
Il collo lungo delle giraffe, da Noè alla scienza moderna
Molto spesso la giraffa viene portata a esempio per la teoria dell’evoluzione delle specie. In gran parte dei casi è un esempio calzante, ma molto spesso invece viene travisato il concetto di evoluzione – e dunque anche il motivo per cui le attuali giraffe abbiano il collo lungo.
D’altra parte, il dibattito sulle teorie di adattamento ed evolutive hanno una storia lunga secoli. Proviamo a fare chiarezza
Dalla preistoria all’arca di Noè
Nella preistoria i nostri antenati agricoltori avevano imparato grazie all’esperienza a selezionare animali e piante che fossero migliori per la loro vita. Una vita, quella nei campi, che non lasciava certo spazio a studi evolutivi.
Le teorie filosofiche greche crearono una sorta di classificazione tassonomica degli animali, senza considerare però una teoria evolutiva alla base. Con l’avvento della religione cristiana, l’uomo venne posto al centro dell’Universo e gli animali erano considerati come creazione divina.
Secondo la visione biblica in generale, gli esseri umani sono stati creati a immagine e somiglianza di Dio e possiedono un’anima. Gli animali, secondo la stessa visione, sono esseri inferiori, utili per la sopravvivenza dell’uomo. In questa visione antropocentrica, gli esseri viventi venivano classificati attraverso la scala naturae, che prendeva spunto dalla filosofia di Platone rimaneggiata dagli studiosi cattolici.
In questa classifica, in cima si trova Dio, a seguire gli angeli e poi gli esseri umani. Il resto degli esseri viventi viene al di sotto dell’umanità, partendo dagli animali, poi i vegetali e infine il mondo minerale.

Giraffa nella savana (Credits: herbert2512 by Pixabay)
Non ci dobbiamo meravigliare, insomma, che le culture occidentali abbiano a lungo considerato gli animali come entità fisse e definite, sicuramente non in grado di mutare, evolvere, migliorare. Troviamo un esempio nella leggenda dell’Arca di Noè, per cui gli animali si erano estinti a causa del Diluvio universale.
Se la leggenda vuole che alcuni animali si sono estinti perché non sono saliti sull’Arca, oggi sappiamo invece che tutti gli esseri viventi hanno seguito il cammino dell’evoluzione.
Le teorie dell’evoluzione da Jean-Baptiste Lamarck a Charles Darwin
All’inizio dell’Ottocento il naturalista e zoologo francese Jean-Baptiste Lamarck inizio a ipotizzare una teoria dell’evoluzione biologica. Lo scienziato descrisse la sua teoria, secondo la quale poche specie animali erano rimaste immutate nel tempo e che l’evoluzione avveniva grazie alla pressione esercitata dalle condizioni ambientali in cui gli animali vivevano.
Secondo Lamark, infatti, le giraffe svilupparono il loro collo allungandolo a poco a poco per arrivare a cogliere le foglie dai rami degli alberi. L’utilizzo di alcune parti del corpo, come gli arti, poteva favorire la sopravvivenza dell’animale. Questi caratteri acquisiti venivano poi tramandati alle generazioni successive tramite l’ereditarietà.

Il collo lungo delle giraffe (Credits: HowardWilks by Pixabay)
Probabilmente a seguito di periodi di siccità e scarsità di cibo a terra, le giraffe si sforzarono e allungarono i muscoli del loro collo spingendosi verso l’alto alla ricerca di cibo.
Così facendo potevano quindi sopravvivere alla carenza di cibo potendo comunque mangiare le foglie e non dovendo competere per l’erba con gli altri erbivori. Gli animali con il collo più lungo, sempre secondo Lamark, avrebbero trasmesso questa caratteristica alla progenie.
Gli studi innovativi di Charles Darwin
Lamark è stato sicuramente il primo studioso a capire che gli esseri viventi non fossero immutabili nel tempo, ma fu L’origine delle specie di Charles Darwin a dare una spiegazione all’evoluzione degli esseri viventi.
Secondo lo scienziato inglese, gli esseri viventi vivono in competizione per la sopravvivenza con altri individui della stessa popolazione e con altre specie. In questa costante lotta per il cibo, l’ambiente gioca un ruolo fondamentale nella selezione naturale. In un mondo in cui le risorse sono limitate e gli individui più deboli muoiono, solo i sopravvissuti si adattano e trasmettono le loro caratteristiche vincenti alle generazioni future.
Nel caso della nostra amica giraffa, secondo Darwin, il collo lungo non è una caratteristica sviluppata con lo sforzo fisico dai singoli individui, ma generato dal caso. In un ambiente difficile come quello del continente africano, alcune giraffe sono nate casualmente con un collo più lungo, avendo un vantaggio nella lotta alla sopravvivenza. Grazie all’ereditarietà di questi caratteri, le giraffe con il collo più lungo sopravvivevano, mentre le altre soccombevano alle difficili condizioni ambientali. Una sorta di Hunger games nella savana, insomma!
Le teorie moderne
Sia le teorie di Lamark che quelle di Darwin erano veramente rivoluzionarie, considerando che di Dna e geni nell’Ottocento ancora non se ne parlava!
Ma la paleontologia è riuscita a capire come sia nato il collo lungo delle giraffe. Studiando le linee dell’evoluzione a partire dalla giraffa moderna – la Giraffa camelopardalis, che conosciamo ora.

(Credits: Fabrizio Frigeni, Unsplash)
Ricostruendo i fossili e le vertebre delle specie di antenati della giraffa, si è visto che il cambiamento sostanziale si è avuto nell’allungamento della terza vertebra cervicale che permetteva il sostegno di un collo più lungo.
Questa caratteristica pare essere comparsa più di sette milioni di anni fa, prima ancora che la specie Giraffidae comparisse sulla Terra. I progenitori delle giraffe quindi hanno sviluppato questa caratteristica, che è stata poi portata avanti nel tempo grazie alla trasmissione dei caratteri dominanti. La terza vertebra ha poi continuato ad allungarsi nel tempo, arrivando fino alle dimensioni della giraffa dei giorni nostri.
L’allungamento di un osso ha quindi condizionato la sopravvivenza di intere specie animali. Il viaggio nell’evoluzione è sempre affascinante. Tra lotte per la sopravvivenza, ambienti avversi e clima ostile potrebbero essere ottimi romanzi di avventura.
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