Estate, sole e melanina – Come funziona l’abbronzatura?


Un telo da spiaggia, un cappello di paglia, gli occhiali da sole e la crema solare. Il kit ideale per capire come funziona l'abbronzatura

Siamo andati al mare per capire come funziona l’abbronzatura. La scienza è così (Credits: Giorgia Serra)

Arriva l’estate e le persone hanno ormai solo una cosa in testa: la prova costume. Non staremo qui a parlare di quanto sia sciocco -leggi: machista, stereotipato, insano- puntare a essere magri e avere una super abbronzatura solamente per andare al mare. Ci concentreremo invece sul mito della pelle bruna, su come funziona l’abbronzatura e parleremo di creme solari.

Nelle scorse settimane vi abbiamo raccontato da cosa dipenda il colore della pelle. Questa settimana approfondiremo la tanto amata tintarella e l’importanza di usare la crema solare, per prevenire scottature e guai ben più seri.

Ecco a voi cinque domande sull’abbronzatura e sui cosmetici solari.

1. Perché ci abbronziamo?

Se oggi l’abbronzatura è diventata una questione di moda, in realtà è un importante meccanismo di difesa della pelle dai danni causati dell’esposizione solare. Sin da quando l’uomo ha perso i peli, circa sei milioni di anni fa, ha dovuto adattarsi ai raggi solari che gli scottavano la pelle non più ricoperta dalla pelliccia. Il colore della pelle non è casuale infatti, ma frutto di anni di evoluzione e adattamento all’ambiente.

Le melanine, che sono principalmente di due tipi, hanno la capacità di assorbire le radiazioni del sole evitando che queste vadano a danneggiare altre molecole importanti per le cellule. La melanina è contenuta nei melanociti, le cellule epidermiche deputate alla produzione e alla conservazione delle melanine. Al loro interno contengono delle strutture granulari chiamate melanosomi, che al loro volta contengono i pigmenti di melanina.

Questi melanosomi originano dal citoplasma e vengono poi trasferiti ai cheranociti, le cellule più superficiali dell’epidermide, che hanno una funzione protettiva. Per migliorare la protezione della pelle, i melanociti e i cheratinociti formano una unità epidermico-melanica, con un melanocita al centro e 36 cheratinociti attorno. I melanociti trasferiscono i melanosomi ai cheratinociti formando uno scudo di protezione della pelle.

Queste cellule sono sparse su tutto il corpo, ad eccezione dei palmi delle mani e dei piedi e delle mucose. I melanociti difficilmente sono in grado di replicarsi. Il loro numero è fissato dalla nascita, ma cominciano a funzionare solo qualche settimana dopo il parto. Per questo i neonati di colore alla nascita hanno la pelle chiara. Queste cellule sono sparse su tutto il corpo, ad eccezione dei palmi delle mani e dei piedi e delle mucose. Ma il colore della pelle non dipende dal loro numero, come si potrebbe pensare. Dipende infatti dal loro funzionamento, forma e contenuto di melanina.

2. Come funziona l’abbronzatura? 

Come spiegavamo nel già citato articolo di Camilla Tuccillo, la pelle più scura contiene più melanina che serve per proteggere le nostre cellule dai danni del sole.

Quando ci siamo evoluti dalle scimmie abbiamo sviluppato la posizione eretta e una muscolatura adatta alla corsa. Ma la peluria che ricopre le scimmie era un impedimento per i nostri antenati, che da ottimi cacciatori dovevano correre per procacciarsi il cibo. La  temperatura del corpo ricoperto di pelliccia diventava molto alta. La natura ha così selezionato gli individui che meglio riuscivano a sopravvivere perché semplicemente avevano meno peli. I nostri antenati hanno quindi perso la pelliccia,  ma allo stesso tempo la pelle era esposta e il nostro corpo aveva perso la capacità di proteggersi dal forte sole africano.

Ma la meraviglia della natura ci stupisce ancora. Il corpo umano si è di nuovo adattato alla vita senza peli iniziando a produrre melanina. L’evoluzione ha di nuovo fatto il suo corso, selezionando gli individui più adatti a sopravvivere: quelli che producevano melanina, con la pelle più scura e che sopravvivevano ai danni dell’esposizione solare.

Ma cosa fa la melanina?

Quando i raggi ultravioletti della luce solare colpiscono la nostra pelle, la melanina assorbe l’energia luminosa. Più l’energia colpisce la melanina, più i pigmenti diventano scuri; la pelle esposta al sole per un tempo lungo induce la produzione di melanina dei melanociti. Di conseguenza, più melanina viene prodotta, più la nostra pelle si scurisce. Se quindi la melanina ha uno scopo (proteggere la nostra pelle), l’abbronzatura è solo il risultato di questo meccanismo di difesa.

