Lo stato delle foreste in Italia e nel mondo, tra incendi e Green Deal europeo


Dalla Siberia all’Italia, dal Canada alla Finlandia, i boschi e le foreste del nostro pianeta sono nella morsa di incendi che insorgono incontrollati – e, spesso, incontrollabili.

Dall’inizio dell’estate, nell’area siberiana della Sacha, il fuoco ha divorato oltre un milione e mezzo di ettari di foresta. In questa regione le temperature medie possono arrivare a sfiorare i -50 gradi centigradi nei mesi più freddi e, solitamente, non superano i 20 gradi in quelli più caldi. Quest’anno, invece, per giorni i termometri hanno segnato un numero allarmante: 39 gradi centigradi.

In Sardegna, l’incendio nell’Oristanese in una settimana ha devastato circa 25mila ettari di boschi e pascoli. A inizio luglio, in una provincia nell’est del Canada erano già in corso 177 incendi; a innescarli sarebbero stati perlopiù fulmini, ma le alte temperature, vicine ai 50 gradi, ne avrebbero favorito la diffusione.

La Finlandia, in particolare la regione occidentale dell’Ostrobotnia, a inizio agosto ha assistito al più grande incendio boschivo degli ultimi 50 anni.

Le foreste e gli incendi: prima, durante e dopo

Di fronte a tali disastri, una delle tante facce del cambiamento climatico, come possiamo non chiederci: perché? e dopo un incendio che succede? qual è lo stato attuale delle foreste? qualcuno sta facendo qualcosa?

Come nasce un incendio…

Perché si verifichi un incendio in una foresta (ma anche in qualsiasi altro luogo ci siano esseri vegetali) è necessario che si creino le giuste condizioni, cioè devono essere presenti il combustibile, l’ossigeno e una fonte di calore. Le prime due condizioni sono presto soddisfatte: il legno, il fogliame e l’erba secca sono ottimi combustibili e l’ossigeno è presente nell’aria.

Milioni di ettari di foreste sono vittima di incendi durante quest'estate. Come nasce un incendio? Cosa succede dopo?

Nasce, cresce, finisce: com’è la vita di un incendio (Credits: Henrique Malaguti, Unsplash)

A questo punto manca solo l’energia, che può essere fornita da due tipi di fonti: naturali o antropiche.

Sorvolando su dolo, colpa e preterintenzione dell’uomo, tra le principali cause naturali degli incendi ci sono i fulmini (che sprigionano una grandissima quantità di energia), i lapilli fuoriusciti durante l’eruzione di un eventuale vulcano e l’autocombustione – possibilità che hanno tutti gli organismi viventi, piante comprese.

…e come cresce

Presenti all’appello tutti e tre questi elementi, può iniziare la combustione. Il fuoco diventa a sua volta una fonte di calore e quindi di energia che, trasferendosi dal focolaio verso l’ambiente circostante, permette l’auto-alimentazione del processo combustivo e la propagazione dell’incendio nello spazio. A questo punto entrano in gioco il clima e in particolare le temperature: più sono alte, più la vegetazione è secca, più funziona bene come combustibile (quindi serve meno energia per portarla alla temperatura a cui prende fuoco).

Questa serie di concatenazioni, in realtà (oltre a favorire la diffusione degli incendi nelle foreste) è importante anche al momento dell’innesco. Temperature più basse, maggior umidità atmosferica, più precipitazioni: questi fattori garantirebbero alla vegetazione di essere più umida e quindi meno potente come combustibile.

Ovviamente ci sono tanti altri fattori che entrano in gioco quando si parla di incendi, per questo sul sito della Società Italiana di Selvicoltura ed Ecologia Forestale potete trovare la sezione #focusincendi dedicata proprio a questo tema.

La reazione delle foreste agli incendi

Cosa succede dopo il passaggio del fuoco? Resta solamente terra bruciata? O la foresta è in grado di ricostituirsi? Gli incendi possono avere conseguenze molto diverse, ma nella maggior parte dei casi le foreste si dimostrano resilienti nei confronti del potere distruttivo delle fiamme.

Dopo una temporanea riduzione della funzionalità, infatti, le foreste possono andare incontro a processi di ricostituzione naturale o di sostituzione della foresta con altre forme di vegetazione.

Le foreste, dopo gli incendi, possono reagire in diversi modi: spesso sono in grado di rigenersarsi.

