La riforestazione dell’Europa – Perché servono alberi per contrastare il cambiamento climatico?


Piantare nuovi alberi può davvero aiutarci nel contrastare il cambiamento climatico? La massiccia riforestazione che l’Europa ha pianificato entro il 2030 ci aiuterà davvero a rallentare il riscaldamento globale?

Come sempre quando si parla di situazioni così complesse la risposta è una: dipende. Di fronte a problemi dalle molteplici cause, le soluzioni non possono che essere relative e soprattutto parziali.

Piantare alberi è un impegno che l’Europa – dai decisori politici agli imprenditori, dai singoli cittadini alle associazioni ambientaliste – deve considerare come complementare a tutte le altre azioni per il clima, e non alternativo.

La riforestazione infatti è un atto sicuramente necessario, ma assolutamente non sufficiente.

Eu forest strategy for 2030 – Nuovi alberi per l’Europa

Come avevamo accennato parlando dello stato delle foreste nel mondo, lo scorso 14 giugno la Commissione europea ha pubblicato la nuova strategia per le foreste per il 2030

La riforestazione è un'azione necessaria ma non sufficiente per l'obiettivo dell'Europa di abbattere del 55% le emissioni entro il 2030

Piantare l’albero giusto, nel posto giusto e per il giusto scopo (Credits: Михаил Павленко, Unsplash)

Si tratta di una delle iniziative faro del Green Deal europeo ed è parte del pacchetto ambientale Fit for 55. Dovrebbe contribuire all’obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra nell’Ue di almeno il 55% entro il 2030 e di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.

La strategia definisce infatti, oltre che le linee concettuali, le azioni concrete per aumentare la quantità e la qualità delle foreste europee, volte a rafforzarne la protezione, la ricostituzione e la resilienza.

Una delle più “visibili” è la riforestazione dell’intero territorio europeo con tre miliardi di nuovi alberi entro il 2030.

Riforestazione? Sì, no, forse?

Secondo i dati del nuovo inventario nazionale forestale e di serbatoi di carbonio, pubblicato a fine settembre dall’Arma dei Carabinieri e dal Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria), in Europa le foreste si stanno espandendo. Più 50mila ettari l’anno nell’ultimo decennio, e senza l’intervento dell’uomo.

Ha senso allora la riforestazione artificiale? Dipende. Dipende da dove, come e perché si piantano gli alberi. E anche da chi lo fa.

Lo stesso documento della strategia sottolinea più volte che tale azione dovrebbe avvenire “nel pieno rispetto dei principi ecologici”: bisogna piantare (e far crescere) l’albero giusto nel luogo giusto e per il giusto scopo.

Dove piantare nuovi alberi in Europa

In Europa sono presenti attualmente circa 20 miliardi di alberi (corrispondenti a 227 milioni di ettari, quindi circa un terzo dell’intera superficie del continente). Ipotizzando una densità media di 1000/1500 alberi per ettaro, tre miliardi di alberi in più corrispondono a due/tre milioni di ettari aggiuntivi di foreste.

Piantare alberi è un'azione importanti su molti fronte, quello climatico, quello della biodiversità e quello del suolo

Le foreste sono il nostro futuro e non c’è futuro senza presente (Credits: Spencer Watson, Unsplash)

“È certamente fattibile”, secondo la Commissione Europea. Soprattutto considerando che dal ripristino degli ecosistemi naturali si potrebbero guadagnare ben 77 milioni di ettari e che, entro il 2030, l’abbandono dei terreni agricoli potrebbe fornire altri 4,8 milioni di ettari.

Oltre al ripristino dei campi inutilizzati, la strategia incentiva anche la creazione di sistemi agroforestali che prevedono la combinazione di colture alimentari e alberi e/o arbusti.

Tra i siti target individuati figurano anche le aree urbane e peri-urbane – come alberi in strada, nei parchi e negli spazi aperti, ma anche nelle proprietà private e interi edifici verdi – e quelle marginali o degradate in seguito a fenomeni violenti (incendi, alluvioni, eccetera).

Inoltre è importante non intervenire sulle zone che si stanno ripristinando naturalmente o quelle ad alto valore di biodiversità – come paludi, torbiere o praterie.

Riforestazione e crisi climatica

Gli alberi, insieme alle alghe e ad alcuni microrganismi, sono gli unici esseri viventi i grado di assorbire l’anidride carbonica.

Approssimativamente, i 20 miliardi di alberi europei riescono ad assorbire ogni anno 400 milioni di tonnellate di questo gas, quindi circa il 10% delle emissioni annue.

Con questi numeri alla mano, è abbastanza intuitivo pensare che tre miliardi di alberi in più entro il 2030 non cambieranno più di tanto le carte in tavola. Per quanto riguarda il loro effetto sul riscaldamento globale, sia chiaro. Ci sono infatti innumerevoli altri fattori, perlopiù locali, a cui gli alberi possono contribuire significativamente.

Per citarne qualcuno: protezione e rigenerazione della biodiversità (la cui perdita è la seconda grande crisi dei nostri tempi), filtraggio dell’acqua e risanamento dagli inquinanti, controllo dell’erosione e della perdita di suolo.

Le foreste inoltre rivestono anche funzioni economiche e sociali, dalla fornitura di legname e altri prodotti, alla ricreazione e al benessere.

La riforestazione è un’azione comunitaria

Un albero appena piantato, quando è una piantina di appena qualche decina di centimetri, non è in grado di espletare le funzioni di cui sopra. Per esempio, perché assorba anidride carbonica, ospiti e protegga gli animali e trattenga il suolo, è necessario che cresca e arrivi a maturità – una fase della vita che può essere raggiunta anche dopo 60 anni.

Le comunità locali sono fondamentali per le prime fasi di crescita delle piante

Piantare nuovi alberi è un’azione comunitaria (Credits: Sandie Clarke, Unsplash)

Questo fattore, insieme alla naturale mortalità delle piantine, deve essere tenuto assolutamente in conto quando si pianifica una riforestazione. Se gli impianti vengono progettati e gestiti in maniera non ottimale, può morire fino al 90% delle piantine. E quelle che riescono a sopravvivere potrebbero comunque non superare i primi dieci anni.

L’Europa quindi, più che piantare tre miliardi di alberi, dovrebbe avere come obiettivo quello di farli crescere. E l’unico modo per raggiungerlo è coinvolgere le comunità locali.

I proprietari terrieri che potrebbero ritrovarsi a gestire un campo agroforestale, per esempio, dovranno essere in grado di prendersi cura tanto delle piante che li sfameranno quanto di quelle che forniranno loro ombra e ossigeno. E lo stesso dovrà succedere per le popolazioni montane che vedranno rinascere quei boschi che tempeste e incendi avevano distrutto.

L’albero è un simbolo: vota quello dell’anno!

La riforestazione dunque non salverà il mondo dalla crisi che stiamo vivendo.

Ma può contribuire, e in diversi modi. Oltre a quelli di cui abbiamo parlato, piantare nuovi alberi può essere un’ottima strategia per includere il grande pubblico in iniziative legate alla biodiversità, al clima e all’ambiente.

Queste creature verdi da sempre hanno un significato simbolico per l’uomo. È proprio per questo che, ormai da oltre un decennio, ogni anno viene eletto l’albero europeo dell’anno. L’Italia, per l’edizione 2021 del concorso e grazie al supporto della Giant Trees Foundation Onlus, gareggia con quattro dei suoi castagni monumentali più spettacolari.

Secolari e imponenti, raccontano storie che nessun altro vivente può aver vissuto.

Non dobbiamo far altro che metterci in ascolto.

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