Estopia capitolo II – Il dono


Capitolo precedente: Belafois

 

Passò un’estate, poi un’altra e poi un’altra ancora e quando giunse il giorno del suo diciassettesimo compleanno, Freyja aveva cancellato completamente dai suoi pensieri Lidia e le strane storie che le raccontava da bambina.

Ormai era cresciuta e si era trasformata in una splendida fanciulla. Non che su questo si fosse mai nutrito qualche dubbio, considerato che bimba graziosa era stata, ma ora che i riccioli biondi erano inanellati ad arte intorno alla sua testolina impertinente e le guance paffute avevano lasciato il posto ad un viso fresco dai lineamenti eleganti, i grandi occhi blu risplendevano come spicchi di cielo sulla pelle rosea e la rendevano una delle ragazze più ammirate di Belafois. Aveva molti amici e parecchi corteggiatori e il giovane Paddock, negli anni, si era mostrato con lei particolarmente assiduo e premuroso.

La Matematica era rimasta un punto dolente, così come pure la Geografia e la Storia e la Letteratura ma nessuno metteva in discussione che Freyja fosse una ragazza che avrebbe avuto successo nella vita. Né che avrebbe fatto un ottimo matrimonio e di questo si compiacevano in particolar modo il vice sindaco e sua moglie che, non avendo altri figli, riponevano in Freyja grandi aspettative.

Per il suo compleanno, che cadeva nell’ultimo giorno di agosto, Freyja aveva organizzato una scampagnata con gli amici su per le colline, fino al Picco di Lys. Lei avrebbe offerto i rinfreschi con cui festeggiare una volta in quota e la madre si era data da fare per sfornare una quantità di biscotti e dolcetti al miele che avrebbero potuto sfamare l’esercito di Henn, se mai ce ne fosse stato uno. Partirono la mattina molto presto, caricando mantelli e vivande sul pony di Fiona e si avviarono verso la montagna chiacchierando beati. C’erano tutti gli amici più cari di Freyja: Ben e la sorella, il piccolo Jim Saller figlio del sindaco di Belafois, il cugino di Ben, Roy Chandelier – un ragazzone tutto denti – e tre compagne di classe di Freyja con i rispettivi fratelli e accompagnatori. La compagnia marciava di buona lena, ciononostante, quando arrivarono nel punto stabilito per il pic-nic, mezzogiorno era passato da un pezzo. Scelto un prato carico di campanule rosa, le ragazze presero a sistemare le tovaglie e i piattini mentre i ragazzi andavano a prendere l’acqua al ruscello Lys che correva lì vicino e i più piccoli raccoglievano mazzetti di nontiscordardimé per decorare le torte rustiche.

Quando tutto fu pronto, prima di iniziare a mangiare, venne il momento dei regali. Fiona donò a Freyja un lungo nastro di merletto azzurro, dalle sue compagne ricevette un ventaglio decorato di piume, un paio di guanti di seta ricamata e un intingolo profumato racchiuso in un piccolo barattolo di latta rossa che doveva servire per rendere le labbra lucide. Freyja aveva idea che sua madre non avrebbe apprezzato quest’ultimo regalo ma a lei piacque molto. Jim Saller le regalò un album da disegno di pelle marrone, un po’ serioso, con un grazioso sacchetto contenente dei lapis colorati, mentre il cugino di Fiona e Ben le diede un volumetto sulle varietà di farfalle presenti nella terra di Henn. Quando fu il suo turno, Ben diventò un po’ rosso prima di riuscire, con molta fatica, a tirare fuori dalla tasca un cofanetto di velluto celeste dall’aria elegante.

Freyja lo prese tra le mani e lo accarezzò per sentire quanto fosse morbido: era a forma di conchiglia, i bordi erano decorati con sottile passamaneria rosa e sul davanti aveva un bottoncino dorato. A Freyja sembrò piacere molto.

“Grazie Ben, è davvero bello!” Disse allargando il viso in un sorriso che lasciò Ben confuso per qualche secondo prima di esclamare.

“Ma no…Freyja, il regalo è dentro…” e così dicendo fece scattare il piccolo bottone dorato e la confezione si aprì liberando una musica fioca e dolce. Al centro del carillon, attaccata ad una catenella, c’era una pietra ovale di un azzurro intenso, lo stesso azzurro degli occhi di Freyja.

All’inizio, nessuno disse niente e Freyja neppure. Tutto sembrò sospeso per un lungo momento in cui Ben smise quasi di respirare. Poi Fiona sussurrò.

“Wow…”

E Freyja staccò gli occhi dal ciondolo rivolgendo a Ben uno sguardo velato di commozione.

