Distorsioni cognitive – Come arrivare velocemente a conclusioni sbagliate


È conoscenza comune che l’essere umano utilizzi solo il 10% delle sue risorse cognitive. Questa credenza ha influenzato innumerevoli opere letterarie e cinematografiche, tra cui la pellicola Limitless, tratto dal romanzo Territori Oscuri di Alan Glynn, e il film Lucy, di Luc Besson.

Purtroppo, come tante cose legate alla mente umana, anche questo è un mito, debunkato ormai da molto tempo e da diverse fonti. Tuttavia, oggi sono qui per dirvi che questo mito è vero, ma non nel modo che pensate voi.

È vero grazie alle distorsioni cognitive.

L’economia cognitiva – La base delle distorsioni cognitive

Copertina del film Lucy di Luc Besson

(Credits: Universal pictures)

Se vogliamo interpretare questo mito sotto un’altra luce, potremmo dire che nella vita quotidiana la mente umana utilizza solo il 10% delle sue possibilità perché utilizzare anche il restante 90% renderebbe la vita un grande loading screen, impedendoci di compiere le funzioni umane di base – come interagire con gli altri, mangiare o dormire.

Il nostro cervello, infatti, ha capacità di elaborazione limitate e quindi tende alla cosiddetta economia cognitiva: la mente cerca modi rapidi di elaborare i dati che arrivano dal nostro ambiente, per risparmiare energie e per rispondere in modo immediato alle richieste dell’ambiente stesso.

Pensate a un umano preistorico, che deve decidere se per scappare da un leone affamato dovrà nascondersi in un cespuglio oppure salire su un albero. L’homo sapiens che si ferma e pondera i pro e i contro di una o dell’altra decisione incidendoli su un tronco d’albero – perché ovviamente all’epoca carta e penna non erano ancora stati inventati – verrà probabilmente mangiato dal leone in 10 secondi netti.

Dal punto di vista evolutivo, chi vincerà la gara della riproduzione? Quello che pondera bene la decisione o quello che decide rapidamente di nascondersi?

La base delle distorsioni cognitive

Capirete quindi quanto è stato importante per la sopravvivenza umana riuscire a prendere decisioni in pochi secondi. L’economia cognitiva, quindi, ci ha aiutati a evitare l’estinzione e ad arrivare allo sviluppo della società civilizzata.

L’economia cognitiva ci permette di risolvere problemi in modo rapido, ma purtroppo ha i suoi svantaggi. Uno dei più grossi è che noi giudichiamo i risultati di queste rapide analisi come veri, senza tenere conto che la velocità vince spesso sull’accuratezza. E in un mondo complesso come il nostro, dove le decisioni non sono più questione di vita o di morte, la rapidità e la semplicità spesso portano a risultati disastrosi.

Un celebre meme sulla velocità di calcolo

“Il suo curriculum dice che lei è molto rapido a fare i calcoli. Quanto fa 34×23?”
“45”
“Non ci è andato neanche vicino”
“Ok, ma sono stato rapido” (Credits: sconosciuti)

In psicologia cognitiva, questi rapidi processi di pensiero che portano a risultati errati vengono chiamati distorsioni cognitive, o bias cognitivi. Ce ne sono di diversi tipi e sono sicura che vi riconoscerete, se non in tutti, almeno in gran parte di essi. Vediamo i più comuni.

Pensiero dicotomico – Tutto o nulla

È il pensiero bianco/nero, tutto/nulla. Questo tipo di pensiero è molto caro ai perfezionisti patologici, che spesso pensano “Se non lo posso fare in modo perfetto, allora tanto vale non farlo” oppure “Se non prendo il massimo dei voti a questo esame sono un completo fallimento”.

Il pensiero dicotomico, però, non si applica solo alle prestazioni, lavorative o scolastiche che siano. Spesso lo utilizziamo anche con gli altri, per esempio “Sei con me o sei contro di me”, oppure “Se non me lo dimostra sempre, allora non mi ama”. Ancora, un grande classico degli ansiosi: “Se non sono sicuro al 100% che andrà tutto bene, allora succederà qualcosa di terribile”.

