Un Artista
Ero steso nel lettone,

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che leggevo un gran librone
e pensavo, come tutti fanno,
senza affanno
senza un cenno di cedimento
alcun cruccio o turbamento.
Mi trastullavo fra le righe di quel libro
ma le lettere cominciarono a mischiarsi ed andar per conto loro
badando poco all’ordine che davo
di star ferme a dar senso e fare un coro.
Finite poi le suppliche
loro sì, un contegno
se lo danno, ma il disegno
che vien fuori è di forma un po’ distante
dal libro che avevo in mente,
e ne rimango assai stupito:
è uno spartito! Sicché mi dico:
“Vuoi vedere vecchio mio che questo è uno dei momenti
declamati dagli artisti in cui il genio è dietro ai denti
e affinché poi non ci resti
si apre la bocca della mente
e lui vien fuori come fosse niente?”
Se poi hai davanti dell’inchiostro e un po’ di carta,
ecco il genio lì s’accascia
e si espande come soffio disegnato
(è come fiato!).
La vedevo nella carta, l’ascoltavo nella testa
quella bella melodia arrivata in sogno.
Canticchiandola leggero per non farla correr via
mi gettai sul pianoforte a fissarla e farla mia.
Ma,
proprio quando ero sicuro
d’aver un capolavoro
vien mio padre che mi fa:
“Da quant’è che suoni Bach?”
Io rimango li a guardare
prima il piano poi la carta
dove già però non c’era più magia:
s’era dissolta.
Qualche tempo dopo
mi trovavo ancora steso
sul medesimo lettone
quand’ecco che: ILLUMINAZIONE!
Ho scritto con fervore
una storia, storia d’amore;
o meglio un dramma:
lui Giovanni, lei invece Emma.
I punti culminanti
nella storia dei due amanti
erano tanti:
a causa di famiglie d’interesse contrapposto
i due si amano si, ma di nascosto.
Poi una serie di vicende
dall’intreccio assai avvincente
si risolve in poche ore:
i due muoion per errore.
Ero proprio soddisfatto
di quel che avevo prodotto
così corsi da un parente
per avere un giudizio intransigente.
Lui mi disse:
“Quel che hai scritto, caro mio,
è molto bello, ma Dio mio
hai riscritto esattamente
una storia già esistente.
Solo il titolo è cambiato
tutto il resto è ricopiato,
son famosi come duo:
lei Giulietta, lui Romeo!”
E concluse ribadendo
che ero proprio un gran babbeo.
Desolato ed avvilito per aver ancor fallito
restai mesi mogio mogio senza idee né coraggio.
finché un giorno di febbraio
ero solo in casa mia
afferrando un gran cucchiaio
mi vien fuori questa idea:
“Vuoi vedere che nessuno ha mai pensato
a cucinare questo piatto?
Gli ingredienti? Un po’ di tutto!”
Misi dentro a un pentolone
un po’ di questo e un po’ di quello.
Ecco qua la mia invenzione.
Ah! Che gran soddisfazione.
Per testare la pietanza
e con lei la mia bravura
sottoposi a un caro amico
un po’ di quella mistura.
Quale gioia quando vidi
il suo volto soddisfatto,
lui che avido mangiava
tutto quel che era nel piatto.
Ma purtroppo il mio sorriso
si mutò in un gran musone
nel momento in cui gli chiesi
una qualche affermazione.
Lui mi disse:
“Molto bravo, per davvero,
ma non dir che è un’invenzione,
perché, pur essendo buono,
resta sempre un minestrone”
La morale della storia?
Se ti affanni nel cercar di far qualcosa di diverso,
stai pur certo che hai già perso.
Quel che si potrebbe dire,
con gran dosi di onestà,
è che è già tanto che si sappia,
qual che è stato fatto già.
Caro Michele. Hai perfettamente colto la sensazione che provo quando cerco di essere creativo. Specialmente in campo musicale e letterario certe volte ci si sente dei veri e propri manieristi. Senza parafrasare il Qoelet, certe volte sembra che le cose belle siano già state fatte, ma è la stessa sensazione che avevano i pittori del Cinquecento e non si può certo dire che dopo di loro non sia stato prodotto più niente di nuovo. La ricerca del nuovo impiega tutta la vita, ognuno con la propria individualità partecipa anche alla creazione del nuovo..Non dobbiamo rinunciare ad essere degli innovatori, magari dobbiamo toglierci la presunzione di diventare maestri indiscussi. Buona ricerca!
Caro Francesco,
La storia della scienza (e qui faccio valere, per quel che conta, una laurea in matematica) insegna che il nuovo non nasce dal nulla: Newton Einstein e Feynmann conoscevano molto bene le teorie fisiche precedenti a quelle che loro hanno proposto.
Credo che con l’arte funzioni un po’ nello stesso modo. Senza aver in alcun modo la presunzione di considerare (o che venga considerata) arte la scrittura di filastrocche e canzoni, devo dire tuttavia che la migliore ispirazione la trovo facendo indigestione di libri, storie, racconti e fiabe: quel che salta fuori non è tanto un “minestrone”, un collage di storie, ma una storia diversa -nuova?- che per gioco cerco di mettere in rima. E, certo, in tutto questo prendersi poco sul serio è fondamentale, io per riuscirci ho scelto la modalità filastrocca, anti-seriosa per definizione. In bocca al lupo!
Michele
Non sapevo di quest’ultima alleanza
Tra’l nostro Rodari e Giornale Dissonanze.
Ce ne vuole di coraggio
Siete fuori di cotenna
Alla sua voce dare orecchio
E carta bianca alla sua penna.
Lui è matto, matto schianto
Non esagero a dir così
Dico solo che il suo vanto
E’ andare in giro a far pipì
Fantasia e intelletto che bella mistura
fatti ad personam,Michele abbine cura!
Ciò che voglio dire
è che siam fieri che tu sia
dell’akap il sire! 🙂
(pessime rime)
Ahah! Sappiamo tutti che il vero re dell’Akap è la Lella, io sono solo una facciata 😉
Grazie mille Monica