Money for the masses: Basic income and its discontents


The future of social welfare or a refuge for the lazy? About the difficulty of reconciling supporters and opponents of a universal basic income.

Whoever believed that a clear democratic decision would settle a causa for the times to come has just been proven spectacularly wrong. Although 77% of the Swiss population rejected the introduction of a universal basic income, international media have been covering the issue in all its facets, and the British Labour party even announced the same day that it would consider pushing for such measure. Without intending to do so, Switzerland has set the stage for a fierce debate in the post-industrial world.

Generally, the idea behind a universal basic income is both simple and far-reaching. Every member of society would receive a fixed amount of money once a month in addition to their regular earnings, regardless of his/her occupation, wealth or marital status: a kind of public contribution that allows to cover basic human needs such as housing, clothes and food. Lawyer or unemployed, pensioner or student: one individual, one amount. Only children would get a reduced sum due to their limited needs.

This simple idea is anything but new. Similar proposals have already been made by intellectuals like Thomas Paine, visionaries such as Martin Luther King or economists of Milton Friedman’s kind. Finally, it seems that its time has come. But why now?

Flexibility and uncertainty

Blame robots and the internet that are rapidly changing the way we work. Machines are taking over many human domains and accomplish tasks at greater speed and precision, while mobile apps such as AirBnB or Uber are proving their potential to get entire traditional industries into serious trouble. The future of labour is no longer confined to nationally protected markets. Rather, it lies in the hands of tech-savvy and flexible start-ups. Creating and destructing businesses does also imply a greater volatility in jobs. As old patterns are breaking apart, we better prepare for a bumpy ride.

Reason enough to adopt new measures, at least for the liberals among us. For them, there is no way around a universal and unconditional basic income if we want to protect people from the new uncertainties on the labour market. They laud the measure for its potential to promote individual freedom from work or our social position. Hence, in Econspeak, a basic income promotes “decommodification”, and this is generally a good thing.

At this point, however, an unsurmountable division becomes apparent. While for liberals the basic income can at its best alleviate poverty and social pressures, its enemies think it is feeding vice and laziness. Giving away money “for free” is strictly unthinkable to them.

Up until now, our societies have chosen to distribute benefits based on need and merit. Child allowance, unemployed benefit, tax cuts: In order to get the cash, you have to earn it. Not so with the new model: You simply get the money without any contribution or effort, and you can spend it on whatever you want. This is controversial. Not just because the euros may be used to finance an addiction like drug or alcohol abuse, but also because low-paid jobs become unattractive: Why work hard for little money if you can get the same for free?

Yet finding common ground between the two opposed camps is anything but easy, because supporters and enemies have completely juxtaposed views about the human nature.

Surfing in Malibu or contributing to the system?

The initial question is straightforward: What would you do if you earned 1000€ a month without any effort? Would you still go to work? The liberals think, yes. Opponents of the basic income, however, do not agree. Their greatest fear is that some people might just take the free money and go surfing in Malibu without doing any work. Extracting without contributing, the nightmare of every economic “insider”.

But is there any need to feel bad about it? Surprisingly, the greatest English economist of all times offered us a convincing excuse with his vision of the 15-hour week. In a 1930 essay, John Maynard Keynes described a future society in which massive productivity gains made traditional labour patterns and long working hours redundant. In the text, Keynes called on his readers to “enjoy the abundance when it comes”. Put differently, technological unemployment might turn into technological leisure. Suddenly, Malibu seems like an acceptable destination.

However, we have not reached that point yet. Traditional labour models have proven to be very resistant, as have unions and occupation levels. In Britain for example, where the concept of workfare pushes people into (low-paid) jobs, unemployment has reached a historic low in early 2016. Everything alright, then? Not quite, because the ongoing automation of our society is now a widely accepted reality. Something will have to be done about it, and a basic income is one of the options.

In Switzerland, supporters of the unconditional income might have lost a battle, but certainly not the war of ideologies. Sometimes the democratic process of debate and deliberation is worth more than a democratic decision: Ironically enough, a Swiss “Nein” could stand at the dawn of a new post-industrial social order.

(versione italiana)

Soldi per le masse: reddito minimo e malcontento.

Il futuro dell’assistenza sociale o una scappatoia per i pigri? Si parla della difficoltà di conciliare favorevoli e contrari all’idea del reddito minimo universale.

Chiunque avesse creduto che una decisione chiaramente democratica avrebbe determinato una nuova questione per i tempi a venire ha preso un bel granchio. Nonostante il 77% della popolazione svizzera ha rifiutato l’introduzione di un reddito minimo universale, i media internazionali hanno trattato la questione in tutte le sue sfaccettature ed il partito laburista britannico ha perfino annunciato lo stesso giorno che avrebbe considerato l’idea di spingere per l’attuazione di tale misura.

In generale, il concetto che sta dietro al reddito minimo universale è allo stesso tempo e semplice di vasta portata. Ogni membro della società riceverebbe una somma fissa di denaro una volta al mese, in aggiunta ai loro guadagni, indipendentemente dalla propria occupazione, ricchezza o stato civile: si tratta di un tipo di contribuzione pubblica che permette di sopperire alle necessità basiche dell’essere umano come casa vestiti e cibo. Avvocato o disoccupato, pensionato o studente: a ogni individuo corrisponde una somma di denaro. Solo i bambini riceverebbero una somma ridotta, visto i loro bisogni più limitati.

