Tutto quello che non sapete sulla pianta di vaniglia


Riuscite a figurarvi nella mente com’è fatta la pianta di vaniglia? Se la risposta è no non preoccupatevi, non è colpa vostra.

I frutti della pianta di vanigia

La pianta di vaniglia produce delle bacche, molto utilizzate in pasticceria (Credits: gate74, Pixabay)

Ci sono prodotti che usiamo quotidianamente ma di cui ignoriamo la storia, come l’avocado. Pensiamo alla vaniglia per esempio: non c’è gelato, yogurt, crema o dolce in generale che non sia aromatizzato alla vaniglia. Eppure sappiamo molto poco della pianta di vaniglia, della sua coltivazione e di cosa significa per le popolazioni che la producono.
Non perdiamo altro tempo dunque e partiamo subito alla scoperta di questa spezia così straordinaria.

Messico: sombrero, tacos e pianta di vaniglia

La prima tappa del nostro viaggio ci porta in Messico, patria della pianta di vaniglia. Con il termine vaniglia di solito indichiamo la capsula di questa pianta, un lungo baccello coriaceo dal colore scuro e dal profumo inconfondibile. Questo piccolo tesoro della cucina dolciaria mondiale è il frutto di un’orchidea, la Vanilla planifolia.

Questa pianta è molto rara, rampicante ed esigente; cresce infatti solo all’ombra dei grandi alberi della foresta tropicale, avvinghiandosi ai loro forti tronchi fino ai tre metri di altezza.
I baccelli di vaniglia erano conosciuti e usati già dagli Aztechi, che li utilizzavano per profumare i capelli e aromatizzare le loro bevande. La storia narra che nel XVI secolo l’imperatore Montezuma offrì a Cortes il Conquistatore il Xocoalt, una bevanda sacra a base di cacao, peperoncino e vaniglia.

Fu questo un incontro decisivo, il momento in cui noi europei entrammo in contatto con due frutti che cambiarono per sempre i nostri commerci e le nostre abitudini alimentari. Gli spagnoli infatti, tornando in patria, portarono con loro i robusti semi di cacao e i profumati baccelli di vaniglia.

Il viaggio continua alla corte del Re Sole

In poco tempo la vaniglia fu la spezia più richiesta da tutte le corti imperiali europee, diventando la protagonista indiscussa di dolci e creme. Il suo sapore conquistò soprattutto la corte di re Luigi XIV, il quale cercò di avviare una coltivazione di vaniglia sull’isola di Bourbon (oggi chiamata La Réunion, a est del Madagascar), senza però riuscirci.

Fiori della pianta di vaniglia

La pianta di vaniglia fiorisce pochissime volte all’anno e i suoi fiori vivono solo per pohe ore (Credits: Binesh A B, Pixabay)

A quei tempi nessuno lo sapeva ma la pianta di vaniglia, per poter generare la sua preziosa capsula, ha bisogno di essere impollinata e l’unica ape capace di farlo appartiene al genere Melipola che vive solo in Messico, sua terra di origine. L’intero commercio della vaniglia dunque fu totalmente in mano al Messico per oltre tre secoli e mezzo finché, nel 1841, un giovane schiavo di nome Edmond Albius scoprì sull’isola di La Réunion come impollinare artificialmente la pianta di vaniglia.

Ma la coltivazione della vaniglia non è affatto facile come si possa pensare e il problema della sua impollinazione risulta solo il primo di una lunga serie. La fioritura annuale, la vita estremamente effimera del fiore, i lunghi mesi per la formazione del baccello sulla pianta, la raccolta manuale nella foresta tropicale e la lunghissima lavorazione del frutto (affinché possa rilasciare la sua fragranza)richiedono infatti un alto costo della manodopera e tempi di produzione lunghissimi.

Tutto ciò incide sul costo del prodotto finale, rendendo la vaniglia la seconda spezia più cara al mondo, seconda solo allo zafferano.

La vaniglia del Madagascar, un souvenir del nostro viaggio

Nonostante tutti questi problemi, la coltivazione della vaniglia cominciò a diffondersi nelle isole vicine a La Réunion e attualmente il Madagascar è tra i maggiori produttori ed esportatori di vaniglia al mondo. Purtroppo però per i produttori malgasci la vaniglia non ha sempre un profumo così dolce e i guai non finisco certo con la sua coltivazione lunga e complessa.

In natura esiste una sola ape in grado di impollinare il fiore della pianta di vaniglia (Credits: Béa Beste, Pixabay)

La regione di Sava, nel Nord-Est dell’isola, è votata completamente alla coltivazione della pianta di vaniglia e la maggior parte della popolazione locale trae da che vivere grazie al suo commercio. Purtroppo però la produzione di vaniglia non è tutelata a dovere dagli enti compettenti; ciò fa si che sulle belle coltivazione di vaniglia del Madagascar si allunghi spesso l’ombra dello sfruttamento minorile e della criminalità organizzata.

Ma non sono questi i motivi per cui, qualche anno fa, il prezzo della vaniglia sul mercato globale è schizzato alle stelle (tanto da essere quotata allo stesso valore dell’argento) e che fecero tremare a livello globale l’intero settore dolciario.

La pianta di vaniglia minacciata dal cambiamento climatico

A mettere definitivamente in ginocchio l’economia della zona è stato l’uragano Enawo. Nel marzo del 2017 l’uragano si abbatté nella zona nord dell’isola, distruggendo buona parte delle coltivazioni di vaniglia. Una volta reimpiantata, una pianta di vaniglia impiega dai tre ai quattro anni per tornare a fruttificare, motivo per cui attualmente un chilo di baccelli è quotato quanto l’argento e costa circa 500 euro (non fate quella faccia stupita, ve l’avevo anticipato che la vaniglia è una spezia molto cara!).

Il baccello deve subire un lungo processo di essicazione (Credits: bigfoot, Pixabay)

Ciò che proccupa i coltivatori malgasci è che negli ultimi anni si stanno registrando tifoni e uragani sempre più distruttivi e questa è una conseguenza diretta del riscaldamento globale. Questi eventi atmosferici nascono quando l’aria calda si alza dal mare e comincia a vorticare velocemente su se stessa (a causa della rotazione terrestre) formando venti e piogge devastanti.

Più il mare è caldo più la massa di aria che si solleverà sarà grande; di conseguenza il tifone o l’uragano che si genererà potrà essere rovinoso e terribile. Il surriscaldamento dei mari non aumenta il numero di uragani, ma aumenta il numero di uragani distruttivi nell’arco di un anno.

Ogni anno quindi c’è il rischio che sulle coltivazioni reimpiantate nella regione di Sava si possa abbattere un uragano uguale a quello del 2017. Se ciò dovesse accadere, non solo i coltivatori malgasci perderebbero la loro più grande fonte di reddito, ma la stessa sopravvivenza della pianta di vaniglia sarebbe messa a rischio.

Naturalmente la soluzione a tutto ciò non è boicottare la vaniglia; il problema è così complesso che non può esistere una sola soluzione. Ma noi siamo convinti che conoscere questo tipo di problemi, anche se si verificano dall’altra parte del mondo, sia un primo passo verso la giusta direzione.

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