Il solito alternativo


È fatta, sono dentro. È stata dura, devo ammetterlo. Stavolta quelli della sicurezza si sono dati da fare. Ora viene la parte più divertente.  Pochi colpi di tastiera e tutti i dati ospitati da questo server si preparano allegramente a migrare verso il mio pc. Dati privati. Dati sensibili. Dati che in mano alle persone giuste possono creare danni enormi.

Le mani tremano. I battiti cominciano ad aumentare. L’adrenalina scorre nelle vene come l’eroina in quelle di un tossicodipendente. Ipnotizzato, guardo il cursore compiere la sua scalata virtuale verso il 100%. E man mano che aumenta,  quasi in sincrono cresce anche il mio ego. «Sono un dio» mi sussurro mentre un sonoro bip mi avvisa che il trasferimento dati è stato completato con successo.

Guidato da morbosa curiosità, comincio a valutare il mio bottino. È stato un bel colpo, ho beccato un sacco di accessi importanti.  Aspetta… ma questi sono i codici sorgenti di tutti i prodotti che il mio target ha in commercio. Ho in mano una miniera d’oro. Non vedo l’ora di dirlo al mio gruppo. Sì, i miei amici. Poche persone fidate con cui condivido tutto quello che scopro. Conosco di persona meno della metà di loro.

Un improvviso flashback mi riporta indietro nel tempo di un anno. Tre amici, tre birre e tante risate. Niente computer, né discorsi tecnici. Quando ci si incontra è quasi vietato parlare delle nostre malefatte notturne, non siamo fissati. Si parla del più e del meno, godendosi appieno la giornata da passare insieme.  La gente che ci guarda non sospetta nemmeno lontanamente quello che siamo in grado di fare.

Esauritasi l’anomala ondata di ricordi, guardo l’orologio. Segna le 5:22. Apro la chat e scopro con falso disappunto che non c’è nessuno con cui posso condividere la mia recente vittoria. Alla fine, non mi aspettavo di trovare qualcuno a quest’ora. «Riferirò domani» penso mentre archivio la refurtiva nel mio sancta sanctorum digitale.

L’euforia sta svanendo, comincio ad avere sonno. Prima di andare a dormire leggo le ultime notizie. Subito mi salta all’occhio un articolo. Per l’ennesima volta, un trombone presuntuoso  spiega cosa dovrebbe e cosa non dovrebbe essere un hacker, cosa fa e cosa non fa. L’articolo è firmato da un sedicente “consulente di sicurezza informatica”. Ovviamente alla firma segue il link al sito della sua azienda.

La rabbia comincia a salire. Succede sempre quando leggo simili scempiaggini. Noi non abbiamo regole. Non abbiamo morale. E soprattutto non abbiamo obblighi verso nessuno. Noi osiamo laddove gli altri si fermano. Loro invece lo fanno solamente per fama e soldi. E vanno puniti. «Deficiente»,  esclamo mentre annoto l’indirizzo web dell’azienda in un file di testo.  La stanchezza prevale sulla rabbia. Decido di rimandare a domani e sfruttare le poche ore di sonno che mi rimangono.

Mentre chiudo gli occhi provo un leggero sconforto per quello che mi aspetta al mio risveglio. «Cerca di produrre qualcosa di buono, invece di criticare tutto e stare sempre su quel cazzo di computer» dirà mio padre. «Smettila di rimbecillirti al pc e cerca di farti una scopata» mi diranno gli amici. Ma a me non importa. Chiudo gli occhi e penso alla mia personale battaglia di domani notte. «Che si fottano», penso. Dopotutto, come dicono loro, sono il solito alternativo.

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