Wayward Pines – Il paradiso è (un incubo) di casa


Locandina serie tv Wayward PinesWayward Pines
Il regista americano M. Night Shyamalan è conosciuto per il gusto per il mistero e le trame dai risvolti imprevedibili,  anche se non sempre i suoi lavori si sono mantenuti ai livelli di qualità de Il Sesto Senso(1999). Quando si è iniziato a parlare di un suo coinvolgimento in una serie per la televisione, la curiosità è stata molta: Wayward Pines, prodotta dalla Fox ed in onda in questi giorni sia negli USA che in Italia,  ha confermato soprattutto le aspettative positive, al punto che si è parlato di un ritorno finalmente felice di Shyalaman dopo il deludente After Earth (e a questo punto lo aspettiamo al varco con  The Visit, in uscita il prossimo Ottobre).
La premessa di Wayward Pines è un gustoso zuccherino per gli amanti del mistery thriller all’americana: un incidente stradale costringe l’agente dei servizi segreti Ethan Burke/Matt Dillon a fermarsi nella ridente cittadina (Cari fan di Twin Peaks, avvertite un brivido familiare?) di Wayward Pines, dove (neanche a dirlo) niente è come sembra. Tanto per cominciare: una volta arrivati, non è più possibile andare via perchè una recinzione degna dei sogni più selvaggi di Rick Grimes impedisce la fuga. Tra gli abitanti c’è Kate Hewson( Carla Gugino) , ex collega ed ex amante di Burke, che l’uomo aveva dato per scomparsa da cinque settimane: la donna sostiene però l’impossibile, cioè di vivere a Wayward Pines già da dodici anni. La vita della cittadina è regolata da leggi assurde (” Non parlare mai del proprio passato) e lo sceriffo Pope (Terrence Howard) le fa rispettare con la brutale freddezza di uno psicopatico. 

Matt Dillon

Matt Dillon è l’agente Ethan Burke

La trama  è un adattamento della trilogia di libri I Misteri di Wayward Pines di Blake Crouch, a sua volta ispirata a Twin Peaks: il debito della serie tv con il lavoro di Lynch è evidente, ma chi ricorda  Il Prigioniero (sia la versione AMC del 2010 che quella del 1967) non faticherà a riscontrare analogie tra la storia di numero Sei e quella di Burke. Il clichè della cittadina – prigione dove si commettono orrori indicibili d’altronde, è caro alla serialità americana dai tempi di The Twilight Zone, fino ai più recenti  X – Files e Supernatural.
Un altro facile paragone è quello con Lost: il continuo riaffiorare del passato di Ethan ed i dubbi sulla sua sanità mentale, l’isolamento della cittadina e gli incidenti misteriosi lasciano lo spettatore incerto sulla realtà a cui credere e sulla natura , naturale, soprannaturale o addirittura onirica, delle avventure di Burke, così come già era accaduto per i naufraghi sull’isola di J.J. Abrams. Al contrario  di Lost però, Wayward Pines si presenta come una miniserie e finora sono andati in onda 4 episodi su un totale di 10 previsti:  insomma, nel giro di qualche settimana molti misteri dovrebbero (il condizionale è d’obbligo!) essere svelati.

Sebbene sia ancora presto per dare un giudizio complessivo, alcuni elementi di Wayward Pines sembrano essere consolidati: in primo luogo il cast di qualità, dove spicca un bravissimo Matt Dillon/Ethan Burke  e una memorabile Melissa Leo nei panni dell’infermiera Pam. Quest’ultima promette di guadagnarsi il titolo di “nurse” più inquietante del piccolo schermo. Sia il protagonista che i comprimari sono “retrò” in una maniera familiare e disturbante che si estende anche alla città: se Burke/Dillon è moro e mascolino come un personaggio di un noir anni ’50  e Carla Gugino/Kate Hewson potrebbe essere uscita da La Fabbrica delle Mogli(1975), le casette ordinate di Wayward Pines, illuminate al neon e animate dal suono di  vecchi telefoni  fanno paura per analogia con la tradizione del thriller, prima ancora che qualche orrore vi abbia luogo. 
Shyalaman ha diretto in persona solo il primo episodio, ma il suo tocco sulla sceneggiatura e come produttore esecutivo si sente, eccome: Wayward Pines è un continuo susseguirsi di colpi di scena che invece di fornire risposte crea nuove domande e nuovi misteri, tenendo lo spettatore stordito  ma incollato allo schermo. Il pericolo della confusione e del cliffhanger di maniera è sempre dietro l’angolo, anche se il formato della miniserie potrebbe salvarci dalla noia della ripetizione. Shyalaman in effetti non ci ha abituato a grandi finali (almeno sul grande schermo), ed in un’intervista rilasciata a La Repubblica riguardo a Wayward Pines,  il regista un po’ preoccupare:

(..)È stata un’esperienza entusiasmante. Il cinema è più facile, qui hai dieci ore di racconto in cui devi bilanciare gli elementi, tenere alta la suspense, sviluppare narrazione e caratteri perché il tempo te lo consente. Una sfida.(..)

E se il cinema è più facile… avremo una conclusione degna dell’intreccio fin qui costruito o la soluzione sarà deludente?
Tuttavia non disperiamo: Shyalaman sembra essere stato conquistato dalla televisione, al punto da annunciare già,  sempre a LaRepubblica, un nuovo progetto per il piccolo schermo. Il suo entusiasmo non può che essere contagioso, in un momento in cui la televisione è animata da una vitalità che manca al cinema, affogato nei sequel e nei reboot.
Non ci resta che vedere come proseguirà Wayward Pines, che fin qui è assolutamente da vedere.

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