Quest’idea è tutt’altro che nuova. Proposte simili furono avanzate già precedentemente da intellettuali come Thomas Paine, visionari come Martin Luther King o economisti alla stregua di Milton Friedman. Alla fine sembra che il suo momento sia arrivato. Ma perché proprio ora?

Flessibilità e incertezza

La colpa è dei robot e di internet che stanno rapidamente cambiando il modo in cui lavoriamo. Le macchine stanno prendendo controllo di molti settori umani e realizzano qualsiasi compito ad una maggiore velocità e maggiore precisione, mentre app per cellulari come AirBnB o Uber dimostrano di poter mettere interi mercati internazionali in seri problemi. Il futuro del lavoro non è più confinato a mercati protetti a livello nazionale. Esso si trova invece nelle mani di esperti tecnologici e start-up flessibili. Creare e distruggere business implica anche una maggiore precarietà occupazionale. Ora che i vecchi schemi si stanno dissolvendo, faremmo davvero meglio a prepararci per un periodo travagliato.

Ciò è un motivo sufficiente per adottare nuove misure, almeno per quanto riguarda i liberali fra di noi. Per loro, non c’è nessun modo di evitare un provvedimento come il reddito minimo universale ed incondizionato, se vogliamo proteggere la popolazione dalle nuove incertezze del mondo lavorativo. Si loda questa misura per il suo potenziale di promuovere la libertà individuale, l’affrancarsi dal lavoro o dalla nostra posizione sociale. Per questo, in Econspeak, un reddito minimo promuove la “de-mercificazione”, e questo è generalmente una buona cosa.

A questo punto, comunque, diventa chiara una divisione insormontabile. Mentre per il liberali un reddito minimo può nella migliore delle ipotesi diminuire la povertà e le pressioni sociali, gli oppositori di questa teoria pensano che fomenti il vizio e la pigrizia. Elargire soldi “gratis” rigorosamente impensabile per loro.

Fino ad ora, le nostre società hanno scelto di assegnare benefici in base al bisogno o al merito. Indennità parentali, assegni di disoccupazione, tagli delle tasse: per avere dei soldi, bisogna guadagnarseli. Non sarebbe così con il nuovo modello: si percepirebbero dei soldi senza aver versato nessun contributo o aver fatto nessun sforzo e si potrebbero spendere in qualsiasi cosa. Una questione davvero controversa. Non solo perché i finanziamenti potrebbero essere spesi per abusare di droga o alcol, ma anche perché i lavori più sottopagati non sarebbero nemmeno più considerati: perché lavorare per pochi soldi quando si possono ottenere gli stessi soldi gratis?

Tuttavia trovare un terreno comune fra i due campi opporti non è per niente facile, perché sostenitori e oppositori hanno completamente giustapposto le loro visioni sulla natura umana.

Andare a fare surf a Malibu o contribuire al sistema?

La questione iniziale è chiara: che cosa faresti se guadagnassi 1000€ al mese senza nessuno sforzo? Continueresti a lavorare? I liberali pensano di sì. Chi è contrario al reddito minimo, tuttavia, non è d’accordo. Il più grande timore di quest’ultimi è che la gente prenda tranquillamente il denaro che gli viene elargito e vada a fare surf a Malibu senza minimamente lavorare. Ricevere senza contribuire, l’incubo di ogni economista.

Ma c’è davvero bisogno di preoccuparsi? Sorprendentemente, il più grande economista inglese di tutti i tempi ci ha dato una scusa convincente con la sua teoria di una settimana di quindici ore. In un saggio del 1930, John Maynard Keynes descrive una società dell’avvenire in cui i ricavati di una produttività massiccia hanno reso i modelli tradizionali e lunghe ore di lavoro superfluo. Nel testo, Keynes invita i suoi lettori a “godersi l’abbondanza quando arriva”. In altre parole, la disoccupazione tecnologica potrebbe trasformarsi in tempo libero tecnologico. D’un tratto Malibu sembra una destinazione accettabile.

Comunque sia, non siamo ancora giunti a questo punto. I modelli di lavoro tradizionale hanno dimostrato di persistere, così come i sindacati e i livelli occupazionali. Nel Regno Unito per esempio, dove il concetto di lavori socialmente utili spinge le persone ad accettare lavori sottopagati, la disoccupazione ha raggiunto il minimo storico all’inizio del 2016. Tutto nella norma, quindi? Non proprio, perché la continua automatizzazione della nostra società è ora una realtà largamente accettata. Sarà necessario fare qualcosa al riguardo, e il reddito minimo è una delle opzioni.

In Svizzera, i sostenitori del reddito incondizionato probabilmente hanno perso la battaglia, ma certamente non la guerra delle ideologie. A volte il processo democratico di dibattito e deliberazione vale più che una decisione democratica. Abbastanza ironicamente, un “no” svizzero potrebbe rappresentare l’alba di un nuovo ordine sociale post-industriale.

(traduzione italiana di Giulia Rupi)

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