Quel che resta dell’Euro(lega) – i temi della Serie A di pallacanestro dalla sedicesima alla diciannovesima giornata


Saranno anche tanto diversi, quasi antitetici, persino ormai due sport differenti, a palla a spicchi, il basket europeo e quello NBA, ma c’è qualcosa che li accomuna: l’attivismo, il dare sempre un motivo o un altro per parlare di sé. Non c’è Atlantico che tenga, ormai le da ambo le parti si fa di tutto per non restare lontani dai riflettori mai troppo a lungo. Spesso, purtroppo, non in positivo.

Bologna la rotta

Non è annata, per la Virtus Bologna, e a questo punto è ufficiale. E non è questione di penultimo posto, perché in questa stagione strana è capitato persino che i bianconeri, a due giornate dalla fine del girone d’andata, fossero in corsa per le Final Eight: l’ottavo posto era distante solo quattro punti, e una combinazione di risultati, unita a due vittorie, avrebbe potuto anche portare la V nera a Milano. Invece niente, ma fosse lì il problema.

La vera questione è che la barca virtussina quest’anno fa acqua da tutte le parti: Gaddy e Odom sono due americani giovani e acerbi, alla prima vera esperienza in un campionato con pressione vera, dove si lotta per qualcosa che non siano gli applausi attesi per una schiacciata o una bomba; Pittman è arrivato con le stigmate del centro vecchio stampo, ha spaccato un tabellone a Ozzano dell’Emilia in amichevole, ha spaccato la partita d’esordio contro Venezia e poi da lì ha offerto una serie di prestazioni altalenanti che vanno ben oltre i 13.8 punti di media raccolti, il minimo sindacale per un 2.11 scelto all’inizio del giro del Draft NBA 2010, e che ha fatto squadra a Miami con LeBron, D-Wade, Bosh e compagnia cantante; Allan Ray doveva essere il leader atteso, l’americano esperto, ma gli infortuni lo hanno tormentato e ovviamente da quando è rientrato sta avendo bisogno di tempo per mettersi in forma. Per il resto, non si poteva ottenere molto di più da un Fontecchio talentuoso ma pur sempre ventenne e da un gruppo di italiani generosi ma non stelle come Mazzola, Cuccarolo o Michele Vitali, e anche il ritorno di Hansbrouck ha avuto fino ad ora impatto nullo.

Tutti questi fattori hanno portato la Virtus dov’è ora, a pagare l’inesperienza della sua linea verde e l’assenza di un colonnello a guidarla in campo e di un generale a guidarla fuori dal campo, perché anche in società non mancano gli scossoni, con presidenti che si susseguono rapidamente e senza garantire una figura forte e rappresentativa della squadra, e il più simile a esserlo è quel Giorgio Valli di cui si parlava in merito a un esonero, sinceramente più ipotetico che reale. Spiace dirlo, ma nonostante il ritrovato interesse degli italiani per la pallacanestro (in realtà quasi esclusivamente concentrato sulla NBA) la V nera è l’emblema del basket italiano: con pochi soldi, poco appeal, che portano ad idee abbozzate e, quando queste ultime non funzionano, a soluzioni improvvisate. La pallacanestro tricolore era un bel meccanismo degli anni ’80 e ’90, che adesso non solo è rotto, ma nessuno riesce a trovare di aggiustarlo.

La guerra dei quindici anni

Oddio, in realtà anche all’inizio degli anni 2000 il nostro basket ha avuto un sussulto a livello di club, con un titolo europeo vinto (2001, Virtus Bologna) e altre tre finali disputate (2002 Virtus Bologna, 2003 Treviso, 2004 Fortitudo Bologna).

Torniamo a quel 2001. No, non con la memoria, dalla stagione 2016/2017 ci torniamo proprio materialmente. Quindici anni dopo, è scoppiata nuovamente la guerra fratricida tra FIBA e le ULEB, e avrà gli stessi effetti della precedente, ovvero due competizioni internazionali di grande prestigio, ma che inevitabilmente finiranno per togliersi luce l’una con l’altra: quella FIBA, denominata poco originalmente “Basketball Champions League”, accoglierà trentadue squadre in gironi da quattro, le partecipanti saranno selezionate in base al merito sportivo, secondo i risultati dei campionati, ma per sapere qualcosa sulla formula dovremo attendere fine marzo per la presentazione ufficiale; l’Eurolega ULEB andrà avanti invece con dodici squadre che con lo stesso filo conduttore di sempre, una sorta di upper class, di club privato dove chi è ammesso è ammesso perché è ricco.