La colorazione della pelle dipende dall’esposizione ai raggi solari. Le radiazioni Uva provocano una pigmentazione diretta, per il fenomeno di Meyrowski. È una colorazione che appara in sei ore dall’esposizione, ma fugace. I raggi Uvb invece inducono una pigmentazione ritardata. Appare in 48 ore ed è il risultato della sintesi di melanina nei melanociti. Le cellule vengono eccitate dalle radiazioni e si inducono i meccanismi di sintesi della melanina.

3. A cosa servono le creme solari?

Ora che abbiamo parlato di come funziona l’abbronzatura, cerchiamo di capire come funzionano e perché è importante usare le creme solari.

È ormai risaputo che i raggi solari siano dei cancerogeni certi. Questo vuol dire che certamente l’esposizione massiccia e/o per un lungo periodo ai raggi ultravioletti, senza una adeguata protezione, causa delle mutazioni delle cellule cutanee provocando delle lesioni tumorali.

Negli Stati Uniti ogni anno si registrano quasi tre milioni di nuovi casi di carcinoma basocellulare, che coinvolge lo strato più profondo dell’epidermide. La prima causa di insorgenza di questo tumore è proprio l’esposizione ai raggi del sole.

In tutto il mondo, anche in Italia, i tumori della pelle sono in forte aumento e raddoppiano di anno in anno. Certo è che, per fortuna, la prevenzione e la diagnosi precoce aiutino la scoperta di lesioni precocemente e quindi un numero maggiore di casi sia scoperto e trattato – anche quelli che una volta non veniva considerati. Ma la prevenzione è fondamentale per un trattamento migliore, possibilmente meno invasivo e con un esito favorevole.

Se abbiamo già detto che abbiamo perso i peli per adattarci all’ambiente e che il nostro corpo ha iniziato a produrre melanina, cosa altro possiamo fare per proteggerci dai danni dei raggi solari? La risposta è semplice: ridurre l’esposizione al sole (per esempio evitando di stare al sole nelle ore più calde, ovvero tra le 11 e le 16) e usare la protezione solare.

Diamo i numeri: 15, 30, 50

SPF scritto sulla sabbia. A lato, una confezione di crema abbronzante

Per capire davvero come funziona l’abbronzatura dobbiamo spiegare cosa sia l’indice Spf (Credits: Giorgia Serra)

Cosa significa quel numerino che troviamo sulle creme solari? Se prendiamo in mano un flacone di crema solare, quello che immediatamente ci salta all’occhio è il numero. L’indice Spf, o fattore di protezione solare, è per convenzione un numero che indica la protezione dai raggi Uvb: più è alto, maggiore sarà la protezione. Il numero viene ricavato da una formula matematica che esprime la capacità di protezione di una crema, di evitare la comparsa di eritema solare sulla pelle.

Semplificando, possiamo dire che un Spf di 15 scherma il 93% dei raggi Uvb, Spf di 30 il 97%, Spf 50 il 98% e uno Spf 50+ il 99%. Questo ovviamente se applicati nel modo e nella quantità corretta.

Già, perché esistono delle regole anche per l’applicazione dei solari. Ad esempio, bisogna applicare la crema solare 20 minuti prima dell’esposizione al sole, ogni due ore e dopo ogni bagno. Ma lo sapevate che c’è anche una giusta quantità di crema da spalmarsi addosso?

Per assicurare che la crema crei davvero un filtro protettivo sulla nostra pelle, bisogna usare circa 2mg di crema per cm quadro di pelle. È inoltre importantissimo conservare le creme nel modo corretto (all’ombra e a basse temperature) e controllare sempre la loro data di scadenza. E già che ci siamo, vi ricordo anche che la crema solare va messa anche in città e in montagna, ma anche tutto l’anno se passiamo tanto tempo all’aperto per lavoro, svago o spot.

Presto classificazioni numeriche del Spf spariranno e sarà classificato come alta, media e bassa protezione. Questo per facilitare la scelta del solare da parte del consumatore.

4. Ma le creme solari sono “chimiche”?

Le creme solari ci proteggono dai raggi grazie a dei complessi chimici, che schermano o filtrano le radiazioni. Gli schermi sono costituiti da complessi minerali, come il biossido di titanio e l’ossido di zinco. Hanno nomi difficili, ma non devono far paura perché le industrie eseguono diversi controlli di sicurezza sui prodotti. Funzionano riflettendo le radiazioni, che non penetrano nell’epidermide. Vi sono poi i filtri (sintetici o naturali) che agiscono assorbendo una parte delle radiazioni. Sono molecole aromatiche con due gruppi carbonile che, se stimolati da una radiazione, cambiano leggermente diventando di fatto una l’immagine speculare dell’altra.

Come funziona l'abbronzatura

(Credits: Katillustrationlondon da Pixabay)

Esistono infine gli antiradicali, che sono principalmente prodotti antiossidanti.

