Pretty Nice Girl – II – Bradley


Io e Bradley abbiamo studiato Business Management e Comunicazione insieme. Ci siamo conosciuti al secondo anno ad un corso di Psicologia del Lavoro. Era uno di quei corsi liberi che si inserivano nel piano di studi soltanto per alzare la media e noi due eravamo finiti nello stesso gruppo per la tesina finale. Bradley è un ragazzo sorprendentemente intelligente ma, senza dubbio, l’economia non è la sua materia. Si è laureato prima di me con un voto parecchio più basso e lavora da quasi un anno in una grossa libreria del centro. Fa il commesso. Non voglio fingere che il suo sia un lavoro particolarmente promettente, ma almeno sta in mezzo a gente simpatica, ha un orario molto più umano del mio e può andare a lavoro in bicicletta, la sua grande passione insieme alla cucina e alla letteratura americana degli inizi del novecento.

E poi ha lo sconto sui libri.

Considerato dove sono finita io, forse non mi sarebbe dispiacerebbe fare a cambio con lui.

Ovviamente Bradley diventerà un romanziere famoso e io sarò la sua editor in un futuro glorioso ma non meglio identificato.

La pioggia aumenta di intensità mentre parcheggio e mi fradicio nel breve tratto da percorrere per arrivare al portone. Quando finalmente mi chiudo la porta di casa alle spalle, tiro un sospiro di sollievo.

Il mio appartamento è minuscolo ed è il fantastico regalo che ho ricevuto da mia nonna per la mia laurea. Non definirei la mia famiglia  ricca, ma mia nonna mi ha promesso questa casa quando ero una bambina: per i primi ventidue anni della mia esistenza gli unici regali che ho ricevuto da lei erano vecchi libri della sua biblioteca o schizzi suoi personali (disegna molto bene) ma mi ha sempre detto che, il giorno che mi fossi laureata, questa casa sarebbe stata mia e così è stato. Ha mandato via l’inquilino a cui era affittata quando ho depositato i documenti per la discussione della tesi, i miei genitori mi hanno aiutato per i lavori più costosi di ristrutturazione e io, Emma e Bradley abbiamo fatto il resto. Adoro la mia casa, è il posto più accogliente della terra. Il salotto è piccolo ma perfetto, c’è un divano comodo con degli enormi cuscini di gobelin decorati con scene di caccia che ho trovato in un mercatino; i ricami sono molto minuziosi e ricordano terribilmente le borse di Paul Smith di qualche stagione fa. In effetti, quando li ho comprati avevo l’intenzione di sfruttare la stoffa per farmi cucire una borsa da viaggio, solo dopo ho realizzato che erano dei cuscini magnifici e che sarebbe stato imperdonabile rovinarli. Sotto il divano c’è un tappeto che mi ha dato mia nonna (un quasi regalo, in effetti) lei lo teneva sul pavimento davanti al camino, infatti è un po’ bruciacchiato in un angolo, ma ora quell’angolo è sotto al divano per cui è perfetto. Dietro al divano c’è un piccolo tavolo quadrato e dietro ancora una libreria zeppa dei libri di seconda mano di mia nonna e di quelli comprati con lo sconto nel negozio dove lavora Brad. Accanto alla libreria c’è un grosso poster incorniciato con le coste frastagliate della Bretagna, l’unica cosa che ho conservato della mia camera al college, e davanti al divano, sopra il mio microscopico televisore c’è un quadro che era a casa dei miei e che raffigura un immenso albero di mandorle in un prato, con delle pecore intorno: il mio gregge privato. Ho perfino un micro terrazzo condiviso tra il salotto e la cucina: c’entrano solo un tavolino pieghevole ed un paio di vasi, oltre ad un barbecue da bambola, ma d’estate ci si sta che è una bellezza.

Sfilo il cappotto e la metto sul termosifone, mi tolgo le scarpe e vado in bagno ad aprire il rubinetto della doccia per far scaldare l’acqua. Anche in bagno c’è spazio solo per l’essenziale ma le piastrelle sono sui toni del verde e intorno allo specchio ci sono dei deliziosi quadretti di fiori che lo rendono un ambiente, nel complesso, molto rilassante. Mentre il vapore inizia ad appannare lo specchio mi tolgo di dosso i vestiti umidi e mi infilo sotto il getto caldo, adoro fare la doccia quando fuori piove. Me ne rimango inerte sotto l’acqua, lasciando che le mie membra si risveglino; una persona più consapevole di me inorridirebbe al pensiero di quante risorse idriche vadano sprecate durante le mie docce serali ma stare sotto questa cascata bollente dopo una giornata alla Global è davvero uno dei rimedi più efficaci contro l’abbattimento del corpo e dello spirito.