“Ben, non so cosa dire…”.

A quel punto Ben riprese a respirare e il suo cuore riprese a battere e sperò di non dover più stare tanto in pena per un regalo, in vita sua. Aiutò Freyja ad indossare il monile e tutti poterono constatare che sì, era proprio dello stesso colore dei suoi occhi, congratulandosi per la scelta tanto indovinata.

Qualcuno, in piedi accanto ad un grosso pino ai margini del prato, stava osservando la scena celando la curiosità dietro uno sguardo imperturbabile.

Quando vide la pietra azzurra, parve per un momento colpito dall’intensità del blu che sprigionava attorno al collo di Freyja ma tornò subito calmo e rimase a guardare la compagnia ancora per qualche minuto, finché non si mosse e si avvicinò al semicerchio di persone.

“E’ vero, oggi è il tuo compleanno Freyja. E’ strano, credevo di averlo dimenticato…e invece no.” Cercò di sorridere ma sentendosi a disagio, l’espressione tornò seria. “Auguri.” Concluse.

A quel punto, di nuovo, il silenzio si era impossessato dei giovani, Freyja lasciò scivolare il regalo di Ben che, se non fosse già stato assicurato intorno al suo collo bianco, sarebbe di certo finito in terra. Si alzò in piedi strizzando gli occhi, quasi non riuscisse a ricordare bene quel viso e quella voce. Poi, con il cuore in gola, sussurrò:

“Lidia!” Forse non le uscì come voleva o forse non le uscì affatto perché nessuno sembrò accorgersi che aveva pronunciato quel nome. A parte Lidia che, avvolta da un mantello, nero come i suoi capelli, le stava davanti sorridendo, stavolta suo malgrado.

Lidia si avvicinò ancora di più alla coperta del pic-nic e Freyja avanzò a sua volta, esitante. Arrivate a pochi passi di distanza l’una dall’altra, si fermarono. Lidia era sempre alta ma ora che anche Freyja era cresciuta la differenza tra loro era meno marcata. I capelli, lucidi e lunghi  fino alla vita, scivolavano sul mantello creando una strana illusione di continuità. Il suo viso era ancora pallido e il verde dei suoi occhi riluceva in modo innaturale; due orecchini a goccia sbucavano dal folto dei capelli, all’altezza delle orecchie. Anche i lineamenti di Lidia erano maturati e a vederla così, alta e snella, non si poteva negare che fosse un bel tipo: un po’ austera, certo, e, nell’insieme, da tutto quel nero scaturiva un fascino piuttosto sinistro, però era difficile distogliere gli occhi dai suoi.

“E’ una strega?” Fiona rabbrividì facendosi più accanto al fratello.

Lidia non fece caso alla domanda e continuò a rivolgersi a Freyja.

“Ne è passato di tempo, vero? Quasi cinque anni da quel giorno di primavera, ti rammenti Freyja?”

Freyja fece una smorfia.

“Mi rammento, sì…” Rispose, abbassando lo sguardo. In verità lo svolgimento degli eventi di quei giorni lontani non era, nella sua mente, particolarmente nitido. Eppure lei e Lidia erano state migliori amiche, su questo non nutriva dubbi.

Quasi seguendo il corso dei suoi pensieri, Lidia riprese a parlare.

“Ho dimenticato gran parte del tempo che abbiamo trascorso insieme da bambine, amica mia, e non ricordo più i nostri discorsi.” Socchiuse gli occhi, l’espressione un po’ vacua. “La mia mente è ingombra delle nozioni che ho dovuto imparare in questi anni di formazione. Non c’è più spazio per il superfluo.” La voce di Lidia suonò fredda e Freyja ne fu dispiaciuta.

Come ai vecchi tempi, Lidia sembrò comprendere con un attimo di ritardo di essere stata dura e tentò di sorridere per scacciare il velo di tristezza che aveva offuscato l’azzurro degli occhi della vecchia amica.

“Io ho interrotto la vostra festa, mi dispiace.” Poi avanzò coprendo i pochi passi che la dividevano da Freyja, fermandosi di fronte a lei.

“Oggi è il tuo compleanno, è vero, non l’ho dimenticato ma non ho un dono per te.” Disse quasi sussurrando e mentre Freyja apriva la bocca per risponderle si sfilò uno dei lunghi orecchini e le prese la mano. “Non è bello come la tua collana ma è un amuleto potente e ti proteggerà se sarai in pericolo.” Mentre chiudeva le dita di Freyja intorno all’opale lucente, la pietra dell’orecchino che le era rimasto mandò un guizzo veloce.