La cosa importante da tenere a mente è che le creme solari proteggono dai raggi Uvb e non tutte dai raggi Uva. Dopo aver dato i numeri, ora diamo anche le lettere? Non siamo impazziti, ora vi spieghiamo.

Nei raggi solari si trovano sia i raggi di tipo Uva, Uvb, Uvc, a seconda della lunghezza d’onda a cui viaggiano. Nel caso del sole i raggi Uvb sono quelli resposabili di eritemi, scottature e con una lunga esposizione anche del carcinoma basocellulare. L’indice Spf indica la protezione proprio dagli Uvb e dalle loro conseguenze, come gli eritemi.

Gli Uva sono stati purtroppo per anni sottovalutati e sono i tipici raggi delle lampade solari. Questi raggi causano invecchiamento precoce della pelle, con rughe e macchie, e sono considerati una probabile causa dei melanomi.

Negli ultimi anni, le aziende farmaceutiche hanno iniziato a creare formulazioni che proteggano la pelle anche da questi raggi solari. Leggete sempre la confezione del vostro prodotto solare per essere sicuri di Spf e della copertura dagli Uva!

5. Miti sull’abbronzatura: bugie o verità?

È vero che se metto la crema non mi abbronzo?

Le creme solari, così come gli ombrelloni (ma anche i vestiti) non bloccano tutti i raggi ultravioletti. Inoltre, le radiazioni solari sono riflesse sulle superfici che non le assorbono, come l’acqua, la neve e la sabbia. Una parte arriverà lo stesso alla nostra pelle che – a seconda del fototipo – diventerà comunque un po’ più scura. Quindi, no: non è vero che se metto la crema non mi abbronzo. L’abbronzatura non ha una funzione per l’organismo, anzi evidenzia il danno causato dai raggi solari.

Storia dell’abbronzatura dai campi ai centri estetici

Fino all’Ottocento le dame andavano in giro con l’ombrello per proteggersi dal sole, la pelle color di luna era un vanto e l’abbronzatura era segno distintivo di chi lavorava nei campi. Da inizio Novecento però l’idea dell’abbronzatura cambiò radicalmente. La Rivoluzione industriale modificò le classi sociali: molti braccianti abbandonarono le campagne per andare a lavorare nelle fabbriche. Venne cosi a cadere il mito dell’abbronzatura legata al lavoro povero e quindi non adatta ai nobili.

Inoltre, nel 1903 il medico Niels Ryben Finsen scoprì che la luce solare era in grado di curare alcune malattie legate alla carenza di vitamina D. L’esposizione al sole venne quindi vista in un’ottica positiva e tutti iniziarono a esporsi al sole. Nel giro di pochi anni, soprattutto dopo il boom economico degli anni Cinquanta, l’abbronzatura divenne una vera e propria moda. Negli anni l’abbronzatura è diventata un simbolo di benessere, salute, e di uno stile di vita agiato.

Negli anni le industrie cosmetiche hanno studiato e prodotto creme solari, ne hanno migliorato tenuta, forza, texture favorendo il loro utilizzo. La medicina e l’epidemiologia hanno iniziato a studiare i fattori di rischio associati alle patologie tumorali. A oggi infatti è certo che le radiazioni solari siano cancerogene.

Perché quindi rischiare e aumentare la probabilità di insorgenza di una patologia tumorale, per una questione puramente estetica? E se proprio vogliamo puntare alla tintarella, cerchiamo di farlo proteggendoci!

Le lampade prevengono le “scottature”?

Come funziona l’abbronzatura con le lampade? La pelle viene sottoposta a una massiccia esposizione di raggi Uva che inducono la pelle a produrre melanina e quindi a colorarsi. Ma è vero che farsi le lampade durante l’anno diminuisce la possibilità di eritemi e scottature in estate? No.

Se è vero che l’abbronzatura su una pelle chiara è un fattore leggermente protettivo per le scottature solari, non offre invece una protezione sui danni a lungo termine, come il basotelioma e il melanoma. Purtroppo però esiste questo mito e, come dicevamo prima, i raggi Uva delle lampade abbronzanti sono stati sottovalutati in passato.

Gli studi degli ultimi anni hanno evidenziato come invece siano responsabili di danni alle cellule della cute e probabilmente anche del melanoma. Quindi non solo i lettini solari non ci proteggono dai danni del sole, ma addirittura li aggravano.

Insomma, come abbiamo detto fino a qui l’abbronzatura è solo un meccanismo che il nostro corpo usa per difendersi dai raggi solari. È diventata una moda degli ultimi decenni, spesso sottovalutando i danni che il sole provoca alla pelle. Sarebbe quindi importante evitare di esporsi troppo al sole. Ma se siamo degli addict della tintarella ricordiamoci almeno di usare le creme solari. Vi risparmio invece, la ramanzina da telegiornale estivo sul non uscire nelle ore troppo calde e bere tanta acqua. Però come dicono sempre le nonne: è meglio prevenire che curare, no?! 😉

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