Intanto dalla finestra entrano la luce dei fulmini e il rumore dei tuoni.

Finisco di lavarmi e mi asciugo un po’ addosso col getto del phon, la fame comincia a farsi sentire: il timballo di Bradley è una vera squisitezza. Vado in camera e mi vesto.

La mia camera da letto è la stanza più bella della casa: è tutta blu e io adoro il blu. Ho un copriletto sofficissimo e un letto con la testiera imbottita, il lampadario è di ceramica dipinta con abat-jour coordinata, regalo di amiche country chic, ed è fornita di un gigantesco armadio a muro. Le ante le ho dipinte da sola di verde scuro, dopodiché Emma, che disegna magnificamente, le ha decorate con colori accesi e motivi floreali in stile Rifle Paper. Emma è una tipa un po’ esistenzialista e mentre dipingeva le ante del mio armadio non lesinava frecciate al mio gusto stucchevole. In compenso le ho permesso di affrescare con un orrido murales grigio e nero, una paretina nascosta del minuscolo balcone della camera da letto. Lei sostiene che quando diventerà famosa quel balcone varrà un mucchio di soldi e io dovrò organizzare dei turni giornalieri per permettere alle persone di visitarlo, come con le case di Gaudì a Barcellona. Io nel frattempo su quel balcone, che affaccia su uno squallidissimo cortile, tengo solo la bicicletta maldestramente incellophanata in un telone di plastica.

Infilo un vecchio maglione a collo alto blu scuro e dei jeans strappati alle ginocchia, poi vado in cucina a cercare qualcosa da portare a Brad. La mia cucina è essenziale: c’entrano solo i fornelli, il frigorifero e un lavandino. Nel frigo, come temevo, non c’è quasi niente. Eppure ero convinta di avere del vino…Frugo nello stipo sotto il televisore, in soggiorno e…bingo! Ne estraggo una bottiglia di cabernet-sauvignon californiano, non sarà champagne ma sono sicura che Brad apprezzerà.

Infilo scarpe e cappotto, afferro l’ombrello ed esco. In dieci minuti sono sotto casa di Bradley. Lui è sorridente quando mi apre la porta indossando un chiassoso grembiule con le scritta “Hai già baciato il cuoco, oggi?”. Lo abbraccio e gli allungo il vino, che lui accetta con un’alzata di sopracciglia e un fischio di scherno. Quasi a scusarmi, gli passo subito anche una bottiglietta di liquido per pulire i vetri della macchina arraffato in ufficio: la Global produce accessori per auto. Lui mi ringrazia e la ripone in un cassetto pieno delle stesse boccette. Il fatto è che Brad non ha la macchina, ma questi flaconi gli torneranno sicuramente utili non appena se ne procurerà una.

“Allora, come è andata la tua giornata?” Esordisce guidandomi verso la cucina.

“Mah, come al solito.” Mi accuccio in terra per fare qualche carezza a Britney, il meticcio di Bradley. Io non amo i cani ma Britney è un cane simpatico e gentile, Bradley l’ha preso al canile praticamente salvandogli la vita. In realtà, Britney è un maschio ma Brad gli ha appioppato questo nome in onore di Britney Spears, a detta sua, cantante geniale. Spero sempre che il povero animale non abbia capito a chi deve il suo nome perché la cosa potrebbe non andargli troppo a genio.

“Stamattina sono arrivata in ritardo e Robert mi ha dato la solita lezione di vita, ho mangiato uova strapazzate e verdure bollite per pranzo e ho scaricato dati prima, durante e dopo. La tua giornata, invece, come è stata?” Lo guardo sospetta, ha un’aria strana e ha di sicuro litigato con Eva.

“Io ed Eva ci siamo lasciati.” Mi guarda mogio, mentre stappa il cabernet. “Dice che sono un inconcludente e un fallito che non ha nemmeno una macchina”

“Beh, però hai un sacco di boccette di liquido pulisci-lunotto!”

