Lo stato di salute degli oceani tra innalzamento del mare e rischi per la biodiversità


Come stanno le acque del nostro Pianeta? Qual è lo stato di salute di oceani, mari, ghiacci, poli e relativi abitanti?

Una (triste) risposta ci arriva dalla Groenlandia: tra il 28 e il 29 luglio, lo scioglimento di un’enorme quantità di ghiaccio ha causato un innalzamento del livello del mare tale che potrebbe sommergere l’intero stato della Florida sotto 5 centimetri d’acqua.

Stando alla stima di circa 8,5 miliardi di tonnellate nella giornata di martedì, per la Groenlandia questa sarebbe la terza più grande perdita di ghiaccio in un solo giorno dal 1950. Gli altri due record si sono verificati nel 2012 e nel 2019 – quando il ghiaccio sciolto sarebbe stato sufficiente a coprire l’intero Regno Unito con circa 2,5 metri d’acqua.

I ghiacci della Groenlandia si sono sempre sciolti (così come si sono sempre formati) ma negli ultimi decenni gli eventi estremi sono diventati sempre più frequenti. La colpa? Il progressivo riscaldamento dell’atmosfera, il cambiamento climatico. E possiamo dirlo con una buona dose di fiducia da parte della comunità scientifica.

Con altrettante prove alla mano possiamo attribuirlo anche a cause antropiche, come l’aumento delle emissioni nell’aria, ol’accelerazione di processi che prima avvenivano più lentamente.

Salute degli oceani: perché è importante?

Gli oceani, considerando anche i mari, ricoprono il 71% del Pianeta. Sul totale della superficie della Terra di oltre 500 milioni di chilometri quadrati, le superfici acquee ne ricoprono oltre 350 milioni.

Qual è lo stato di salute degli oceani? Cosa comporta l'innalzamento del mare?

Qual è lo stato di salute degli oceani? Cosa comporta l’innalzamento del mare? (Credits: Ishan @seefromthesky, Unsplash)

Contengono il 97% dell’acqua della Terra. Sono responsabili di circa la metà della produzione primaria (produzione di materiale organico dalla CO₂ mediante fotosintesi da piante e alghe) nonché di ossigeno. E, proprio come le foreste, forniscono una serie di servizi ecosistemici utili all’uomo: cibo, acqua, energia rinnovabile, cultura, commercio, trasporti e turismo. Nel 2010, per esempio, la pesca ha offerto lavoro a 260 milioni di persone e ha fruttato 150 miliardi di dollari a livello mondiale.

Le zone costiere inoltre sono tra le più popolate del pianeta: quasi due miliardi di persone vivono a meno di 100 chilometri dalla costa e a meno di 100 metri sopra il livello del mare. Ma purtroppo le zone più vulnerabili saranno vittime sempre più frequentemente dell’innalzamento del mare, dell’erosione della costa, di tempeste e inondazioni.

Il declino della salute degli oceani, e dei servizi legati a essi, ha quindi gravi conseguenze non solo sugli ecosistemi stessi (nei mari vivono migliaia o addirittura milioni di specie che potrebbero scomparire ancor prima di essere scoperte) ma anche sulla nostra economia e sulle nostre società.

Scioglimento dei ghiacciai e innalzamento del mare

Redatto nel 2019 grazie alla collaborazione di oltre cento scienziati provenienti da 80 Paesi, il report speciale dell’Ipcc (The Intergovernmental Panel on Climate Change) su oceani e ghiacci prevede, entro il 2100, la riduzione di un terzo del ghiaccio mondiale e l’innalzamento del livello del mare fino a un metro, se le emissioni dovessero continuare al ritmo attuale.

Salute del ghiaccio – Montagna e Artico

Nelle regioni di alta montagna, alla fine del secolo i ghiacciai potrebbero perdere circa il 18% della loro massa rispetto ai livelli del 2015 in uno scenario a basse emissioni – e circa il 30% in uno scenario ad alte emissioni. L’innalzamento del mare derivante da queste perdite si aggirerebbe, rispettivamente ai due scenari, intorno ai 94 millimetri e 200 millimetri.