Pensandola sempre come fossimo animali, evidentemente il pensiero bianco e nero ci è stato utile in passato. Immaginiamoci sempre l’omino primitivo alle prese coi predatori. Se una zona non è 100% sicura, allora potrebbe essere piena di predatori, quindi la eviterò. Semplice ed elegante.

Purtroppo, questo tipo di pensiero ci impedisce di osservare le scale di grigio che tanto fanno parte del nostro mondo moderno. Ci impedisce di correre qualche piccolo rischio, che però ci può portare a una grossa ricompensa nel futuro. Ci impedisce di perdonare, di capire l’altro e di metterci nei suoi panni.

Generalizzazione – Quando le distorsioni cognitive ci rendono prevenuti

Si tratta della tendenza a generalizzare al tutto partendo da un episodio particolare. Per esempio, se un colloquio di lavoro non va a buon fine potrei pensare “Se questo colloquio non è andato bene vuol dire che non troverò mai un lavoro”. Altri esempi sono “Non troverò mai il partner giusto per me” o “Tutti si approfittano sempre di me” dopo un rifiuto da parte di una persona che ci piace o una discussione con un amico.

Due delle principali distorsioni cognitive in un meme

Quale scegliere tra le principali distorsioni cognitive? (Credits: Discorsivo)

Anche questo bias cognitivo è stato evidentemente utile in passato e può trovare una utilità anche nel presente, nel momento in cui ci aiuta a capire quando lasciar perdere e dedicarsi ad altro dopo una serie di fallimenti. Tuttavia, è anche estremamente rischioso e può essere un fattore che rinforza il mantenimento di sintomi depressivi, per esempio. Se imparo che un fallimento equivale al fallimento totale e globale, ecco che la motivazione a fare qualsiasi cosa cala drasticamente. Perdo la voglia di provarci ancora, togliendomi così anche la possibilità che possa finalmente andare bene.

Inoltre, mi rende prevenuto nei confronti degli altri: se sono convinto che tutti siano dei manipolatori approfittatori, è probabile che di fronte ad una persona nuova che vorrà conoscermi mi porrò in modo sospettoso e ostile nei suoi confronti, respingendola e andando quindi a confermare la mia credenza di base.

Lettura del pensiero – No, non sei il professor Xavier degli X-Men

“Sono sicura che stia pensando che sono una scema”. “Il mio capo già pensa che sono incompetente, dopo quello che è successo oggi mi licenzierà sicuramente”.

Ogni volta che pensiamo – anzi, siamo certi – che l’altro stia pensando qualcosa su di noi, stiamo letteralmente leggendo il pensiero dell’altro. Male, aggiungerei. Neanche noi psicologi possiamo farlo – e vi ricordo che abbiamo chiaramente poteri soprannaturali – figuriamoci una persona comune.

Quando cerchiamo di intuire cosa l’altro possa pensare è perché stiamo cercando di capire le sue intenzioni nei nostri confronti. E dunque facciamo quindi un esercizio di pensiero. In base al linguaggio verbale e non verbale che percepiamo dall’altro – ma soprattutto in base alle nostre credenze, paure, insicurezze – spesso presumiamo che l’altro pensi qualcosa quando… non possiamo saperlo.

Il problema si crea quando pensiamo che le nostre supposizioni siano sicuramente vere e agiamo di conseguenza. Per esempio, sono sicura che il mio capo pensi che io sia incompetente, quindi mi deprimo e la mia performance peggiora. Oppure, se sono sicura che l’altro stia pensando male di me, potrei aggredirlo verbalmente e comportarmi come se mi avesse appena insultato.

Quelle appena descritte sono solo tre di tante altre distorsioni cognitive identificate da Aaron Beck, il fondatore della terapia cognitivo-comportamentale e lo psichiatra che più ha contribuito alla terapia della depressione in questo ambito. Se volete conoscerne altre, giusto per farvi ancora un po’ del male, appuntamento al prossimo mese!

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