Mi guarda avvilito.

“OK, scusa, battutaccia. Bradley, tu non sei un fallito, sei un ragazzo meraviglioso: sei colto, sei simpatico e sei anche alto. Inoltre fai un lavoro che ti piace e che ti offre delle grandi prospettive…” Ho esagerato.

“Prospettive? Quali prospettive, scusa? La promozione da commesso a addetto alle informazioni? Ma per favore, Ophelia, non mi sono laureato in economia per passare tutta la vita ad indicare alla gente su che scaffale si trova l’ultimo libro di chissà chi! Uno si laurea in economia per fare l’agente di borsa e guadagnare milioni in un giorno solo, per indossare vestiti di Armani e andare alle riunioni del Consiglio di Amministrazione – fa il segno delle virgolette con le mani – per fare brillanti presentazioni sull’andamento delle vendite e sulle prospettive di crescita…”

Lo guardo assorta, non ha tutti i torti, o almeno quando ci siamo iscritti all’università l’idea era più o meno questa: rinuncio a frequentare una facoltà più stimolante a patto di guadagnare soldi a palate una volta laureata. Tutto considerato, sembrava uno scambio equo. In realtà Bradley si è iscritto ad economia per assecondare il desiderio di suo padre che è il pezzo grosso di una qualche società che si occupa di revisione e consulenza. Solo che, dopo la laurea, Brad ha rifiutato categoricamente di andare a fare pratica come revisore e ha dichiarato che la sua vera professione sarebbe stata scrivere. Questo ha compromesso in maniera piuttosto netta i suoi rapporti con il padre ma Brad è figlio unico e la sua famiglia benestante, quindi può contare su una piccola rendita mensile che gli consente di pagare l’affitto dell’appartamento in cui abita. Con lo stipendio della libreria fa praticamente solo la spesa per il timballo ma lui è convinto che prima o poi, se rimane nel giro, riuscirà a far arrivare i suoi manoscritti sulla scrivania giusta. Nel frattempo, vive alla giornata e sente i suoi solo per Natale e per il compleanno della madre, in occasione del quale vanno a cena tutti e tre insieme in qualche locale di grido, qui in città.

“Brad, Eva è un’attrice senza talento che allestisce spettacoli di dubbio gusto in teatri di terz’ordine in cui non si paga nemmeno il biglietto per entrare…”

“Si chiama teatro moderno iperrealista…”

“Ma per favore, Brad, si chiama spazzatura e lo sai meglio di me!”

Non mi sono ancora ripresa dallo spettacolo che mi hanno trascinata a vedere, un paio di mesi fa.

“Eva è l’ultima persona al mondo che può rinfacciarti una carriera non ancora avviata! E poi non mi sembra una giustificazione sufficiente per troncare un rapporto come il vostro. Stavate insieme da…cinque mesi, no?”

“Sette, quasi sette.”

Non lo posso guardare con quell’aria da cane bastonato, comincia a passarmi la voglia di mangiare il timballo.

“Sai che c’è, Phi?” Mi passa un bicchiere col vino “Credo che abbia una storia con quel regista con cui sta lavorando…”

“Di nuovo?!…Voglio dire, quel nano peloso che ho visto allo spettacolo? Brad, è assurdo, quell’uomo era disgustoso e avrà almeno vent’anni più di Eva. Non credo proprio che…”

“Me l’ha detto lei” E svuota il bicchiere con un sorso. Sento puzza di sbronza e non va bene, perché domani è venerdì e si lavora.

“Scusa, te l’ha detto lei? E allora che significa: “Credo che abbia”?! Dì piuttosto che sai con certezza che Eva ha una relazione con quel vecchio disgustoso del suo regista!”

“È che l’ho un po’ messa alle strette e alla fine ha confessato, ma forse l’ha fatto solo per farmi andare via.” Si versa un altro bicchiere di vino “Non lo so Phi, io ci tenevo e la cosa che mi fa stare peggio è che non so nemmeno se questa storia andava avanti da tempo. Ti rendi conto, forse lei stava con me e contemporaneamente frequentava quel…”

“Vecchiaccio peloso!” Concludo tra me.

“Capisci, magari una sera dormiva da me, facevamo l’amore e la sera prima era stata con lui.”

