
L’amore non è stalking – Come i film aiutano gli stalker a passare per romantici
Febbraio è il mese di San Valentino, ma anche dei vari San Faustino per i single che hanno scelto di festeggiare il loro status. San Valentino è anche l’occasione perfetta per mettere su un bel film romantico, accompagnato da una bottiglia di vino e un plaid di lana. Quale film scegliereste? 10 cose che odio di te? Oppure Le pagine della nostra vita? Forse meglio Love actually!
Mi dispiace deludervi, ma in tutti questi film, e in molti altri, il tema comune non è l’amore, ma lo stalking.
Stalking: non amore, ma ossessione
Sapete cosa sono i trope? L’originale in italiano sarebbe tropo, un termine della retorica classica troppo difficile da capire per un cervello come il mio, scevro da studi classici.
Ma quello che a noi interessa è il significato più contemporaneo: in inglese un trope è un tema ricorrente in letteratura, oppure nel cinema o nelle serie tv. Un trope molto utilizzato, per capirci, è quello della lotta tra il bene e il male, tipico delle saghe fantasy come Il Signore degli Anelli o Harry Potter.
Beh, in Le pagine della nostra vita, 10 cose che odio di te e Love actually, il trope ricorrente è quello dello “stalking per amore”, ovvero la visione romanticizzata della persecuzione del proprio oggetto d’amore.
I protagonisti maschili spesso non accettano il no come risposta, insistono, pedinano, assillano fino a che la ragazza cede davanti a un grande gesto d’amore di fronte a tutta la scuola.

Parlando di stalking mascherato da amore, ci viene in mente Ryan Gosling nella scena della ruota panoramica di Le pagine della nostra vita (Credits: Gran Via)
In alcuni casi, il ragazzo ostinato ricatta la ragazza con la minaccia di suicidio (Le pagine della nostra vita), rovina il filmino di matrimonio della ragazza con inquadrature inquietanti solo su di lei (Love Actually), o continua incessantemente ad insistere nonostante la ragazza abbia più volte detto di no (10 cose che odio di te).
E i desideri della donna?
Troviamo spesso nei film, nei telefilm o anche in letteratura questa visione carina e coccolosa di ragazzi e uomini che arrivano a fare gesti estremi per la donna che corteggiano (attenzione! Non “che amano”! L’amore è un’altra cosa). Nella vita reale questi gesti varrebbero almeno una denuncia.
Eppure, in tutti i casi la donna sembra davvero innamorarsi dell’uomo, rinforzando l’idea che il “no” sia solo temporaneo e che, se insisto abbastanza o faccio un gesto abbastanza eclatante, questo dimostri quanto la amo. E, quindi, vincerò.

(Credits: Working Title Films; rielaborazione: Anastasia Giacomi)
Il problema è che questa visione non tiene in conto i desideri della donna. Per esempio, il fatto che lei potrebbe davvero non gradire le attenzioni di quell’uomo, ma che si possa sentire costretta a dire di sì a causa della pressione sociale data dal “grande gesto”: come fai a dire di no a uno che ti canta una serenata, dai! Dagli una possibilità!
La ricerca sugli stalker romantici: cosa ci dice la psicologia?
In un’interessante ricerca di Julia R. Lippman dell’Università del Michigan, dal titolo evocativo “I Did It Because I Never Stopped Loving You”, si nota come l’esposizione a film che dipingono il perseguimento insistente di un interesse amoroso come spaventoso e inquietante portava gli spettatori a giustificare in misura minore i comportamenti da stalker.
Al contrario, l’esposizione a pellicole che dipingevano questi stessi comportamenti come romantici e positivi portava invece gli spettatori a giustificare maggiormente le azioni da stalker.