Freyja non fece un fiato e nessuno, a parte Ben Paddock, che se ne stava un po’ imbronciato alle sue spalle, sembrava intenzionato ad intavolare una conversazione con la nuova arrivata.

Lidia si voltò e prese a marciare verso il bosco, in un attimo era di nuovo sotto l’abete da cui era sbucata.

“Aspetta, Lidia!” Era la prima volta dopo anni che Freyja gridava quel nome e alle sue orecchie suonò strano come dovette suonare strano alle orecchie di Lidia che si immobilizzò, voltandosi lentamente. Freyja si protese verso di lei.

“Come…Io vorrei…” Si fermò. “Dove abiti ora? Ti rivedrò?”.

Lidia sorrise, cioè, fece una strana smorfia che poteva assomigliare ad un sorriso o, per lo meno, questo fu ciò che Freyja sperò di vedere, perché le parole pronunciate dopo furono inquietanti e ambigue.

“Quando arriverà il momento, sarò io a trovarti.”

Detto questo sparì nel folto degli alberi, lasciando Freyja scossa e con il cuore martellante a stringere l’orecchino nero fin quasi a conficcarne il piccolo gancio nella mano.

La festa proseguì un po’ meno spensierata di come era iniziata, ma stranamente, dopo pochi minuti dalla partenza di Lidia, l’atmosfera era  tornata gaia e le ragazze scherzavano di nuovo tra di loro mangiando dolci al miele e offrendo ai compagni grossi tranci di crostata. Freyja ripose l’orecchino di Lidia nel cofanetto del regalo di Ben e lo infilò in tasca, pensando fosse un regalo ben originale, considerato che lei non aveva neanche i buchi alle orecchie!

Che strano ripensare a Lidia come ad un’amica: per anni non si erano mai separate e poi, un giorno, tutto sembrava essersi improvvisamente concluso. Qual era stata la causa, poi? Freyja non lo ricordava nemmeno più, rammentava solo la schiena di Lidia che si allontanava fino a diventare un punto qualunque in un prato di margherite, mentre lei rimaneva indietro senza decidersi a fare qualcosa.

La sera, quando fu a casa, la madre volle che le mostrasse i regali ricevuti e fu molto impressionata dal ciondolo di Ben. Il padre di Ben era un ricco mercante e la madre di Freyja era affascinata dall’eleganza della casa dei Paddock e dai modi raffinati della signora Paddock. Era certa che con Benjamin, che sembrava un ragazzo per bene e devoto, sua figlia sarebbe stata felice nei lunghi anni che l’attendevano.

Freyja non sapeva cosa pensare di Ben, certo, era un caro ragazzo, si era sempre mostrato molto più disponibile di quanto non fosse necessario e Freyja non ignorava di avere un certo ascendente su di lui, però…sposare il compagno di giochi, il vicino di casa, non suonava molto avventuroso e lei aveva capito di amare l’avventura il giorno in cui aveva ascoltato, rapita, la prima storia di Lidia. Il giorno del temporale a scuola.

Accantonato il caso Ben come irrisolto, Freyja salì in camera sua. Non aveva mostrato alla madre l’orecchino, né le aveva detto di aver incontrato Lidia. Non c’era un motivo preciso, in fondo a sua madre Lidia non dispiaceva. Certo, quando la loro amicizia era finita non si era mostrata inconsolabile, però non si poteva dire che avesse mai trattato Lidia con poca dolcezza, almeno in presenza della figlia.

Prima di spegnere la luce, Freyja, aprì il cofanetto di velluto per dare un’altra occhiata all’orecchino. La musica del carillon, soave e debole, riempì la sua stanza intrecciandosi alla luce dorata della candela. L’orecchino era lì, il pendente scuro emanava bagliori fiochi; quando Freyja lo prese in mano i riflessi si fecero più intensi, diventando quasi viola. Freyja scrutò la pietra da vicino, era davvero strana, sembrava che al suo interno guizzassero dei piccoli serpenti colorati e si accorse che tendeva a cambiare colore a seconda dell’inclinazione e della luce esterna. O forse dipendeva dal calore del suo corpo.

Fu scossa da un piccolo brivido: era un dono che si addiceva perfettamente alla Lidia misteriosa con cui era cresciuta.

Rimise l’orecchino al suo posto e chiuse il cofanetto con uno scatto. Nella sua mente iniziò a farsi largo l’idea che, forse, come aveva sussurrato Fiona quella mattina, la vecchia amica fosse davvero diventata una strega, dopotutto.

Prima di soffiare sulla candela si chiese quando avrebbe rivisto Lidia. Non si chiese se l’avrebbe rivista, di quello era stata sicura fin dal primo istante del loro recente incontro.

 

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