La banchisa dell’Artico, o ghiaccio marino, a partire dagli anni Ottanta ha subito un calo di oltre 80mila chilometri quadrati annui (una superficie grande quasi quanto l’intera Austria). Nel 1980 la sua estensione era di circa 17 milioni di chilometri quadrati; ad aprile del 2021 non raggiungeva i 14 milioni.

A partire dagli anni Ottanta la quantità di ghiaccio artico si è ridotta drasticamente, ciò ha causato un lento ma progressivo innalzamento del mare

Ghiacciai delle Isole Svalbard, nel mare Glaciale Artico (Credits: Vince Gx, Unsplash)

Per quanto riguarda il ghiaccio terrestre della regione artica, lo scioglimento della calotta groenlandese è uno dei più impattanti.

Negli anni Novanta la Groenlandia perdeva circa 8 miliardi di tonnellate all’anno; dal 2012 al 2016 ne ha persi quasi 250 miliardi annualmente, risultando la causa principale dell’innalzamento del livello globale del mare.

Banchisa e calotta in Antartide

Nel continente antartico i cambiamenti sono meno omogenei, nel tempo e nello spazio.

Qui, per esempio, la risposta del ghiaccio marino all’aumento della temperatura è piuttosto debole. Nell’Antartide occidentale questo potrebbe succedere perché l’andamento dell’estensione della banchisa è determinato da due fenomeni compensatori: la rapida perdita di ghiaccio nei mari di Amundsen e Bellingshausen e la rapida formazione di ghiaccio nei mari di Weddell e Ross.

Inoltre, il riscaldamento della superficie antartica è ritardato dalla circolazione dell’Oceano australe, che trasporta il calore verso il basso.

Al contrario, sempre nella regione occidentale, la calotta è più sensibile alle temperature calde dell’oceano. Entro il 2100, in base agli scenari, lo scioglimento dei ghiacci potrebbe aggiungere tra i 14 e i 114 centimetri al livello del mare – allo scioglimento della calotta groenlandese, invece, viene attribuito un aumento dai 5 ai 33 centimetri.

Cambiamento e dura vita ai poli

I cambiamenti che stanno subendo i poli alterano la distribuzione e le proprietà di questi habitat. La diminuzione del ghiaccio e, al tempo stesso, l’aumento della temperatura delle acque possono avere conseguenze imprevedibili, diverse in base alle specie.

Nelle regioni artiche, per esempio, queste nuove caratteristiche hanno favorito la presenza di specie boreali e subartiche, come il merluzzo bianco dell’Atlantico – perché si sono ampliate le zone in cui i può trovare nutrimento.

Al contrario, hanno sfavorito quelle tipicamente artiche, come il merluzzo polare. Anche mammiferi e uccelli ne stanno pagando le conseguenze. Cambiare areale, alimentazione e rotte migratorie li rende più deboli: aumenta la mortalità soprattutto tra i piccoli e si riduce il tasso di riproduzione.

Innalzamento del mare e vita sulle coste

L’innalzamento del mare, insieme a tempeste e eventi ondosi estremi, è il principale responsabile dell’erosione delle coste. Soprattutto di quelle sabbiose, che rappresentano il 31% del litorale libero da ghiaccio.

Le coste sabbiose sono ecosistemi molto dinamici e il mantenimento del sedimento è un fattore chiave per la distribuzione della flora e della fauna.

La salute degli oceani dipende anche dalla salute dei suoi abitanti: a causa dell'innalzamento del mare la nidificazione delle tartarughe marine è rischio

A causa dell’innalzamento del mare la nidificazione delle tartarughe marine è rischio (Credits: Kris Mikael Krister, Unsplash)

L’erosione del litorale spesso trasforma la vegetazione che, diventando rada, determina alterazioni dell’ambiente e dei suoi abitanti. Sulle coste del Pacifico e dell’Atlantico del Nord e del Sud America e in Australia, per esempio, negli ultimi anni è aumenta la frequenza della mortalità di popolazioni di vongole troppo vicine ai limiti massimi di temperatura tollerata.

Su queste coste, è stata osservata anche l’espansione verso i poli di molte specie di granchi.