Forests have the power! (Credits: Landon Parenteau, Unsplash)

La ripresa della vegetazione in seguito a un incendio si basa fondamentalmente su due meccanismi di sopravvivenza: la capacità di alcune specie di ricostituire la parte aerea (grazie alle riserve rimaste nella zona sotterranea non danneggiata) e la germinazione di alcuni tipi di semi che sono favoriti proprio dalle alte temperature.

I semi del pino marittimo, per esempio, traggono vantaggio dal fuoco: il calore scioglie le resine che li racchiudono nelle pigne permettendone la dispersione e quindi la colonizzazione dell’area.

Il tempo necessario perché la vegetazione ricresca è variabile. Per quanto riguarda la maggior parte delle foreste europee, entro cinque anni dal passaggio del fuoco si nota un buon grado di ricostituzione della copertura vegetale.

Non somiglia ancora alla foresta che c’era in precedenza, ma ne preannuncia la ricostruzione.

Oltre gli incendi: lo stato delle foreste del mondo

Il 31% della superficie del nostro pianeta (circa quattro miliardi di ettari) è ricoperto da foreste, distribuite per più della metà tra Brasile, Cina, Canada, Russia e Stati Uniti. Il 93% dell’area forestale mondiale è composto da foreste che si sono (ri)generate naturalmente, mentre il 7% è stato piantato.

Le foreste rappresentano un ecosistema unico. Sono uno dei principali siti di sequestro del carbonio: solo in Europa dal 2010 al 2020 le foreste hanno assorbito circa il 10% dell’anidride carbonica emessa dalle attività umane. Ospitano l’80% della biodiversità conosciuta finora: circa l’80% degli anfibi, il 75% degli uccelli, il 68% dei mammiferi e il 60% delle piante vascolari.

Le foreste sono uno degli habitat con il maggior grado di biodiversità.

Biodiversità: varietà di organismi viventi in un ecosistema (Credits: Ray Hennessy, Unsplash)

Soprattutto negli ultimi decenni, però, sono in condizioni di grave pericolo e purtroppo solo il 18% della superficie totale (700 milioni di ettari) è protetto legalmente.

Deforestazione

Dal 1990 a oggi – con un tasso leggermente inferiore negli ultimi cinque anni – la Terra ha perso 420 milioni di ettari di foresta, in media tra i vari Paesi, a causa della deforestazione. Lo dice il Global Forest Resources Assessment del 2020, report della Fao che fa il punto sullo stato delle foreste.

E con deforestazione si intende la trasformazione permanente di una foresta in un altro habitat o comunque una perdita significativa e grave della copertura arborea.

Le cause principali sono rappresentate da agricoltura, allevamento, incendi, insetti (da intendersi come infestazioni, malattie e utilizzo di pesticidi) sviluppo di infrastrutture e insediamenti. Il Cerrado brasiliano, per esempio, negli ultimi anni ha perso il 30% della sua copertura a causa della coltivazione intensiva di soia.

Frammentazione

Oltre alla deforestazione, un altro fenomeno pericoloso e preoccupante è la frammentazione. Una foresta frammentata è scomposta in tante piccole porzioni, isole separate tra loro, incapaci di sostenere la biodiversità di un ecosistema intatto. Quando i confini delle foreste sono alterati cambiano la capacità di sequestrare CO2, la disponibilità di acqua e le condizioni microclimatiche.

Le foreste frammentate sono più vulnerabili agli incendi: dove entra più luce evapora più acqua dalle piante, di conseguenza il sottobosco si secca più velocemente ed è più probabile che bruci. Questo a sua volta favorisce la deforestazione.

L’integrità degli ecosistemi, oltre che “indirettamente”, è legata strettamente e in modo diretto con la salute degli esseri umani. Foreste danneggiate e degradate sono uno di quei fattori che aumentano la possibilità di spillover, ovvero di incontro tra uomo e patogeni che fino a quel momento erano rimasti relegati in zone incontaminate.

Lo stato delle foreste in Europa: funzioni e gestione

Con circa 227 milioni di ettari di foreste, la superficie boscosa copre più di un terzo del territorio europeo e, secondo il report State of Europe’s Forests 2020, è in espansione: negli ultimi trent’anni è cresciuta di circa il 9%.

La nuova strategia europea per le foreste prevede di piantare 3 miliardi di alberi entro il 2030. Piantare alberi è sicuramente parte della soluzione al cambiamento climatico.

Anyone can plant a tree! (Credits: Matthew Smith, Unsplash)

Oltre al suddetto sequestro della CO2 e protezione della biodiversità, le foreste svolgono una serie di importanti funzioni legate principalmente all’uomo e alle sue attività. Tali funzioni sono dette servizi ecosistemici e rappresentano i benefici multipli forniti dagli ecosistemi al genere umano.

