sherlock, ha amato ed è stato amato moltissimo, e non è ancora pronto a considerare le emozioni come uno “svantaggio“. Tuttavia, a mio avviso, Henry riesce a rappresentare Sherlock quasi più di Elementary, ricordandocelo con tutta la sua eleganza, le sue deduzioni e i suoi goffi tentativi di restare al passo con un mondo in cui lui è diverso da tutti gli altri. Ed è ironico pensare che, a differenza del consulting detective, è il dottore a risolvere i casi mentre la detective è, in questo caso, il suo partner. Ma ad avvicinarlo a Sherlock non è solo il ruolo del protagonista ma anche quello, quasi più interessante dell’antagonista. Henry, come Sherlock, riconosce nel suo antagonista un suo pari o, forse, è l’esatto contrario, è l’antagonista, Adam, a designare Henry un suo pari e, proprio per questa ragione, non ha senso di esistere senza l’altro. I due sanno che le loro scelte e i loro valori li mettono su due livelli opposti, ma al tempo stesso si cercano, creano una sorta di legame, uniti da un fato che li accomuna e che li rende unici e simili, ma al tempo stesso talmente diversi e talmente in contrasto da non poter coesistere. 
Adam, proprio come Moriarty, è ossessionato da Henry e, tutto ciò che fa, lo fa per attirare la sua attenzione, nell’infantile gioia di avere trovato qualcuno come lui, con quell’assurdo pensiero di poter fare qualunque cosa perché per quelli come loro (genii in Sherlock, immortali in Forever) le regole comuni non valgono.
Su questo rapporto, più che su quello con gli altri personaggi della serie, punta Forever che, pur non pretendendo di aggiungere nulla al panorama delle serie crime riesce comunque a giocarsi bene le proprie carte, risultando una serie piacevole ed interessante, alternando i ricordi di Henry al presente, senza mai rubare spazio al caso del giorno o alla trama orizzontale e conquistando (cosa non sempre scontata parlando di ABC) la seconda stagione, well done!
https://www.youtube.com/watch?v=VpuDEXVf8Js

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