Anche la megafauna, che sfrutta le spiagge durante le fasi più vulnerabili del ciclo vitale, risente della degradazione degli ecosistemi costieri. Il report dell’Ipcc stima – entro il 2100 e a causa dell’innalzamento del mare – una perdita del 59% e del 67% nell’attuale area di nidificazione nel Mediterraneo della tartaruga verde e della tartaruga caretta, rispettivamente, e del 43% nell’area di nidificazione delle tartarughe verdi in Africa Occidentale.

Salute di oceani e mari: come stanno i loro abitanti?

Probabilmente entro il 2050 in mare ci sarà più plastica che pesci. Questa stima è portatrice di due tristi presagi: l’incremento esponenziale della presenza di plastica in mare e la sempre più veloce perdita di biodiversità (di pesci e non solo).

Nel 2015 un gruppo di biologi marini australiani ha realizzato un modello per studiare lo stato di salute degli oceani in termini di biodiversità. Secondo i dati, il riscaldamento globale avrebbe reso troppo calde le acque equatoriali per molte specie, che quindi si sarebbero spinte verso zone più fresche.

Ad oggi, appena sei anni dopo e con un riscaldamento dei mari equatoriali di 0,6 gradi negli ultimi 50 anni, le loro previsioni si stanno già avverando. La fauna marina è già in fuga dalle acque equatoriali e nelle zone a latitudini maggiori la biodiversità è in aumento – e questo non è per forza un fattore positivo, anzi: si tratta comunque di alterare l’equilibrio di un dato ecosistema.

Addio alle nacchere del Mediterraneo

Pinna nobilis, o nacchera del Mediterraneo, è il più grande mollusco bivalve del nostro mare. O meglio, lo era. Pare che abbia vissuto indisturbata sui fondali del Mediterraneo per circa 20 milioni di anni per poi scomparire quasi del tutto in soli cinque anni.

Sebbene questa moria sia stata attribuita a un’epidemia causata dal protozoo Haplosporidium pinnea (appartenente a un genere già noto per attaccare altri invertebrati marini), l’impatto antropico ha sicuramente fatto la sua parte.

La pesca, l’ancoraggio delle imbarcazioni e l’inquinamento causano continuamente alterazioni nell’ecosistema marino.

L'impatto antropico sugli ecosistemi marini sta causando una progressiva perdita di biodiversità

Nacchere di mare a rischio estinzione: prova dell’impatto antropico sugli ecosistemi marini (Credits: NeONBRAND, Unsplash)

L’innalzamento della temperatura delle acque, secondo una delle ipotesi, potrebbe aver rotto un probabile preesistente equilibrio tra Pinna nobilis e il protozoo: il maggior calore potrebbe aver aumentato l’aggressività del protozoo o ridotto le difese delle nacchere.

Fatto sta che, a partire dal 2016, con un tasso di mortalità tra l’80 e il 100%, il Mediterraneo ha perso oltre 300mila preziosi individui.

Da allora Pinna nobilis è classificata come specie in pericolo critico di estinzione nella Lista rossa dell’dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura.

The ocean we want

Per far fronte a questo mare magnum (letteralmente, quasi) di situazioni preoccupanti, le Nazioni Unite hanno dichiarato il 2021-2030 il Decennio delle Scienze del Mare per lo Sviluppo Sostenibile. Questa iniziativa punta a mobilitare la comunità scientifica, i governi, il settore privato e la società civile intorno a un programma comune di ricerca e di innovazione tecnologica.

Gli obiettivi da raggiungere sono sette. Vogliamo un oceano che sia pulito, sano, predicibile, sicuro, sostenibile, trasparente e pure ispirazionale.

Ce la faremo? Dobbiamo! E possiamo iniziare con un semplice gesto: firmando il Manifesto.

Perché, come dice la cofondatrice di Worldrise Onlus, associazione che si occupa di conservare e valorizzare l’ambiente marino, “il futuro degli oceani e quindi di tutto il nostro pianeta è nelle nostre mani. Ognuno di noi nel suo piccolo può fare una grande differenza.”

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