Eurobasket 2015 – Sette spunti da portare con sé


Lo dico subito: non ho voglia di parlare della vittoria della Spagna di Eurobasket. Non ne ho voglia perché ormai mi è venuta a noia questa nazionale che vince sempre, vince tutto, lascia agli avversari solo le briciole o qualche titolo “in libera uscita” (copyright dell’Avvocato Agnelli, parlando della sua macchina inarrestabile). Non ne ho voglia perché non mi piace come nazionale, che festeggia sempre in modo esagerato sul campo, che fa della gara la propria arma in più ma anche quella che la rende profondamente antipatica (almeno ai miei occhi) perché porta spesso e volentieri a esagerare (Rudy Fernandez il primo a cui sale il sangue al cervello quando è in svantaggio, ed è il motivo per cui non è molto amato, nonostante il talento). Non ne ho voglia, perché il suo coach ha sì vinto tre ori europei e un argento olimpico, ma è stato cacciato con polemiche da tutti i luoghi dove ha lavorato in regular season (Khimki, Olimpia Milano, Vitoria) dal 2009 in qua. Non ne ho voglia, però tocca, e allora lo faccio a modo mio. Ecco quindi, di seguito, le sette tematiche di Eurobasket 2015.

1) La rivelazione (parte 1): la Repubblica Ceca

Nessuno ha mandato fuori dai gangheri gli scommettitori come la nazionale guidata da Vesely e Satoransky. I cechi ce li ricordiamo, nell’estate del 2012 furono un avversario non indifferente, forse addirittura un osso più duro della stessa Turchia, perché degli uomini di Tanjevic conoscevamo pregi e difetti ma questi Benda, Pumprla e Jelinek che la mettevano nel nostro canestro con continuità non li conoscevamo minimamente. E forse non li conosceva neanche la Croazia, che non ha più la qualità di inizio anni ’90 ma comunque resta una compagine temibile. Invece i ragazzi di Ginzburg hanno sorpreso i biancorossi, escludendoli dalla possibilità del preolimpico come poi hanno fatto con la Lettonia. Ma se per quest’ultima ci può stare, per gli slavi è un vero colpo al cuore. Agli albori, la Cecoslovacchia vinceva o arrivava sempre all’atto finale, poi negli anni la sua pericolosità è andata scemando. Ora i cechi sono tornati. E il canestro lo vedono benissimo.

2) La rivelazione (parte 2): la Lettonia

Erano i cugini brocchi della Lituania. Erano quelli che “Passano il girone perché è di burro, ma poi vedi che incocciano in una di quelle e vanno fuori subito”. Quell’ “una” era la Slovenia, e invece di lasciare campo ai più quotati biancoverdi i lettoni non si sono lasciati intimorire. Risultato, Berzins e Strelniek che si prendono gioco della difesa di Dragic e company e si è andata a giocare la fase finale. Sono poi seguite tre sconfitte, l’altra sorpresa venuta dall’est ha cancellato la possibilità di andare a giocarsi una possibilità per Rio, ma intanto il più era già stato fatto: dimostrare che, oltre a quelli di Vilnius, anche i ragazzi di Riga sanno fare le cose seriamente.

3) L’Italia: delusione o…?

È difficile definire il cammino dell’Italia: ha raggiunto il quinto posto in coabitazione con la Grecia, che poi era quello che i bookmakers le attribuivano fin dall’inizio. L’attesa febbrile e i successi crescenti però avevano legittimamente portato a pensare che si potesse fare qualcosa di più, anche considerando la crescita della leadership di Gallinari e la pericolosità aumentata di Bargnani. Belinelli ha fatto il suo, forse l’Italia ha pagato il playmaking o forse il centro, in due ruoli che restano cruciali per avere successo nella pallacanestro. Coi “se” e coi “ma” però si fa poca strada, e così rimane il preolimpico, da organizzare magari al PalaIsozaki come fatto paventare nei giorni della rassegna europea.

4) Serbia&Francia: quando cala la forma

Come aneddoto personale vi racconto che, prima di Eurobasket 2015, avevo deciso di scommettere 5 euro sulla Serbia vincente. Quando ho visto il 5/5 di vittorie nel girone degli atleti di Djordjevic, ho tirato il fiato, contento di non averlo fatto. Dice infatti una vecchia regola non scritta che nelle manifestazioni così corte come quelle per nazionali che arriva in fondo chi durante il torneo ha avuto una piccola flessione delle prestazioni, mentre chi ha fatto percorso netto è destinato a fallire. Questione di forma fisica ed energie mentali, che non possono essere costanti quando le partite sono tanto compresse. Francia e Serbia l’hanno ribadito nuovamente.

5) Lituania: nuova direzione, vecchio rendimento

Da Kaunas a Lubiana fino a Lille il percorso è lungo e tortuoso. Dalla botta del 2011 (uscita ai quarti da favorita e padrona di casa contro i paria della Macedonia) fino ai due argenti europei e al quarto posto mondiale c’è stato bisogno di rifondare, di cambiare, di dire addio a quegli uomini che avevano segnato la storia della nazionale baltica fin dal 2003, anno del primo oro europeo post – separazione dall’Unione Sovietica (gli altri erano arrivati prima dell’annessione). E così, al primo Eurobasket itinerante della storia, ecco che si è visto che Kalnietis guidava, Maciulis creava dal palleggio, Valanciunas era un pericolo costante per il suo dinamismo e Jankunas e Kuzminask che erano chirurgici dal campo. E nei ruoli di centro, il vecchio Javtokas e il nuovo Sabonis (sì, il figlio di Quello Lì).

6) Nowitzki: cuore ci campione

A 37 anni, una carriera tutta in NBA con logoramento annesso, un primo passo che non è più quello dei tempi belli. Quando non era di là, era di qua a portare la sua nazionale a livelli eccelsi, quasi mai toccati in precedenza con questa continuità. Gli è saltato Benzing, l’unico che con lui e Pleiss potesse davvero fare la differenza, ha sognato di battere la Turchia, la Serbia, l’Italia e la Spagna prima di scontrarsi con la realtà che era troppo solo, o meglio, c’era sì quel diabolico Schröder e il fido Pleiss a dare una mano, ma il resto era un pianto. Come quello che è sgorgato spontaneo quando abbiamo capito che l’ultimo grande campione della passata generazione stava lasciando la sua nazionale. Dirk uno di noi.

7) Spagna: alla fine…

E va bene. Va bene. È giusto celebrare la Spagna. Perché ha battuto la favorita padrona di casa, perché aveva meno talento degli anni scorsi ma non meno voglia di vincere. Pau Gasol immenso e meritatissimo MVP con la sua tecnica sempre invidiabile e le scelte sempre intelligenti, Mirotic secondo violino, un contropiede letale e una circolazione eccezionale che partivano da una difesa aggressiva sempre e comunque. No, non mi è simpatica la Spagna, ma ne riconosco il grande valore. Complimenti, davvero.

(7.5 Tutte le piccole Un grazie a Olanda, Islanda, Polonia, Georgia, Belgio e Finlandia: senza di loro, al loro cuore gettato oltre l’ostacolo contro avversari di tradizione più forti, non ci saremmo divertiti così tanto)

+ Non ci sono commenti

Aggiungi