Sorry for the world


Non sono solita intasare i social network con polemiche e riflessioni che vadano al di là del faceto, non per disinteresse o per un malcelato snobismo, quanto per un rispetto delle altrui sofferenze che mi impone il silenzio.  Che sia giusto o meno, ho sempre preferito conservare per me sola pensieri che facilmente si dimostrerebbero fallaci e perfino pretenziosi, dal momento che per loro stessa natura sono avulsi dalla realtà delle cose. Dei fatti di questi anni ho letto, ho ascoltato, ho riflettuto, ma non li ho vissuti. Il mondo di internet è troppo spesso un’agorà confusa e grossolana, nella quale siamo tutti esperti o  tutti eroi.

Non sono né l’uno, né tantomeno l’altro, e per questo credo che la mia voce non potrebbe far altro che aggiungersi al coro di parole vuote (o troppo piene).

Questa volta però ho deciso di concedermi poche righe, con le quali non intendo insegnare nulla a nessuno (come potrei io, seduta alla scrivania, pretendere di insegnare a chi gli orrori del mondo li vive davvero?). Voglio solo chiedere scusa.

Scusa a quel bambino, che porta su di sé il peso di una colpa non sua, e che nella miseria della propria condizione ha trovato la dignità e il coraggio di sollevare verso gli obiettivi avidi dei fotografi tre parole Sorry for Brussels. Scusa a chi è entrato al Bataclan, la sera del 13 novembre, e non vi è più uscito, scusa a chi al Bataclan è sopravvissuto, ma porta i segni indelebili di una tragedia inumana. Scusa ai giornalisti di Charlie Hebdo, alle vittime di Istanbul, di Ankara, di Bruxelles e di ogni altra parte del pianeta. Scusa a tutti coloro che hanno timore ad accendere la televisione, perché ogni telegiornale può farsi araldo di morte. Scusa a tutte le persone che difendono la propria casa, e la perdono ugualmente, scusa a chi viene inghiottito dalle acque del mare, per sfuggire all’orrore di un paese che non si riconosce più. Scusa a chi piange per paura, per rabbia, per esasperazione e muore un po’ ogni giorno.

E scusa tu, mondo che così indegnamente talvolta popoliamo. Scusa per aver creato, in millenni di storia, un mostro che ora ci sta divorando. Proprio come succede in quei racconti che archiviamo tra la polvere della libreria perché tanto “sono solo storie e a cosa mai potranno servirci”, quei racconti che hanno tentato di insegnarci che la macchina prima o poi si ribella al suo creatore.

Guardo questa immagine di speranza e di lacerante umanità, che si solleva da un polverone di macerie e pianto, e vedo che l’innocenza non ha colore, non ha religione, non ha sesso. Ma ha un volto, ed è questo.

2 Comments

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  1. Fabio Pirola

    A me è venuto lo stesso impulso, irrazionale e forse ingenuo, di chiedere scusa… come se fosse un po’ anche colpa mia, o tua, per quello che sta succedendo… forse perché sono cose troppo grandi, che hanno l’effetto di isolarti completamente da tutto, o al contrario quello di farti entrare pienamente nel problema e non consentirti di sentirtene escluso. Bel pezzo Camilla.

    • G. Camilla Severino

      Sottoscrivo ogni parola. Sono vicende talmente grandi e complesse da inglobarci ed escluderci nel medesimo tempo. Per questo avverto il mio pezzetto di responsabilità, e per quanto piccolo non credo sia anche insignificante. E’ il solito discorso della goccia nel mare. Se tutti chiedessimo scusa e agissimo di conseguenza, forse qualcosa cambierebbe. E’ un’illusione? Una responsabilità? Una speranza? Non lo so, ma nel frattempo mi scuso comunque. Grazie per il commento, Fabio. E grazie per aver trovato il tempo di dedicarti a queste mie righe.

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