La spettacolarizzazione del conflitto in Siria


Tutti sappiamo ciò che è successo in Siria martedì scorso. Le immagini e i video sono circolati sul web alla velocità della luce, le informazioni più o meno corrette e i commenti d’indignazione e sgomento condivisi milioni di volte. Le persone uccise 74, tutti civili, fra cui diversi soccorritori, le armi colpevoli dei gas chimici, fra cui probabilmente ma non certamente il Sarin, che fu sviluppato dai nazisti come arma letale e che ha come terribili effetti convulsioni e produzione incontrollabile di umori corporei (sudore, urina etc), fino alla morte.

L’ipotesi più sensata, ma non confermata, è che si sia trattata di una scelta del presidente siriano Bashar al Assad per disfarsi dei ribelli che tenevano sotto controllo la città di Khan Shaykhun, nella provincia di Idlib. Una dimostrazione di potere ed un segnale alla comunità internazionale che il governo siriano ha le sue armi per vincere la guerra.

“La società dello spettacolo”

È concepibile come un attacco di questa portata abbia potuto scatenare l’opinione pubblica. Ciò che non è concepibile è come i particolari di questa notizia, chi e perché soprattutto, in realtà rimangano e siano forse destinati a rimanere non troppo definiti. La ragione principale, come ben sappiamo, è che il giornalismo moderno tende a puntare sulla spettacolarità. La spettacolarità delle immagini e dei video catalizzano tutta l’attenzione dello spettatore manipolando le giuste leve emozionali e fa sì che ci si fermi alla superficie dell’evento, o che si opti per la soluzione più semplice per dare la colpa ad un “qualcuno”, e che non si senta il bisogno fare ricerche, di sviluppare un’analisi critica e più profonda della situazione.

Si tratta di una tendenza moderna che sicuramente ha a che vedere con il concetto filosofico di “società dello spettacolo” di Guy Debord, secondo cui, semplificando, la spettacolarizzazione della realtà separa dalla realtà stessa. Il punto chiave che si può assolutamente utilizzare come punto di partenza per l’analisi di qualsiasi fenomeno d’attualità è, quindi, la necessità di andare oltre alle immagini di denuncia. Questo è ciò di cui ha bisogno il conflitto in Siria, che la comunità internazionale capisca meglio che cosa sta succedendo, che affronti la sua situazione nella sua complessità e non solo come spettatore indignato, per poter prendere decisioni sensate.

Infatti, il pericolo di rimanere in superficie è più grande di quello che si pensa. Secondo la rivista Sponda Sud, “Il meccanismo perverso dell’informazione – o della disinformazione – ha generato una serie di prese di posizione politiche dalle quali, come è noto, possono discendere scelte molto pericolose per la già precaria situazioni in Siria. “

La logica della risposta alla minaccia

Una di queste conseguenze pericolose frutto di informazioni non chiare e spettacolarizzate si è già avverata, ed è stata la decisione del presidente americano Donald Trump di bombardare la base siriana di Al Shayrat, considerata la struttura da cui è partito l ‘attacco chimico su Khan Sheikun, con 59 missili, nonostante durante la presidenza Obama, più volte avesse manifestato la sua volontà di non intervenire in Siria.

Il bisogno di “spettacolarizzare”, di essere protagonisti, di diffondere la propria immagine anche qui gioca un ruolo importante e, come visto, ha portato gli Stati Uniti a farsi avanti in maniera ancora più decisiva nel conflitto siriano, servendosi della logica della risposta alla minaccia. Da sempre una logica che contraddistingue l’operato degli Stati Uniti, e che da sempre ha portato molti guai a livello mondiale.

In conclusione, la spettacolarizzazione e la logica di risposta alla minaccia sono due tendenze, la prima prettamente moderna, la seconda intrinsecamente umana, che stanno alla base, l’una, di come molte informazioni vengono diffuse per suscitare un particolare effetto e per saziare l’appetito del pubblico, l’altra di prese di posizione avventate. Sono due tendenze che non si possono evitare, che ormai sono radicate nella nostra epoca, ma esserne coscienti consente di essere fruitori più lucidi d’informazioni, e cittadini più maturi nell’analisi delle decisioni prese dai nostri politici.

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