Sono davvero bipolare o ossessivo-compulsivo? – Psicopatologia dei disturbi della vita quotidiana


Quante volte vi è capitato di dire “Devo avere per forza il disturbo bipolare” per un semplice sbalzo d’umore? Oppure “Sono un po’ ossessivo-compulsivo” pensando alla fissazione per il colore delle penne? O ancora, di essere convinti di essere ipocondriaci alla prima preoccupazione per la vostra salute fisica?

Narcisista, depresso, ossessivo, istrionico. Anche questi sono termini ormai sdoganati e comuni nel parlare quotidiano. Fortunatamente, internet e i social hanno sicuramente contribuito a una maggiore informazione sui disturbi mentali, creando community e dialogo. C’è però un lato negativo ed è il rischio di vedere in tutto una patologia. Sono in ansia per l’esame di domani e mi viene un attacco di panico? Forse ho un disturbo d’ansia. Ho un umore ballerino? Probabilmente sono depresso.

Ne abbiamo anche parlato sul nostro canale Twitch, poco tempo fa, sul finale della live dedicata alla rappresentazione dei disturbi mentali nei film e nelle serie tv, tra cui proprio il disturbo bipolare, quello ossessivo-compulsivo e il disturbo post-traumatico da stress. In sintesi: se vi state chiedendo se siete sani o meno, beh… non è la domanda giusta!

Una breve storia dell’anormale

La comunità scientifica ha abbandonato ormai da qualche decennio la concezione di malattia come un interruttore on/off. All’epoca sembravano tutti dire: la malattia o c’è o non c’è. Le prime ipotesi, infatti, vedevano la psicopatologia come qualcosa di diverso e di “anormale”. Il folle o lo squilibrato erano cose diverse da noi, quindi dovevano essere isolati dalla società perché pericolosi o irrecuperabili. C’erano i pazzi al manicomio e c’erano i sani in società.

Bradley Cooper, che nel film Il lato positivo interpreta un uomo alle prese con un disturbo bipolare

Bradley Cooper, che nel film Il lato positivo interpreta un uomo alle prese con un disturbo bipolare Credits: The Weinstein Company)

In Italia, la Legge Basaglia del 1978 ha ufficialmente chiuso l’era dei manicomi e avviato quella dell’assistenza territoriale del paziente psichiatrico. I “pazzi” tornano ad essere parte della comunità e gradualmente ci si accorge che forse non siamo così diversi da loro.

Gradualmente, sia in psichiatria che in psicologia (così come anche nella medicina generale) ci si rende conto che il confine tra normalità e patologia è molto sottile e dipende, più che da una presenza o assenza di qualcosa, da un suo grado di intensità.

L’approccio dimensionale

A questo punto nascono gli approcci dimensionali, che sostituiscono quelli categoriali, in cui si notano delle caratteristiche, dei tratti, dei sintomi in cui tutti possiamo riconoscerci. Volete qualche esempio?

Soffri di ansia e preoccupazioni eccessive relative a una quantità di eventi o di attività come prestazioni lavorative o scolastiche? Hai difficoltà a controllare la tua preoccupazione? Ti senti irrequieto, affaticato, fai fatica a concentrarti e sei irritabile?

Oppure…

Ti trovi spesso preoccupato per uno o più difetti o imperfezioni percepiti nell’aspetto fisico, che non sono osservabili o appaiono agli altri in modo lieve? A un certo punto hai cominciato a guardarti allo specchio, curarti molto del tuo aspetto o ricercare rassicurazioni? Hai confrontato il tuo aspetto fisico con quello degli altri in risposta a preoccupazioni legate all’aspetto?

Andiamo sulla personalità.

Sei uno di quelli che si preoccupa dei dettagli, le regole, fa liste o programmi tanto che va perso il senso dell’attività? Sei un perfezionista che procrastina? Non riesci a gettare oggetti consumati o di nessun valore anche quando non hanno significato affettivo? Fai fatica a delegare? Sei testardo?

A questo punto, molti di voi si sono auto-diagnosticati un disturbo d’ansia generalizzata, un dismorfismo corporeo e un disturbo ossessivo-compulsivo di personalità. Congratulazioni!

