GPS che fatica! – Come funziona il Global Positioning System



Garmin GPSA prescindere dal fatto che siamo diretti verso un hotel in una metropoli, la cima di montagna o l’angolo più remoto del pianeta, grazie al GPS giungere a destinazione non è più un problema (ammesso che ne abbiamo le possibilità e capacità). Pochi click sullo schermo touch, magari lo stesso del cellulare, qualche indicazione sul mezzo di trasporto da utilizzare ed eventuali preferenze, e il gioco è fatto, non resta che seguire il percorso che dal punto dove ci troviamo ci porterà a destinazione.

Facile! Eppure fra le mani possiamo dire di avere un oggetto di tecnologia avanzatissima, frutto di decine di anni di studi. Ma andiamo per ordine.

Cosa fa il Global Positioning System (GPS)?

Risposta immediata: utilizzando i segnali radio emessi da alcuni satelliti è in grado di rilevare la posizione dove ci troviamo. Detta così sembra anche facile, se non fosse che la nostra Terra ha una superficie di oltre 500 milioni di km quadrati, e questo oggettino riesce a localizzarci sbagliando al massimo di pochi metri.

La localizzazione avviene nel modo più intuitivo possibile. Immaginiamo di trovarci in un campo da calcio e di conoscere la distanza fra noi e almeno tre angoli del campo. A questo punto, se tracciassimo tre circonferenze di raggio pari alle distanze note e aventi come centro gli angoli del campo, scopriremmo che si incontrerebbero proprio nella nostra stessa posizione.

Il GPS sfrutta esattamente lo stesso principio utilizzando almeno quattro punti di riferimento, che sono dei satelliti. Quando dei 31 satelliti in orbita per il funzionamento del sistema il nostro ricevitore è in grado di vederne almeno quattro, ecco che riesce a calcolare la sua posizione come intersezione di sfere centrate in tali satelliti. Per disegnare virtualmente queste sfere la cui intersezione permette di calcolare la nostra posizione serve però conoscerne il raggio. Come fare? L’idea è semplice. Sapendo che il segnale radio che è partito dal satellite viaggia alla velocità della luce (300.000 km/s), possiamo misurare il tempo che ci mette a percorrere la strada dall’antenna trasmittente del satellite all’antenna ricevente del nostro ricevitore GPS. Moltiplicando poi questo tempo per la velocità nota troveremo la distanza. Facile a dirsi, pazzesco pensare che possa funzionare: i satelliti si trovano, infatti, ad un’altezza media di 20.000 km dalla Terra, e il loro segnale ci mette a malapena 7 centesimi di secondo a raggiungere il ricevitore. Questo significa che la precisione con cui questo tempo viene misurato deve essere elevatissima. Se misurassimo il tempo con una precisione di 1 centesimo di secondo (e già sembra elevata), sbaglieremmo la nostra posizione di circa 3.000 km: che è circa la distanza in strada tra Brindisi e Stoccolma!

Come ottenere quindi la precisione al milionesimo di secondo necessaria al funzionamento del sistema con errori di pochi metri?

Sul satellite il problema è stato risolto utilizzando degli orologi atomici, ma non è ovviamente possibile installare questo tipo di tecnologia sul ricevitore da poche decine di euro integrato nel nostro smartphone. Ecco allora che si sono escogitate particolari (e un po’ complicate) procedure di sincronizzazione per recuperare e correggere gli inevitabili errori degli orologi posti sui ricevitori GPS. Ad esempio, fra le incognite che gli algoritmi devono trovare, vi sono anche gli errori temporali dell’orologio <<a Terra>> rispetto a quello sui satelliti. Dettaglio non trascurabile: dato che i satelliti del GPS sono in continuo movimento, la loro posizione cambia in continuazione. Non è quindi sufficiente che venga calcolata la distanza, ma è anche necessario sapere dove si trova quel determinato satellite nel momento in cui è stata effettuata la misura. Per questo i satelliti inviano a Terra vari dati, fra i quali anche quelli necessari a calcolare la loro orbita. Le posizioni delle orbite vengono inoltre determinate da apposite stazioni di terra gestite dal governo americano, che tra l’altro è l’unico gestore dell’intero sistema GPS.

Se quanto fino ad ora raccontato può sembrare già abbastanza complicato, in realtà i problemi che si sono dovuti risolvere (o che sono tutt’ora irrisolti) per il funzionamento del sistema sono molteplici.

Tra le varie cose, si è dovuto addirittura scomodare il famoso Albert Einstein.

EinsteinI satelliti, come abbiamo detto, si muovono rispetto alla superficie terrestre, e lo fanno a grande velocità. Inoltre si trovano ad un’altezza tale che il potenziale gravitazionale è differente da quello a Terra. Questi due fenomeni fanno si che lo <<scorrere del tempo>> a bordo del satellite sia diverso da quello che noi sperimentiamo sulla Terra: possiamo quindi dire che un secondo <<lassù>> non sia esattamente uguale ad un secondo <<quaggiù>>. E questo è un bel problema dato che, come abbiamo scoperto poco fa, tutto il sistema si basa proprio sulla misura del tempo! Se tali differenze, spiegabili e calcolabili come effetti della teoria della relatività, non fossero corrette, il ricevitore sbaglierebbe di svariati km. Ecco perché si dice che il GPS sia la prova tangibile della correttezza della teoria di Einstein.

Sistemata anche la relatività, potrebbe sembrare di averne avuto abbastanza. Invece ci si è dovuti intestardire ben di più per arrivare ad un sistema realmente funzionante. Fra gli altri problemi ci sono infatti tutti quelli derivanti dall’attraversamento di una porzione così ampia dell’atmosfera terrestre da parte del segnale radio, in quanto questo viene rallentato per effetto della ionosfera e delle condizioni meteorologiche.

Problema irrisolvibile?

No, ma per migliorare la precisione si sono aggiunte ulteriori stazioni a Terra che monitorano lo stato dell’atmosfera e informano i ricevitori su eventuali correzioni da apportare ai tempi di propagazione dei segnali. Altri problemi sono invece dovuti ai rimbalzi che può fare il segnale radio prima di raggiungere il ricevitore (ad esempio su edifici o montagne) che quindi vanno ad interferire col segnale diretto proveniente dal satellite e possono falsare la misura della distanza, rendendola talvolta impossibile. Aggiungiamo i problemi algoritmici relativi ai calcoli da effettuare, gli errori di misura, i problemi di scarsa precisione quando i satelliti si trovano in posizioni <<sfortunate>> (ad esempio, tutti visti sotto un angolo stretto da parte del ricevitore), l’integrazione con le mappe stradali, le tecniche per la scelta dei percorsi più brevi per raggiungere la destinazione e quelle per il tracciamento (che prevede che, una volta individuata la posizione iniziale, questa continui ad essere inseguita), il fatto che il ricevitore debba costare poco e non possa essere troppo complesso, l’integrazione con la rete cellulare (Assisted GPS), il deterioramento dell’elettronica sui ricevitori a Terra e sui satelliti, i raggi cosmici, il rumore, le interferenze, un po’ di sfortune varie (e tanto tanto altro) e la frittata è fatta.

Se nel leggere tutto questo non ci è venuto mal di testa potremmo pensare che forse qualcosa di magico c’è in quei pochi centimetri del nostro cellulare. Ma dato che qui l’unica magia è quella della mente delle persone che hanno pensato tutto questo, e della loro tenacia, forse la cosa migliore è rallegrarci per la consapevolezza delle grandi possibilità che abbiamo per rendere la nostra vita migliore, senza arrenderci di fronte a difficoltà apparentemente (o relativamente) insormontabili.

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