Portami fuori


Stasera uscirò di nuovo, anche se non ho ancora individuato una destinazione convincente verso cui dirottare il mio corpo. Verosimilmente impiegherò tutta la sera a giustificare proprio questa mancanza, con me stesso in primis ma anche nei confronti dei miei amici, compagni sporadici di vita ed esperienze da cui poco o nulla può essere tratto ad insegnamento. Ogni sera centellino le loro frasi, i loro discorsi di politica, filosofia e morale spicciola per riuscire a separarne qualcosa che mi resti per i giorni successivi, pochi elementi – anche uno solo – da trattenere in quanto miei. Ma arricchirsi con il fango è notoriamente molto difficile, salvo essere esperti speculatori o sfrontati opportunisti. Ed io non sono nessuno dei due. Sono solo in cerca di compagnia, e chiunque me la possa dare è ai miei occhi una risorsa insperata.

Sento il campanello suonare. Sono loro. Una pressione prolungata e nervosa sul tasto che già tradisce l’ansia spasmodica di allontanarsi dal luogo in cui si trovano, dare gas alla loro vecchia Volkswagen scassata e rivolgerne il muso verso una destinazione. Non importa quale sia, l’importante è che sia diversa. Nuova, anche solo per questa serata, per questa manciata di ore che ci separano dall’ineluttabile ritorno alle nostre case e dall’altrettanto obbligatoria attesa per la serata successiva, in un ciclico scorrere dello stesso flusso, sempre in movimento, eppure immobile.

Scendo le scale del condominio e mi accomodo nell’auto. Siamo in cinque e ci stiamo a malapena. Abbiamo caldo, i finestrini dietro sono bloccati e non si abbassano, la radio è troppo alta e dà fastidio a tutti, ma nessuno dice nulla circa il volume. Non ci possiamo lamentare del volume, almeno quello ci fa sentire più vivi: i nostri timpani che si flettono in maniera abnorme sotto l’eccessivo flusso delle onde radio rimandano dolore, ma non possiamo farne a meno. Il viaggio che ci attende sembra non promettere niente di particolarmente esaltante. Mi ha anche lasciato la ragazza, per cui questa sera la tensione di entrare in contatto con persone di sesso femminile giocherà un ruolo predominante, perché ad ogni donna che incontrerò si accompagnerà il pensiero se sia utile o conveniente provarci oppure lasciarla perdere perché tanto ce ne sono sicuramente di migliori. I miei amici in questo senso non si pongono troppi problemi, loro non sentono necessità di compagnia femminile e se ne restano tra loro tutta la sera a parlare di motori o birre artigianali senza far molto caso agli sciami di donne che spandono desiose i loro ferormoni nell’aria intasata di fumo di un qualche locale. In compenso ci sono le sigarette, benedette compagne di intere serate a rimuginare avventure mai vissute all’ombra di un posacenere smaltato.

Questa sera tuttavia penso che non fumerò, e lo comunico all’amico che mi porge la bionda. Adduco come motivazione del rifiuto non meglio precisate ragioni personali, sublimate in un conciso “non mi va”. E penso che non solo non mi va di fumare, ma anche di stare in quella macchina con loro, e afferro la leva alla mia destra, sul lato interno della portiera per aprirla e uscire fuori, ma niente, hanno messo la sicura alle porte e non hanno intenzione di toglierla, me lo fanno capire con cenni sorridenti del capo. Allora mi rassegno e mi rilasso, mi dico che avrei potuto rimandare la mia ribellione alla fine del viaggio. Mi accorgo che l’auto inizia a muoversi senza che il guidatore ci abbia dato alcun preavviso. Le ruote stridono sull’asfalto, una rapida manovra ai limiti del codice della strada ci sballotta all’interno e direziona l’auto verso il nostro futuro, che pare scritto lontano, nelle luci della città notturna. Voglio provare a leggerlo, almeno per stanotte, pur sapendo che domani sarà già cambiato.

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Portami fuori by Fabio Pirola is licensed under a Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 3.0 Unported License.

8 Comments

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  1. Fabio Pirola

    Grazie. Qui al posto di una limousine abbiamo una macchina scassata, ma hai riconosciuto lo zampino di qualcos’altro. 🙂

  2. antonello marchetti

    ciao fabio, dopo avere letto i tuoi scritti, sono pervaso da brividi di tensione che solo il neorealismo postmoderno nichilista che trasuda dal tuo stile sa darmi.
    la schietta realtà propria di questo breve componimento ha dato finalmente sfogo a qualcosa di oscuro e profondo che era racchiuso in me e che non riusciva ad esplicitarsi; orbene, quell’opprimente ed epesegetico bisogno evacuativo, che da parecchi giorni ormai rendeva meste le mie ore, si è concretizzato in un inarrestabile scorrere di feci.

    te ne sono grato, esimio Fabio Piròla.

    tuo, Antonello Cicci Marchetti Viendalmare

    • Fabio Pirola

      Sono molto lieto che i miei scritti possano rivelarsi così liberatori per Lei, da un punto di vista sia fisico che mentale… d’altronde, scrivere è la più grande forma di libertà possibile.

      suo, Fabio Pirola

  3. D.E.

    Adduco come motivazione del rifiuto non meglio precisate ragioni personali, sublimate in un conciso “non mi va”.

    C’è molta ironia di fondo o hai scritto questo periodo seriamente?

    • Fabio Pirola

      E’ che spesso quando rispondiamo “non mi va” davanti a una proposta, non sappiamo bene nemmeno noi il vero perché del rifiuto… o almeno a me capita. Come se fosse più facile fuggire da qualcosa, piuttosto che impegnarsi per comprenderla e per capire, di conseguenza, le ragioni della nostra avversione per essa. Per cui sì, direi che è serio.

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