Il perché si sia arrivati a tale risultato resta un mistero, ma il sospetto forte è che la disputa tra le due istituzioni cestistiche per eccellenza del panorama del Vecchio Continente non si sia mai sopita, che dal 2001 in qua il fuoco covasse pur sempre sotto la cenere, che il segretario generale della FIBA Patrick Baumann convivesse ma non accettasse il modello imposto da Jordi Bertomeu, quello che sostanzialmente finisce per favorire chi ha più soldi, molto oligarchico e poco elastico. Da giugno in poi vedremo quali compagini si uniranno all’uno o all’altro torneo. Intanto, il presidente della FIP Petrucci ha tuonato che la FIBA è legge, è l’organo di riferimento della palla a spicchi di queste parti, e che le squadre italiane dovranno muoversi in questa direzione, anche se l’Olimpia Milano è già dentro la formula Uleb. E niente, anche questa è politica.

Ad Avellino Sacripanti…

Per chi se lo fosse perso, e speriamo siano in pochi, Avellino sta andando a gonfie vele. L’avvio di campionato era stato ondivago, una prestazione buona e poi una scialba, poi a fine 2015: l’ultima sconfitta dei Lupi d’Irpinia data infatti 23 dicembre dell’anno scorso, da quel giorno sono arrivati solo successi.

Acker, Leunen, Blums e il folletto di ritorno Marques Green sono gli uomini d’esperienza a cui affidarsi quando conta, Nunnally sta trovando con continuità il canestro come sarebbe stato difficilmente preventivabile ad inizio campionato, Ragland è tornato il razzo dei tempi di Cantù e Cervi sta dimostrando di essere un centro solido e affidabile, e vista la penuria di lunghi italiani per Ettore Messina questa è senz’altro una buona notizia.

La Coppa Italia che inizia oggi è un banco di prova importante per lui e per tutta la Scandone: di fronte c’è Reggio Emilia, una eventuale semifinale contro realtà in forma come Trento e Pistoia, e insomma, il cammino non è affatto agevole. Però i biancoverdi hanno tutto per sparigliare le carte e sovvertire i pronostici, per portare a casa un’altra coccarda tricolore dopo quella del 2008. Le gare secche fanno pur sempre storia a sé, e in quei momenti più che il talento fanno la differenza sangue freddo, unità, intelligenza e stato di forma. Tutte doti che Avellino ha ampiamente dimostrato di avere, di recente. Era pur sempre Lucio Dalla, grande appassionato di basket, a cantare “Attenti al lupo”, no?

…e Venezia sacripanta

Quello che unisce Stefano “Pino” Sacripanti e Carlo “Charlie” Recalcati è la comune provenienza canturina, le origini cestistiche in Brianza, un DNA che entrambi si portano dentro. Quello che li separa è il trattamento ricevuto dai propri presidenti: nel momento di difficoltà, mentre il primo rimasto saldo in sella, il secondo ha iniziato a traballare. Traballa uno, traballa due, traballa tre, alla fine è caduto.

Luigi Brugnaro, che è sindaco di Venezia, fondatore di Umana (main sponsor dei lagunari) e patron della Reyer, certo non è uno tranquillo. Lo si era visto già in passato, anche fuori dall’ambiente cestistico, ma quanto accaduto ha veramente dell’incredibile. Ricostruiamo: alla fine della scorsa stagione Venezia è fuori dai playoff in semifinale per opera di Reggio Emilia, il risultato è forse al di sotto delle attese ma comunque gli oro-granata sono arrivati a giocarsela fino in fondo. Recalcati vorrebbe lasciare ma Brugnaro lo convince a rimanere, per puntare, chissà, al quarto scudetto con la quarta squadra diversa (sarebbe record).

L’inizio del 2015/2016 non è brillante, la squadra quando vince non convince mai del tutto e figurarsi quando perde. Brugnaro comincia a dare segni di insoddisfazione, poi finisce per sbroccare  con il suo coach davanti ai giocatori, e a quel punto l’ex-c.t. è quasi totalmente delegittimato e togliete il “quasi” quando il presidente si becca con la moglie del proprio allenatore. Dopo la sconfitta di sabato in casa contro Sassari, il destino è segnato: via Recalcati, panchina all’assistente De Raffaele, il cui esordio sarà nel dentro-o-fuori di Coppa Italia tra potenziali deluse contro Milano. Che dire, auguri. 

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