Con le auto-diagnosi su Internet, però, vi sarete diagnosticati anche diversi tumori e altre malattie incurabili, quindi andiamoci piano.

La chiave della patologia: ho davvero il disturbo bipolare o l’ocd?

Per quanto riguarda i disturbi d’ansia, dell’umore o ossessivo-compulsivi, molti di noi hanno almeno una volta nella vita avuto periodi di forte stress, attacchi di panico o comportamenti che fanno parte di queste categorie. In periodi di pandemia globale, è comune che ci si lavi le mani molte volte al giorno, oppure che si vogliano evitare le folle o che si abbia paura ad uscire di casa.

Questo vuol dire che siamo tutti disturbati? Non necessariamente.

una persona che si lava le mani col sapone, prima immagine che ci viene in mente pensando al disturbo ossessivo-compulsivo

Quante volte al giorno devo lavarmi le mani perché diventi parte di un disturbo ossessivo-compulsivo? (Foto: ivabalk da Pixabay)

Anche parlando di disturbi di personalità, se andiamo a leggere i sintomi del Dsm-5 (il manuale diagnostico statistico dei disturbi mentali dell’American Psychiatric Association) ci ritroveremmo in almeno uno di questi disturbi, se non in due o tre. Vuol dire che oltre a soffrire di disturbi d’ansia e depressione abbiamo anche un disturbo di personalità?

Anche qui, non necessariamente.

Il fattore chiave è quanto queste caratteristiche, comportamenti o sintomi ci impediscono di vivere una vita normale e soddisfacente. Ecco il criterio fondamentale:

I sintomi causano un disagio clinicamente significativo o una compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti.

Rivediamo le diagnosi

Torniamo alle nostre auto-diagnosi. Se la preoccupazione eccessiva non mi fa dormire la notte, mi porta a mandare mille messaggi al mio compagno o compagna per sapere quando tornerà a casa, per poi avere un attacco di panico e chiamare la polizia ai 10 minuti di ritardo, se fatico ad uscire di casa per paura di essere investito da una macchina o di morire in un incidente, se piango tutti i giorni all’idea di poter morire e lasciare i miei figli da soli nel mondo ecco, forse chiamerei un esperto.

Una ragazza disperata davanti a un pc con una scadenza che incombe

Consegno tardi ma perfetto o in tempo ma imperfetto? Il grande dilemma (Foto: energepic.com su Pexels)

Ancora: tutti noi abbiamo quel neo che non ci piace, chiediamo rassicurazioni agli amici sulla grandezza del nostro naso o sulle nostre gambe storte, ma tendiamo ad andare avanti con la nostra vita. Se la preoccupazione diventa così grande che smetto di uscire di casa per evitare che mi guardino il naso – che dal mio punto di vista è chiaramente deforme – e comincio a indossare sciarpe che mi coprono la faccia, finendo magari nei guai con la polizia perché mi rifiuto di scoprire il viso in una banca… pensiamoci.

Disturbo bipolare? Ocd? Ansia? Questione di… gradi!

Infine, per quanto riguarda la personalità, questa diventa un problema se non c’è flessibilità, né strategie di gestione delle situazioni stressanti. In pratica, se sono una persona precisa, ma ho una scadenza ravvicinata, posso scegliere se dare priorità alla scadenza e consegnare un lavoro completo ma imperfetto, con qualche fastidio annesso, oppure farmi trascinare dal perfezionismo e non consegnare un lavoro fintanto che non è perfetto, mancando la scadenza e beccandomi una ramanzina dal capo.

A questo punto, se sono una persona impulsiva, mi potrebbe salire quell’istinto di rispondere, ma mi trattengo perché so che ci sarebbero conseguenze negative. Oppure, posso farmi travolgere dalla rabbia, urlando improperi e facendomi licenziare.

Se arrivati alla fine di questo articolo vi state domandando quale sia il grado della vostra sanità mentale, e non se siete sani o meno, vuol dire che ho fatto un buon lavoro.

*Il titolo dell’articolo è liberamente ispirato al libro di Sigmund Freud dal titolo, appunto, Psicopatologia della vita quotidiana.

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