Richie Sambora: Il nuovo album fra genio e sregolatezza


Il 18 di questo mese è uscito “Aftermath of the Lowdown” il nuovo album solista di Richie sambora. Grande chitarrista, noto soprattutto per essere la sei corde solista nel gruppo dei Bon Jovi, è anche compositore,songwriter e produttore.

Prima di addentrarci nella recensione dell’album, facciamo un breve escursus della sua carriera con qualche accenno delle sue influenze musicali più significative:

Americano,originario del New Jersey, classe 1959. La sua propensione per la musica si è manifestata molto precocemente, iniziando a suonare fisarmonica, tromba, sassofono, pianoforte, batteria, e a partire dai 12 anni e mezzo la chitarra, sulla scia della morte del leggendario Jimi Hendrix, avvenuta nel 1970. Sambora inizia ad esibirsi alla fine degli anni 70 in locali e pub del New Jersey con varie band e musicisti. Nel 1980  entra nei Message, band formata da alcuni musicisti famosi della zona fra cui il bassista Alec John Such con il quale Sambora suonerà poi nei Bon Jovi. Durante un’esibizione in un locale, per le sue performance, venne subito notato da Jon Bon Jovi e Alec John Such. Di li a poco entro’ a far parte dei Bon Jovi, in cui è presente tutt’ora. Punto di riferimento di una band in procinto di completare l’11 album in studio. Come carriera solista, Sambora ha pubblicato 3 album, ovvero: Stranger in This Town (1991), Undescovered Soul (1998) e l’ultimo Aftermath of the Lowdown di questo Settembre 2012.

Le sue influenze musicali sono prevalentemente Rock e Blues. Nel suo stile, molto istintivo e melodico, si possono trovare infatti  tracce di artisti quale Jimi Hendrix, Eric Clapton, BB King, Van Halen e Richie Blackmore. Ama molto l’improvvisazione (come tutti i bluesman del resto). Come tecniche più usate dal chitarrista invece, troviamo un uso preponderante della scala minore e di quella blues a cui affianchiamo l’utilizzo della leva del tremolo (presente in molte delle sue innumerevoli chitarre), le armoniche naturali ed una buona velocità nei fraseggi, alternati ad altri molto semplici, efficaci e melodici.

Le sue sonorità sono cambiate molto nel corso del tempo, così come il suo equipaggiamento, sia in live che in studio;  Potremmo dividere tutto in 3 periodi : il primo negli anni ‘80 dove fa uso di chitarre dalle sonorità potenti e graffianti come le Kramer (tra tutte la sua Signature Jersey star con le stelline americane in versione sia a singolo che a doppio manico), le Hamer e Les Paul affiancate da amplificatori quali JCM 800 e Gallien Krueger. Il secondo periodo degli anni ‘90 è più tranquillo invece, con sonorità più rock/bluesy; qui vediamo l’uso principale di marca Fender, sia come amplificatori (Tone Master) che come chitarre (celebre la sua Sambora Stratocaster con Floyd Rose e Humbucker PAF e la Black Paisley). Infine abbiamo l’ultimo periodo post 2000, molto moderno, in cui amplificatori come JCM 2000, Diezel, Mesa Boogie e Blackstar fanno da padroni, e come chitarre, oltre a quelle dei precedenti periodi sopra elencati, LTD, Floyd Rose ’51 Telecaster (tra cui una versione a doppio manico a tiratura limitata), Gibson ES 335 e Flying V.

Parliamo ora all’album con cui abbiamo aperto l’articolo: magari alcuni dei fan più nostalgici del vecchio stile Sambora, storceranno un po’ il naso per questo suo cambio di stile, che suona più da produzione Bon Jovi post 2000, ed ha poco dello stile dei suoi primi album solisti. Stranger in this Town infatti aveva sonorità conformi allo stile dell’epoca, ma era anche caratterizzato da pezzi ricercati, con armonie molto “live” e meno da studio, ballate blues e brani rock molto personali (Ballad of Youth, Father Time, Mr. Bluesman). Il suo secondo album, Undiscovered Soul, vantava canzoni più Springsteeniane, cantautorali e più mature rispetto al precedente lavoro in studio (Hard Times Come Easy, Harlem rain).

A primo ascolto questo Aftermath of the Lowdown pare un album dalle sonorità decisamente attuali e moderne pop/rock, con qualche lieve accenno blues in mezzo (Takin’ a Chance on the Wind e richiami a Hendrix per Burn the Candle Down).Un potente sound caratterizza canzoni quali  Learning How to Fly (in allegato qui sotto) e Nowadays, che strizzano l’occhio a gruppi quali Foo Fighters e appunto Bon Jovi. Le ballate sono ispirate, molto sentite e Richie, specialmente in questi brani lenti, è capace di esprimere il suo vero talento (Seven Years Gone, I’ll always Walk Beside You) . Di per sé l’album non aggiunge niente di nuovo al panorama musicale, ma è un buon album rock. A tratti si potrebbe azzardare la parola “commerciale”, intendendo con questo termine un prodotto di facile ascolto, come il primo singolo uscito, ovvero Every Road Leads Home to You. Chitarristicamente e tecnicamente possiamo dire che in tutto l’album c’è un’attenzione rivolta a pezzi rock sporchi e ballate più orchestrali, composizioni semplici e melodiche, che sembrano fatte apposta per essere canticchiate e suonate. Forse l’intenzione con cui sono state concepite è proprio questa.

In conclusione posso dire che è un buon cd per i fan, ma anche per chi non sa chi sia Richie e vuole imparare a conoscerlo. Vi lascio con uno dei brani del suo nuovo album, Learning How to Fly.

Buon ascolto e al prossimo appuntamento!

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