Che schifo! Povero Bradley, in effetti non ci sarebbe da stupirsi se Eva avesse portato avanti le due storie insieme.

Il forno manda l’inconfondibile trillo di fine cottura e quando Brad lo apre, l’inebriante profumo dei maccheroni inonda la cucina, le mie narici e il mio cervello.

Il mio stomaco fa un balzo e, obbedendo ad un istinto cieco, mi avvicino famelica al tegame. Brad mi allontana sorridendo (finalmente) “Guarda che ti ustioni!” Serve due generose porzioni e ci sediamo in tavola. Abbasso gli occhi e mi sento un po’ colpevole: Bradley sta affrontando un momento di profondo scoramento e io non riesco a pensare ad altro che a mangiare.

Lui sembra capire il mio stato d’animo combattuto – Brad è un vero amico – e propone, indulgente: “Rimandiamo i forum a dopo cena, vuoi?” Sorrido grata e mi avvento sul cibo.

Delizioso. Bradley cucina benissimo, non so esattamente cosa metta dentro al timballo: maccheroni di sicuro, formaggio, bacon, carne…è de-li-zio-so.

Divoro con avidità la mia porzione e vuoto il mio bicchiere di vino: sono in pace con il mondo, a questo punto posso sentir parlare di Eva per tutta la notte.

Anche se, a voler essere completamente onesti, preferirei piuttosto fare qualche programma per il week-end. Dio, sono proprio un’egoista, guardo Brad con una rinnovata aria colpevole mentre lui finisce il suo piatto.

“Ne vuoi un altro po’?”

“No, cioè, fosse per me…ma vorrei evitare di diventare un dirigibile prima di Natale: sono in modalità dieta pre-natalizia.”

“È novembre.” Lapidario…

“Lo so, che c’entra, è che Natale mi lascia degli strascichi spaventosi, ogni volta…ti ricordi l’anno scorso, no? Se ci ripenso ho ancora la pelle d’oca!”

“Qualcosa di fresco, allora.” E si alza. Io verso altri due bicchieri di vino e quando lui ritorna con la frutta e una vaschetta di gelato alzo il mio: “Facciamo un brindisi, Brad, al tuo timballo e alla facoltà di economia” Gli sorrido, lui aggrotta le sopracciglia con l’aria di chi non capisce ma prende il bicchiere e beve una sorsata generosa.

“Sai Ophelia, magari è meglio così. Voglio dire, Eva era così ambiziosa, prima o poi si sarebbe sentita comunque intralciata da me.”

Ambiziosa?! Prendo un po’ d’uva.

“Bradley, Eva non ti meritava, semplicemente. E sono sicura che, prima di quanto pensi, si renderà conto di aver fatto uno sbaglio clamoroso, lasciandoti.” Mentre pilucco un chicco alla volta, rifletto che forse sono un po’ gelosa di Bradley: in fondo le sue fidanzate non mi vanno mai a genio. Ma questo è perché lo conosco da un mucchio di tempo e ogni volta che si mette con qualcuna nuova mi sento trascurata. E il mio migliore amico e abbiamo un bellissimo rapporto, assolutamente onesto. Siamo un po’ come fratelli.

“Gelato?”

“Magari un cucchiaino…” Ci trasferiamo sul divano con la vaschetta di Macadamia e Brad inserisce il filmino delle vacanze: mare, sole…la Grecia è meravigliosa e noi ce la siamo spassata. Dopo poco però, mi si iniziano a chiudere gli occhi: un altro enorme svantaggio dell’andare a lavorare presto la mattina è che alle dieci e mezza si crolla letteralmente. Fuori piove ancora e Brad scende con Britney ad accompagnarmi, sono poche centinaia di metri fino al mio portone ma lui è un tipo vecchio stampo: Eva è stata davvero assurda a preferirgli quel buffo ometto del suo regista.

“Buona notte, Phi…”Guarda l’orologio “Se ti metti in macchina ora, forse una volta tanto arrivi in orario in ufficio domani!” Scoppio a ridere ma non ha tutti i torti.

“Grazie del passaggio, Brad e grazie del timballo.” Indico il pacchetto che mi ha messo in mano prima di uscire. “E stai su: sei molto meglio di lei!” Faccio una mezza carezza a Britney ed entro.

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