Heath Ledger nella scena del campo da football in 10 cose che odio di te (Credits: Touchstone pictures)
Questo cosa ci dice? Che solo perché nei film tormentare una ragazza pare funzionare, non vuol dire che funzioni nella vita reale.
Gli autori statunitensi Ronnie B. Harmon, Richard Rosner e Howard Owens, esaminando 48 casi seguiti dalla Corte Suprema di New York negli anni 90 (qui un approfondimento), descrissero due stili relazionali tra lo stalker e le vittime:
- attaccamento affettivo-amoroso
- attaccamento persecutorio-irato.
Nell’immaginario collettivo lo stalker è generalmente il secondo, ovvero l’ex marito geloso e vendicativo che non riesce ad accettare il fallimento del proprio matrimonio, oppure il predatore antisociale e psicopatico, che insegue e stupra le proprie vittime.
Questi uomini vengono visti come estranei dal nostro essere, perché vedono le donne come proprietà e l’amore come diritto, che devo difendere anche con aggressività e violenza. In alcuni casi questi stalker soffrono di disturbi psichiatrici importanti, come disturbi di personalità, psicosi e deliri. In alcune ricerche, viene riportato come più o meno il 50% degli stalker avesse una diagnosi psichiatrica, ma l’altro 50%? Forse, quindi, lo stalking non è necessariamente una conseguenza di un disturbo mentale, né può essere necessariamente violento, ma può essere un’azione comune, fatta da persone comuni.
Cosa trasforma l’amore in stalking (ammesso che sia mai stato altro)
Al netto di azioni violente e disturbi psichiatrici, quindi, anche gli uomini che ricercano le attenzioni amorose della donna possono diventare dei veri e propri stalker.
Ma cosa li rende tali? Guardiamo quello che fanno, ovvero i comportamenti:
- continui e insistenti contatti attraverso chiamate, messaggi, email, lettere, biglietti, social network a qualsiasi orario del giorno e della notte;
- seguire e osservare da lontano la persona durante le sue attività quotidiane, a casa e al lavoro;
- lasciare messaggi che segnalano la propria presenza in posti familiari alla persona, ad esempio sulla macchina o nella cassetta delle lettere;
- il classico stalking da social media, ovvero indagare sulle abitudini della persona, chi frequenta, con chi esce e dove va, quali sono gli orari della sua giornata, cercare e chiedere l’amicizia ad amici e familiari sui social;
- lasciare numerosi regali non richiesti.
In quanti film avete trovato il protagonista stalker che “vince” la ragazza? Ditecelo nei commenti!
Se volete approfondire il trope “stalking per amore”, guardate questo video (con sottotitoli in italiano, tranquilli).
“Si può amare da morire…”
Vi lascio con una citazione dei Neri per Caso (millennial, rispolverate le vostre conoscenze anni 90!), tratto dalla canzone Le Ragazze. La canzone ha un non so che di rosicata, ma il ritornello è una grande lezione di vita. E se l’avevano capito nel 1995, possiamo capirlo anche noi, dai.
Ci devi stare, inutile sperare
Di recuperare se hanno detto no
Meglio sparire, non telefonare
Per sentirsi dire un’altra volta no
Come se non t’importasse più
Senza farti mai vedere giù
Si può amare da morire
Ma morire d’amore no
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Bellissimo articolo davvero! Il vero amore è l’opposto dell’attaccamento. Il primo dona gioia e libertà sempre. Il secondo fa degenerare quello che viene detto amore in una forma di possessivitá che provoca infelicità e tende ad annullare o ridurre la libertà del partner.
Grazie per il commento Gino! Esatto, l’amore è un’altra cosa e l’ho voluto sottolineare nell’articolo. La fregatura è che l’amore viene confuso con dell’altro, e lo stalking anche involontario è frutto dell’idea che per amore si deve fare di tutto, ma forse è solo infatuazione, temporanea e facilmente superabile, non si muore di infatuazione. L’amore è reciprocità, libertà e rispetto dell’altro. A mio parere, anche l’idea romanticizzata dai film che l’amore è sofferenza, conflitto e dolore, alimenta proprio questa patologia dell’amore possessivo.