Pronta per partorire? Ecco come funziona una sala parto, tra dolore e aspettative


Partorire è un’esperienza emotivamente molto intensa nella vita della donna. E ogni donna ha un’idea diversa di come sarà il proprio parto.

Catapultiamoci dunque a vedere come funziona una sala parto, tra dolore e aspettative. Ad aver confuso un po’ le idee sono stati anche i media, che nei loro programmi e film hanno enfatizzato il parto – con qualche eccezione, diciamo.

Di solito lo hanno fatto presentando scene inverosimili, che vanno da situazioni estreme, come parti esageratamente dolorosi, all’esatto opposto: un leggero colpo di tosse con l’eye-liner impeccabile e oplà, ecco il neonato meravigliosamente pulito e profumato.

Katherine Heigl durante la scena del parto in Molto incinta (Knocked up), commedia datata 2007

Katherine Heigl durante la scena del parto in Molto incinta (Knocked up), commedia datata 2007 (Credits: Universal pictures)

(E per la cronaca, no: escono viscidi e coperti di sangue e liquidi fisiologici)

Come funziona una sala parto: ecco chi ci aiuta a partorire

Chi troviamo in ospedale quando siamo pronte a partorire? L’ostetrica, innanzitutto, “regina” della sala parto. Una professionista che dedica la sua arte e il suo sapere alla donna, al bambino e alla coppia.

Ne parliamo al femminile perché gli ostetrici sono molto rari: alcune centinaia su circa ventimila. È una figura importante: durante il travaglio sarà lei ad aiutare la mamma, ad accogliere il bambino nelle sue mani e a porgerlo poi alla madre affinché lo possa vedere, toccare e stabilire con lui il primo rapporto d’amore figliale.

Non solo: è l’ostetrica a vegliare sulla puerpera dopo che ha partorito, accertandosi che tutti i fenomeni involutivi fisiologici si verifichino. Per esempio la contrazione uterina: dopo il parto l’utero continua a contrarsi per tornare alla sua forma e dimensione pre-parto.

Ed è l’ostetrica a supportare la neomamma nei momenti di crisi e sconforto che spesso avvengono nel periodo di degenza in ospedale.

Aspettative in sala parto: come gestirle

Alcune donne in gravidanza possono sviluppare uno stress post traumatico se hanno particolari aspettative che non vengono corrisposte. Soprattutto se il parto finisce con qualche danno per loro o per il bambino.

Le future mamme che desiderano un parto in acqua e non posso ottenerlo, per esempio, quando arrivano in ospedale si sentono non sostenute e, magari, rimangono addirittura traumatizzate.

Pronta per partorire? Forse vorrai sapere come funziona una sala parto! Intanto però, eccoti la foto di un piedino di neonato

Il piedino di un neonato (Credits: Kahar Erbol, Unsplash)

Per diminuire l’incidenza di queste problematiche, le ostetriche dovrebbero domandare alle partorienti quali sono le loro aspettative. Meglio farlo, però, in un ambiente confortevole e tranquillo, con tempo a disposizione e mente aperta, ascoltando i desideri di chi deve partorire e utilizzando una comunicazione chiara, onesta e rispettosa su ciò che la futura mamma desidera.

“Partorire con dolore” ha una sua utilità

L’intensità del dolore in travaglio si differenzia in modo significativo da una donna all’altra e – nella stessa donna – anche da un parto all’altro. Questo perché si tratta di una sensazione estremamente dipendente dalle precedenti esperienze e dalla soglia individuale, dall’età, dalle condizioni fisiche e psicologiche.

Per esempio, se siete entrate in travaglio nel momento esatto in cui il vostro compagno ha deciso di lavare i maglioni con il sapone di Marsiglia e il bucato è diventato tutto infeltrito, allora probabilmente sarà un travaglio sofferto.

Il dolore, però, ha uno scopo: il forte stress dovuto al dolore stimola la secrezione di adrenalina e di conseguenza vengono secrete anche l’ossitocina, le prostaglandine e le endorfine. Tutti ormoni necessari e indispensabili per rendere le contrazioni efficaci, per attutire la percezione del dolore, per favorire il distacco placentare e, dopo la nascita, per contribuire alla secrezione del latte materno durante l’allattamento.

Una donna che ha appena finito di partorire

(Credits: Cynthia_groth, Pixabay)

Il dolore che accompagna il parto è un’esperienza forte, totale, profonda e penetrante che obbliga la futura mamma a scontrarsi con i propri limiti e con le proprie capacità. È il momento che la prepara a diventare genitore.

Un dolore propositivo

Difficilmente si pensa al potenziale positivo insito nel dolore del parto. Solitamente è visto come un nemico, come qualcosa che porta solo sofferenza.

Il travaglio e il parto sono dolorosi, ma con una dovuta informazione e imparando a guardarlo come un amico che guida e aiuta la futura mamma, risulterebbe più facile imparare a gestirlo.

Anche per questo è di fondamentale importanza la presenza di un personale sanitario preparato e empatico nei confronti della nuova famiglia, in modo da accompagnare la donna in questa tempesta facendola navigare con meno sofferenza e fatica possibile, così da conservare un ricordo non così doloroso, ma necessario.

In modo che poi, volendo comunque ricorrere all’epidurale, quella della futura mamma diventi una scelta dettata dalla consapevolezza, e non dalla paura del dolore.

Fortunatamente, grazie ai farmaci analgesici, si può affrontare l’esperienza del parto con meno dolore. Anche per il partner che dovesse tenere la mano alla partoriente, e che così rischia un po’ meno di ritrovarsela stritolata!

2 Comments

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  1. Valerio

    Articolo molto interessante.
    In effetti si sa ben poco di cosa significhi partorire e come sia realmente, é stato dunque di grande interesse leggerne. Grazie

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