Servizi ecosistemici delle foreste

Tra i servizi fondamentali ci sono quelli produttivi e quelli socioeconomici. La produzione di tronchi di legno in Europa è in continuo aumento e ha raggiunto circa 21 miliardi di euro all’anno intorno al 2015. Oltre alla più scontata legna, le foreste forniscono una serie di cosiddetti non-wood goods (beni non legnosi): sughero, alberi di Natale, frutta, funghi, selvaggina e miele rappresentano una fonte di reddito aggiuntivo. Il valore di queste merci era di circa 4 miliardi di euro nel 2015.

Il settore forestale, costituito dalla silvicoltura, dall’industria del legno, della pasta di legno e della carta, contribuisce per lo 0,7% al prodotto interno lordo in media in Europa – con picchi del 2% in Nord Europa. Il legno inoltre è una fonte di energia rinnovabile che nel 2015 copriva il 6,4% della fornitura totale in Europa. Circa la metà dell’energia proveniente dal legno viene fornito direttamente dalla foresta, poi integrato in modo significativo da residui delle industrie di lavorazione del legno e prodotti recuperati post-consumo.

Un altro servizio fondamentale è quello della ricreazione pubblica: in Europa oltre il 90% delle foreste è accessibile ai visitatori. Circa il 6% delle foreste è principalmente designato o gestito apposta per tale scopo.

Gestione sostenibile

Aumento della popolazione, sviluppo tecnologico e cambiamento climatico fanno sì che la necessità delle foreste sia in continuo aumento. Sono fondamentali per il sequestro del carbonio e la biodiversità, forniscono materiali rinnovabili che possono sostituire quelli non rinnovabili e mezzi di sussistenza rurali.

La capacità delle foreste di rispondere a tutte queste richieste non è illimitata. Perciò è necessario che la gestione di questi ecosistemi sia sostenibile. Il concetto di gestione forestale sostenibile è stato definito durante la Conferenza ministeriale di Helsinki sulla protezione delle foreste in Europa del 1992 e si basa su idee precise.

Lo stato delle foreste nel mondo è strettamente sorvegliato: la deforestazione e la frammentazione di questo habitat sono in aumento

“Fa più rumore una albero che cade, piuttosto che una foresta che cresce.” (Credits: Andrew Coelho, Unsplash)

Le funzioni ecologiche, economiche e sociali delle foreste devono essere gestite in modo da fornire benefici alle generazioni presenti, pur non sacrificando i bisogni di quelle future.

L’uso delle foreste e dei terreni forestali deve avvenire in un modo, e a un ritmo, che mantenga la loro biodiversità, produttività, capacità di rigenerazione e vitalità. E che non causi danni ad altri ecosistemi.

L’Europa ha mantenuto uno stato di equilibrio di gestione sostenibile per molti decenni. Le pressioni e le sfide che il nostro pianeta sta affrontando rischiano, tuttavia, di alterarlo.

Cosa sta facendo l’Europa per provare a garantire la transizione da uno stato di equilibrio a un altro?

Eu forest strategy for 2030 – La strategia del Green deal europeo

Lo scorso 14 luglio, la Commissione europea ha pubblicato la nuova strategia per le foreste per il 2030Si tratta di un’iniziativa del Green Deal europeo e si basa sulla preesistente strategia per la biodiversità per il 2030. L’obiettivo principale è mantenere il buono stato delle foreste, individuando quelle azioni che permettano loro di adattarsi agli estremi meteorologici e all’elevata incertezza causata dal cambiamento climatico.

Tra le varie, ce n’è una che attira particolarmente l’attenzione: piantare tre miliardi di alberi entro il 2030. 600 milioni di alberi all’anno dovranno essere piantati nel pieno rispetto dell’ecologia, il che vuol dire che dovrà essere piantato l’albero giusto, nel posto giusto – non solo nelle foreste ma anche in in aree agroforestali, agricole e urbane – e al giusto scopo.

Perché questo enorme lavoro? Piantare nuovi alberi è così efficace?

Le foreste non risolvono la crisi climatica e della biodiversità, ma sono parte della soluzione. Piantare alberi non è un’alternativa alla prevenzione. Tuttavia, si tratta sicuramente di un’azione di conservazione complementare a tante altre.

E soprattutto è qualcosa che possiamo fare tutti, anche nell’ambito della strategia.

Anyone can plant a tree!

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